Il Giusto Mezzo: le donne vogliono la metà della mela

Il movimento promuove una campagna per il sostegno al mondo femminile. Le parole a una delle fondatrici, Azzurra Rinaldi: economista e docente universitaria

Se sei donna e nasci in Italia non avrai vita facile, o almeno non facile come credi. Il tuo titolo di studio comparato con quello di un uomo non assumerà lo stesso valore, il tuo stipendio sarà inferiore, spesso ti faranno scegliere se essere madre o lavoratrice. Dovrai faticare molto di più per raggiungere obiettivi che l’altro sesso acquisirà con meno sforzo.

Sulla base di questo divario di genere nasce la proposta di “Il Giusto Mezzo”. Quattordici donne con competenze diversificate ed attive nel mondo del lavoro in svariati settori si sono unite formando questo gruppo per dare una svolta al presente, lottando per il futuro. Sono persone diverse, ma con la stessa consapevolezza: la necessità di valorizzare il lavoro delle donne, permettendo a tutte di essere retribuite con un compenso equo.

Il Governo Islandese, con una legge del 2018, ha reso illegale il divario salariale e di genere, ma in Italia siamo lontani dal raggiungere questo obiettivo. Nella classifica mondiale dei migliori paesi in cui nascere donna, infatti, l’Italia si trova al 76esimo posto su 150.

Il sistema è carente: le donne si diplomano e si laureano di più, ma lavorano di meno e segnalano l’assenza, in molte parti del territorio nazionale, di supporto alla cura e all’infanzia.

I dati ISTAT del 2018 sono allarmanti: “Nel Mezzogiorno solo il 32,2% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavora (59,7% nel Nord), un valore inferiore alla media nazionale delle donne nel 1977 (33,5%)”.

Dal profilo Instagram di Il Giusto Mezzo

Il grido delle donne italiane

Il Giusto Mezzo nasce sulla scia di “Half of it”, progetto promosso dall’europarlamentare tedesca Alexandra Geese, la quale ha intuito che, per come era stato strutturato il Next Generation Eu, avrebbe colpito le donne anziché migliorarne la situazione. C’era bisogno di verificare questa ipotesi, quindi ha commissionato all’economista Azzurra Rinaldi ed alla collega Elisabeth Klatzer una valutazione di impatto di genere sui fondi di Next Generation Eu. I dati hanno confermato la teoria: i fondi sarebbero andati a peggiorare ulteriormente la situazione di disuguaglianza. Alexandra Geese ha presentato il 18 giugno questo studio in Commissione Europea, la quale ha riconosciuto la situazione, ma ha rimbalzato il compito ai governi nazionali, in particolare a quelli che partivano da una situazione di grave situazione di squilibrio, come l’Italia.

Qui entra in gioco il lavoro di Il Giusto Mezzo. “Ricordare al Governo che le donne ci sono, che rappresentano la metà della forza lavoro e che se non lavorano significa avere il 50% del PIL in meno” afferma Azzurra Rinaldi, tra le fondatrici del movimento.

Non è “donne contro uomini”, ma un equilibrio tra questi: le donne rappresentano più della metà della popolazione italiana, hanno quindi il diritto di avere la metà della mela.

In particolare le richieste vertono sull’allargamento dell’offerta riguardante la cura dei bambini e della prima infanzia, il rilancio dell’occupazione femminile e la diminuzione del gender pay gap. Questi tre ambiti non possono essere affrontati come separati, ma devono essere esaminati insieme. Non servono bonus e finanziamenti sporadici, ma interventi strutturali e radicali. Proprio per tale motivo richiedono che la metà del Recovery Fund sia destinata alle donne.

Uguaglianza, parità, diritti. Per loro, per le donne del presente, per quelle del futuro.

Investiamo sulle donne, ci guadagniamo tutti

Come riporta il movimento, il gender gap in Italia raggiunge il 20,7% nel settore privato, la disuguaglianza salariale vale mezzo punto di PIL l’anno, questo non va a scapito solo delle donne, ma rappresenta un costo per tutti. Con la parità salariale, infatti secondo il Fondo Monetario internazionale, il PIL globale entro il 2025 crescerebbe del 35%.

Supportare l’occupazione a tutti i livelli è uno step essenziale per fare in modo che la donna abbia uno sviluppo autonomo e un’indipendenza. L’investimento avrà ripercussioni su tutto il Paese perché l’aumento del lavoro femminile è direttamente proporzionale all’aumento della ricchezza dello Stato. Proprio con tali motivazioni il gruppo ha fatto sentire la sua voce lanciando una petizione, che ad oggi ha raccolto quasi 47mila firme e ha portato manifestanti a scendere in piazza il 13 ottobre, davanti al Pantheon, in occasione della discussione tra Camera e Senato sulle modalità di utilizzo del Recovery Fund.

É arrivato il momento di aprire gli occhi

L’Italia si basa su un modello di “Welfare Mediterraneo”, in cui la donna, restando a casa, è funzionale al sistema economico. Infatti fin da piccola viene educata a prendersi cura della casa e di chi ne ha bisogno (figli, genitori, anziani), un dovere che pare ormai intrinseco e a cui è difficile venire meno.

“C’è una visione miope, qualcuno dovrà preoccuparsi del Welfare se le donne non vogliono farsene carico perché preferiscono lavorare, devono però avere un’alternativa. Questa è la richiesta di Il Giusto Mezzo” ci informa Azzurra Rinaldi. “Con il Covid-19 le famiglie hanno scelto di lasciare a casa le mamme, le donne della famiglia. Avevamo un tasso di occupazione femminile che già era ridicolo (poco superiore al 50%), ed è sceso al 48%, questo solo in 4 mesi. Nel nostro Paese i piccoli risultati che otteniamo e che magari penseremmo consolidati, non lo sono. Basta un qualunque evento e noi donne torniamo indietro. Agire adesso è importante perché questo è l’ultimo mese, pare infatti che dalla commissione europea sia arrivato all’Italia un sollecito a fare questo piano non più entro febbraio, ma in anticipo. Ciò significa che per ricordare a chi deve elaborare queste politiche che ci sono anche le donne, abbiamo soltanto un mese. L’attività di Il Giusto Mezzo quindi è ora, purtroppo, quanto mai necessaria”.

Ma come ha reagito l’Italia a questa iniziativa? Azzurra Rinaldi si dice soddisfatta in parte. “Il Giusto Mezzo ha raggiunto la popolazione. Questo grazie anche alle iniziative di informazione e formazione promosse, come ad esempio ‘Giusto Mezz’ora’, in cui sono intervistati personaggi pubblici, politici, delle istituzioni, per ragionare insieme e diffondere questo tema a quante più persone possibili. Anche molte influencer, come Veronica Benini alias Spora e Cristina Fogazzi alias L’estetista cinica, hanno dato il loro contributo”.

L’atteggiamento è meno ottimista riguardo alla legge di bilancio e diventa decisamente pessimista leggendo la bozza del piano di distribuzione nazionale dei fondi: “Quella non è la direzione verso cui dobbiamo andare, mi stupisco del fatto che nonostante tutto quello che stiamo facendo, non solo noi ma anche altre associazioni, questo concetto non sia ancora arrivato. I quattro miliardi previsti basterebbero solo per far funzionare gli asili che ci sono adesso per un anno. E tutto il resto dove lo mettiamo?”.

È una situazione nuova, mai prima d’ora c’era stata la possibilità di usufruire di una quantità così ingente di denaro, sono quindi comprensibili le spaccature degli ultimi giorni all’interno del Governo. È questo, però, il momento giusto per guardare la realtà in faccia, con la consapevolezza che l’Italia manca quasi totalmente dei congedi parentali, che gli asili nido pubblici e gratuiti sono pressoché inesistenti, che sono le donne a farsi carico della casa, dei figli, dei genitori anziani.

Non basta dire “ripartiamo dalle donne”, bisogna anche agire, e subito.

di Micol Maccario

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*