Studiare in Dad: tra difficoltà e sfide per il futuro

Interviste a studenti e professori costretti a svolgere la didattica a distanza durante il Covid-19

Novembre 2020, Torino. Una piazza, centinaia di ragazzi al freddo, telefono a portata di mano e auricolari per seguire le lezioni online. Questo lo scenario del movimento School for Future, che vede protagonisti giovani studenti che protestano contro la Didattica A Distanza, più conosciuta come Dad, il provvedimento adottato per le scuole per cercare di contrastare l’emergenza sanitaria in corso.

School for Future nasce per spiegare quanto sia necessario che il momento dell’apprendimento avvenga in un luogo ben preciso: la scuola. Parmateneo ha intervistato sia studenti che professori, cercando di capire come il mondo della scuola sta vivendo questo approccio allo studio davvero insolito e, per alcuni, molto difficoltoso.

Uno sguardo generale alla situazione dagli occhi di una prof

G., docente di tedesco al liceo linguistico, ritiene che le lezioni a distanza non possano in nessun
modo sostituire la vita della scuola.

Le abbiamo chiesto se le manca il contatto con gli studenti. Molto – risponde – Non in termini di empatia, perché un buon rapporto non dipende dalla presenza o dalla distanza, e la DAD non impedisce di ritagliare momenti di confronto e di dialogo qualora necessari. Ciò che manca è il tessuto relazionale vivo, l’interazione di parole, gesti e sguardi attraverso i quali il contenuto di una lezione passa in modo insostituibile. A livello più generale vengono a mancare per gli alunni importanti momenti di socialità, a partire dalle conversazioni quotidiane fino alle assemblee, ai progetti e alle feste di istituto. Un problema particolarmente delicato è quello degli studenti che necessitano del sostegno o che hanno disturbi dell’apprendimento, e che avrebbero bisogno di essere affiancati in presenza”.

Quanto all’aspetto didattico-metodologico, la docente considera la lezione a distanza meno diretta e più difficile da gestire. “Per fare un esempio concreto, la presentazione di un contenuto sullo schermo del PC non permette all’insegnante di vedere contemporaneamente davanti a sé tutta la classe. Il contatto degli sguardi è imprescindibile per cogliere ogni reazione, accorgersi di un disagio, monitorare l’attenzione, la comprensione, la stanchezza. Anche l’interazione attraverso i microfoni è meno immediata. Si riduce necessariamente il feedback delle voci. Nonostante ciò i docenti si impegnano a garantire agli alunni un apprendimento il più possibile completo. A quasi un anno dall’inizio della pandemia è sicuramente migliorata la gestione tecnica della DAD, il che permette lezioni più efficaci rispetto all’inizio.”

Permangono tuttavia criticità in merito al supporto tecnologico: “Non tutti gli studenti dispongono di strumenti per affrontare le lezioni a distanza, a causa di una connessione internet poco stabile o, in casi rari, per mancanza di dispositivi – continua l’insegnante – In quest’ultimo caso l’Istituto ha fornito su richiesta un pc in comodato d’uso. In questo modo, la quasi totalità degli alunni riesce a seguire le lezioni senza impedimenti particolari.”

Il movimento School for future unisce studenti e professori che hanno mostrato la loro solidarietà ai
ragazzi. La docente concorda con Antonello Giannelli, presidente dell’ANP (Associazione Nazionale Dirigenti) che in una intervista a Adkronos ha dichiarato: “Meglio una DAD fatta bene che una didattica in presenza per finta. Le posizioni massimaliste, ideologiche e preconcette non sono molto utili. Non dobbiamo fare i tifosi della scuola aperta comunque e quelli della scuola chiusa comunque. Sia chiaro, io sono per tornare in presenza. Ma credo che come tempo minimo per riorganizzare i trasporti occorra un mese/un mese e mezzo”.

“Sono comprensibili i momenti di autentica esasperazione che i ragazzi provano – aggiunge l’insegnante G. – ma al contempo è necessaria la prudenza, in una fase della pandemia che si sta rivelando particolarmente critica”.

Ma la DAD ha portato anche qualche vantaggio? “Sì, la situazione emergenziale ha costretto alunni e insegnanti a guardare in un’altra prospettiva e a cercare strategie e soluzioni alternative. A livello generale ha favorito un rinnovamento tecnologico negli istituti e, tra i docenti, la familiarizzazione con strumenti finora mai utilizzati. Le potenzialità che abbiamo scoperto in questi strumenti si riveleranno utili anche con il ritorno alla normalità”, conclude la professoressa.

 

Problemi di concentrazione e preoccupazioni per la carriera scolastica

Sara e Matteo sono due giovani studenti, hanno 17 anni e frequentano il quarto anno al liceo scientifico Gioia di Piacenza.

“Preferisco le lezioni fisiche a scuola: c’è più interazione con i professori e con i compagni. Si può chiacchierare e ci si può svagare durante il cambio dell’ora o nelle ore buche. A casa ovviamente il contatto umano si perde”, esordisce Sara. Nonostante questo, la giovane studentessa afferma di trovarsi bene in Dad perché ha più tempo per studiare e per organizzarsi. “La parte più difficile è quella di imparare a concentrarsi”, ammette però la ragazza.

Anche Matteo preferisce andare a scuola rispetto alla Dad. L’aspetto che gli manca di più è l’interazione con i compagni di classe. “Stare attaccato al computer per più di cinque ore, dalle 8 alle 13.30, è molto pesante. Un giorno a settimana abbiamo anche il rientro: a quel punto si arriva a ben sette ore collegati al pc. Non riesco a concentrarmi, molte volte mi allontano dallo schermo durante le lezioni e faccio altro. Sicuramente comprometterà moltissimo la mia preparazione: non riuscendo a seguire la lezione, devo studiare più in autonomia”, rivela il ragazzo.

Nonostante il movimento School for Future non abbia organizzato flash mob a Piacenza, Matteo e Sara pensano sia un bellissimo progetto. “Ne avevo sentito parlare al Tg5, è un modo diverso per protestare, alla fine per noi studenti la Dad è un grande disagio”, racconta Sara. “Non credo, però, che questi ragazzi verranno ascoltati. Torneremo a scuola, se tutto andrà bene, a gennaio. Dobbiamo resistere”, conclude Matteo.

Mancano la quotidianità e la spensieratezza

Gloria ha 17 anni ed è studentessa del quarto anno presso il liceo scientifico Respighi di Piacenza. La ragazza racconta di come la difficoltà maggiore, per quanto riguarda la parte didattica, sia quella di organizzare lo studio delle tante materie. È quindi davvero stressante affrontare questo momento, ma di certo il problema si ingigantisce quando ad affrontarlo sono gli adolescenti, a cui viene privata la possibilità di costruire o rafforzare rapporti affettivi ed amicizie. “Mi manca stare al bar della scuola prima dell’inizio delle lezioni, il mangiare tutti insieme nella pausa pranzo e il passare gli intervalli insieme – e conclude, con una punta di amarezza- le pause fatte da sola a casa non sono la stessa cosa”.

Anche Valentina ha 17 anni e frequenta l’indirizzo scientifico presso il Liceo Melchiorre Gioia di Piacenza. La giovane studentessa ripensa a quella che era la normalità prima delle restrizioni. Anche lei è preoccupata per il tempo che si sta togliendo, inevitabilmente, ai rapporti affettivi: “Mi manca tutto il contesto della vita scolastica nel suo insieme: dal prendere il pullman al passare tutta la mattinata con i miei amici… ma anche vedere i professori e poter seguire le lezioni di persona e in modo più interattivo”.

Relazione complicata con la tecnologia

Francesca, Costanza, Matilde, Sofia e Sara sono invece cinque ragazze tra i 17 e 19 anni, vivono e studiano in un piccolo paesino in provincia di Massa-Carrara.

Sofia ha riscontrato maggiori difficoltà nello svolgere e consegnare i compiti scritti. Per Matilde, invece, i disagi con la tecnologia sono stati un grande ostacolo, “la connessione a volte non va e il computer spesso si impalla. La paura che una scarsa connessione possa compromettere il regolare svolgimento della lezione e la esposizione davanti allo schermo hanno scaturito uno stress a livello fisico e mentale”.

Francesca invece pensa non ci siano grosse differenze tra studiare in Dad e a scuola. “La quantità di studio è la stessa, durante la Dad riesco a studiare di più, in quanto sono tutto il giorno a casa e ho più tempo da dedicare allo studio e ai compiti”.

Sottovalutare la salute mentale dei ragazzi

Samanta ha 18 anni ed è una studentessa di un liceo linguistico di Modena. Per lei la scuola “non è fatta solo da nozioni date e ricevute, ma è fatta anche di esperienza, che, se privata, può causare diversi effetti negativi”.

“La Dad inizialmente è stata presa da tutti come un gioco, un’esperienza nuova che, si pensava, sarebbe durata poco. Ci si focalizzava solo sugli aspetti positivi di essa: la comodità di casa propria, la possibilità di dormire un pochino di più e, ma non diciamolo ai professori, la possibilità di seguire le lezioni a letto!”.

Paradossalmente, però, la Dad è più stancante. “La mattina seguo le lezioni e poi il pomeriggio preparo un piano per organizzare lo studio. Cerco di non rimanere indietro, di studiare di volta in volta come consigliato, ma il materiale dato è troppo, in quanto ogni professore pensa che essendo a casa H24 non abbiamo altro da fare se non studiare”. Infatti, una delle difficoltà maggiori, oltre all’organizzazione generale del carico di studio, è stata sicuramente trovare un equilibrio tra scuola e vita privata, in quanto “non è facile trovare del tempo per riposare quando hai così tanti compiti da fare, e così tante verifiche per cui prepararti, che passi 5 ore la mattina a lezione, e tutto il resto della giornata a studiare”.

Durante la Dad non va sottovalutato l’impatto sulla salute mentale degli studenti, in quanto non tutti sono fortunati abbastanza da avere un clima tranquillo a casa, e quindi è essenziale ricordare l’importanza che hanno empatia e comprensione.

La situazione è piena di difficoltà. I ragazzi sono stanchi. Il carico di lavoro è spesso eccessivo. Il contatto umano manca. Occorre un piccolo grande sforzo, da parte di tutti: professori e studenti devono aiutarsi a vicenda, per cercare di rendere la Dad il meno pesante possibile. Servono costanza, collaborazione e rispetto reciproco: ma un giorno, si spera, tutto questo sarà solo un lontano ricordo.

di Giorgia Cocci, Camilla Bosi, Arianna Maffina, Samrawit Gebre Egziabher, Xhesara Hasrami e Anna Barbieri

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