Eddi Marcucci: foreign fighter contro l’ISIS e sorvegliata speciale in Italia

Schierata con le fila progressiste dei kurdi nella lotta al Califfato, la giovane combattente torna in Italia in regime di sorveglianza speciale. I professori Fabio Salvatore Cassibba e Marco Deriu provano a spiegare perchè

Profilo Facebook del Prof. Guido Saraceni

Sorveglianza speciale: questa è l’accoglienza con cui Eddi Marcucci, giovane attivista torinese e combattente in Siria tra le fila dei foreign fighters al fianco dei curdi, è stata accolta al suo ritorno in Italia. Tra le misure stabilite sono incluse il ritiro dei documenti, un coprifuoco, divieto di associarsi e di esporsi politicamente. Non ultima la chiusura dei profili social.

Eddi è al centro del discorso sul terrorismo: come altri giovani, è partita tra il 2017 e 2018 per il Rojava, in Siria. La sua missione, inizialmente a scopo sociale, si è declinata nell’ambito militare dopo un periodo trascorso nella società curda. Inizia quindi a combattere il Califfato schierandosi tra le fila dell’YPJ, l’Unità di protezione delle donne curde in Siria.

Foreign Fighters…se ne parla, ma chi sono?

Parlare di foreign fighters implica una premessa più ampia. Si tratta di giovani di qualunque estratto sociale e provenienza geografica che abbandonano la propria vita in Occidente per recarsi in Siria a combattere in difesa dei propri ideali. Bisogna però tenere conto di una differenziazione sostanziale.

Profilo Facebook di Rai Storia

Da un lato ci sono i giovani come Eddi Marcucci, che partono da Paesi europei per contribuire allo sviluppo in senso democratico della società curda. Come riportato da Eddi stessa in un’intervista a Radio Dora: “Quest’ultima si sta aprendo agli ideali di democrazia, ecologia e cambiamento del ruolo sociale della donna, fortemente condivisi noi”. Lo scopo del viaggio è quello di sostegno e solidarietà alla realizzazione di questo progetto. Solo secondariamente si decide, come ha fatto Eddie, di restare per vivere in prima persona il cambiamento della comunità kurda. La causa prende quindi una deriva militare e inizia l’arruolamento, nel caso di  Eddi nell’YPJ. Si tratta di combattere il terrorismo e la società sottomessa che ha plasmato.

 

Dall’altro lato ci sono invece coloro che lasciano l’Occidente perchè persuasi dalla propaganda del Califfato e si pongono al servizio dell’Isis perorandone la causa. Molti di questi giovani hanno origini musulmane, ma è consistente anche il numero di coloro che vengono attratti dalla propaganda online e si convertono alla religione musulmana.

Si tratta in entrambi i casi di giovani che passano da una vita incentrata su una società pacifica e moderna a una nuova esistenza in un contesto bellico. Essi vengono quindi preparati tramite un addestramento militare apposito e istruiti all’uso delle armi. Alcuni di loro tornano successivamente in patria per diverse ragioni, come una riconversione o un ritorno ad un certo tipo di pensiero. Altri, come nel caso di Eddi Marucci, dopo aver dato il loro contributo sul territorio di guerra tornano per sensibilizzare a questa situazione.

Eddi Marcucci: sorveglianza speciale per un pericolo sociale?

Nello specifico caso nazionale di Eddi, si è sviluppato un contrasto che vede la contrapposizione di due fronti. Da un lato le istanze di sostegno a Eddi , secondo le quali la giovane avrebbe ricevuto un trattamento non adeguato alla sua effettiva posizione e che quindi chiede il ripristino totale della sue libertà.

La madre Roberta, attrice e regista romana, parla a Impakter Italia: “Non è reato combattere contro i terroristi dell’Isis. La tesi dell’accusa è che l’addestramento renda pericolosi. Ma un conto è prendere le armi in quel contesto, nel Rojava contro i jihadisti, ben altra cosa significa rappresentare una ipotetica minaccia per l’Italia. Peraltro chiunque abbia fatto il servizio militare ha ricevuto un addestramento alle armi. Infine, la cosa più grave della misura è che non può raccontare la sua esperienza. Un divieto di parlare in pubblico e di fare politica.”

Dall’altro, le istanze della Procura di Torino che mantengono la posizione per la sorveglianza speciale. Si tratta di un dibattito complesso, che necessita di un’analisi dal punto di vista sociale quanto giuridico.

In quanto ex combattente al fronte, Eddi Marcucci è stata ritenuta socialmente pericolosa perché ha combattuto in contesti in cui si rileva terrorismo internazionale. Questo ha indotto la magistratura torinese ad applicare con decreto del tribunale una misura di prevenzione. Come spiega il professor Fabio Salvatore Cassibba, docente di Procedura penale e Procedura penale europea: “Si tratta di una misura di polizia che si basa su un giudizio soggettivo di effettiva pericolosità del soggetto, non su dati di fatto. Sono giudizi puramente ipotetici che rendono il diritto di prevenzione illegittimo a livello costituzionale da molti punti di vista.”

Profilo Facebook di Amici arci camalli

Ci può essere un sospetto verso persone che sono arruolate in organizzazioni terroristiche e che hanno compiuto atti terroristici nel loro Paese e all’estero e quindi in questo caso le misure cautelari sono giustificate e comprensibili ma, come spiega il professor Marco Deriu, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi: “E’ necessario tenere divise la posizioni di foreign fighters che militano con l’Isis e coloro che combattono contro il terrorismo. Questi ultimi aderiscono a un’ideologia di democrazia, confederalismo democratico, femminismo, sinistra autonomista.”

Riguardo al diritto di prevenzione applicato al caso Marcucci, le cui radici affondano nei primi anni del Novecento, il professor Cassibba approfondisce: “Esso è contenuto nel decreto legislativo n. 159 del 2011. Il diritto di prevenzione regolamenta sia i presupposti di pericolosità sociale del soggetto, sia le tipologie di misure, tra cui la sorveglianza speciale.” La sorveglianza speciale è un punto chiave della situazione: si tratta infatti di una misura di prevenzione personale che comporta una serie di limitazione dei diritti fondamentali. “Non è un limite alla libertà personale citata nell’art 13 della Costituzione, come potrebbe invece essere il carcere o l’arresto ai domiciliari. Tuttavia è una misura che limita fortemente altri diritti fondamentali della persona come quello di movimento, di aggregazione o di espressione politica”.

Queste misure vengono applicate su base di sospetti. ”C’è un giudizio a priori sulla pericolosità di Eddi: la logica delle misure per lei adottate potrebbe essere legata al fatto che i pochi volontari italiani che si sono uniti ai curdi in generale lo fanno per motivazioni ideologiche forti legate alla sinistra radicale, marxismo, e in questo c’è una lettura poco raffinata dello sfondo politico e sociale della società curda. La ratio potrebbe essere quella di assimilare persone come Eddi a militanti della sinistra radicale più che altre cose.” aggiunge il professor Deriu.

Il caso Marcucci si avvia ad una conclusione…forse

Da qui potrebbe nascere la paura che spinge a sottoporre la giovane a certe restrizioni, ma resta il fatto che si tratta sempre di ipotesi. ” Non a caso – precisa Cassibba –  da molti anni la giurisprudenza sta cercando di riportare a canoni costituzionali la normativa, ma si tratta di una normativa che ha per caratteristica genetica il fatto di essere illiberale, proprio perché non basata su dati di fatto.”

L’accusa a Eddi Marcucci di pericolosità sociale non può essere sostenuta dalla presenza di traumi causati dal contesto bellico, come invece accade in altri casi. L’esperienza della guerra ha sempre dimostrato di causare danni anche a livello individuale, con la necessità di istituire percorsi di riadattamento alla vita nella società pacifica, presso strutture adeguate. “Il tema del trauma va indagato caso per caso e c’è differenza tra civili che si sono trovati a vivere loro malgrado in un contesto di guerra, e persone che lo hanno scelto dentro una prospettiva di solidarietà” precisa il professor Deriu.

Ma nel caso di Eddi, non si può parlare di riadattamento in società. Individui come lei sono sotto sorveglianza speciale secondo la normativa di prevenzione che, a differenza della pena, non è volta a rieducare il soggetto, ma a proteggere la collettività.

Profilo Facebook di Paolo Pepe

Il caso Eddi Marcucci è ancora aperto. Il professor Cassibba ipotizza i passaggi futuri del processo: ”Allo scadere del tempo stabilito dai giudici della sorveglianza speciale, è possibile che sia rivalutata la misura perché le situazioni cambiano: si può rivalutare la sua pericolosità in meglio o in peggio se cambia il giudizio di pericolosità sociale.” Finita la misura in corso può accadere che venga richiesta un’ulteriore misura di prevenzione, su cui i giudici si esprimeranno basandosi sui nuovi materiali addotti dal Pubblico Ministero. Come si legge in un articolo de Il Fatto Quotidiano, entro Natale la corte d’appello prenderà una decisione circa l’istanza di ricorso presentata da Eddi Marcucci contro le misure di sorveglianza speciale.

Dunque, il caso di Eddi Marcucci presenta una tematica che interessa l’attualità a livello nazionale e internazionale. L’Italia è molto coinvolta nelle questioni di supporto militare estero, come ricorda il professor Deriu: ”Sarebbe utile forse maggiore dibattito su ciò che accade intorno a noi anche per avere posizioni più realistiche rispetto alla violenza che avviene e per capire quali sono le posizioni politiche e diplomatiche da assumere a livello internazionale.”

Resta comunque il fatto che il caso della giovane foreign fighter entra in contatto con le radici della storia giuridica italiana, in un braccio di ferro tra passato e presente.

 

di Camilla Ardissone

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*