Ricordando Sibilla Aleramo e i suoi scritti femministi ancora tragicamente attuali

Riflessione su "Una Donna", pietra miliare del movimento femminista italiano

 

Il 13 gennaio del 1960, sessantuno anni fa, ci lasciava Sibilla Aleramo, una delle scrittrici italiane più importanti del secolo scorso, nonché una delle prime donne ad aderire al movimento femminista italiano. Il vero nome della scrittrice in realtà era Marta Felicina Faccio, ma è con il suo pseudonimo, o per meglio dire nome d’arte, che viene ricordata.

La sua biografia influisce notevolmente sullo sviluppo del suo pensiero femminista. Quando aveva solamente 13 anni la madre tenta il suicidio e viene ricoverata nel manicomio di Macerata, lasciando quindi alla bambina il compito di “donna della casa”, essendo lei la più grande di quattro fratelli. Quando ha solo 15 anni, inoltre, è vittima di violenza da parte di un impiegato della fabbrica in cui lavorava il padre. Come spesso accadeva all’epoca, la famiglia optò per il matrimonio riparatore in modo da non destare scandalo nella comunità. Per una donna della sua intelligenza, però, convivere con un uomo come Ulderico Pierangeli, questo il nome del marito, si rivelò un’impresa impossibile. Egli credette e sperò di trovare la serenità con la nascita del figlio Walter, ma mai si adattò al ruolo tradizionale della donna per l’epoca, quello di “angelo del focolare”. Sibilla è vittima, direttamente e indirettamente, dell’oppressione del sistema patriarcale, del quale si sente prigioniera.

L’impegno letterario e sociale, però, riesce a risollevarla. Oltre a collaborare con riviste come “Vita Moderna”, “Gazzetta letteraria”, “Italia Femminile”, il suo impegno femminista si tradusse anche nel tentativo di costituire sezioni del movimento delle donne e nella partecipazione a manifestazioni per il diritto di voto e per la lotta contro la prostituzione.

Il 1906 è l’anno della svolta personale, in cui si rende conto di aver bisogno di una “rivoluzione” personale: decide di liberarsi del ruolo a lei assegnato dalla società, del matrimonio, del ruolo di madre e di trasferirsi a Roma. Per fare questo, la Aleramo ha bisogno di abbandonare, oltre che il marito, anche il figlio e la condizione materna per ritrovare il rispetto verso se stessa. Nonostante il dolore causato da questa scelta , il suo è un atto di ribellione verso il sistema patriarcale, un’azione necessaria.

Sibilla Aleramo, Una Donna, Femminismo

“Una Donna” viene pubblicato nel 1906 e rappresenta un testo fondamentale per il movimento femminista italiano

Il trasferimento a Roma rappresenta un passaggio chiave nella sua esistenza, poiché la scrittrice trova una città in cui il dibattito sull’emancipazione femminile è già argomento politico. Aderendo con tutte le sue energie all’emergente movimento femminista italiano, pubblicò il libro “Una Donna”, composto tra il 1901 e il 1904, che resterà una pietra miliare per tale movimento, essendo infatti considerato il primo vero romanzo femminista. La sua produzione letteraria, inoltre, non può prescindere dalla sua biografia ed è per questo che in questo libro si possono scorgere parti del suo vissuto: dal rapporto col padre, la violenza, fino ad arrivare al tema della maternità. L’importanza dell’opera è da ricercare nella novità: nessuno aveva scritto di protagoniste donne in quel modo.

“Femminismo! Organizzazione di operaie, legislazione sul lavoro, emancipazione legale, divorzio, voto amministrativo e politico… Tutto questo, sì, è un compito immenso, eppure non è che la superficie: bisogna riformare la coscienza dell’uomo, creare quella della donna!”

Oltre ad essere un pensiero avanguardista per il tempo, la sua è anche un’analisi lucida, quasi fatta in terza persona, della condizione della donna a tutto tondo. Logicamente, ed è persino una banalità dirlo, la società – e con essa il movimento femminista – è cambiata radicalmente nel secolo scorso, ma la lettura di questo libro resta un’esperienza quasi “fastidiosa”, quel tipo di fastidio che solo ingiustizia e verità sanno creare. L’autrice, infatti, ha il merito di riuscire a mettere in luce le ipocrisie della società, che sembra non accorgersi delle disparità insite in essa.

Forse anche sotto le influenze del fascismo a cui aderì con grande energia, negli anni successivi si distaccò dal movimento femminista, arrivando a definirlo “Una breve avventura, eroica all’inizio, grottesca sul finire, un’avventura da adolescenti, inevitabile ed ormai superata”, ma il suo contributo non va per questo rinnegato o, peggio ancora fatto cadere nell’oblio. La Aleramo riesce, con grande forza, a trasmettere una visione della società dal punto di vista della donna e rimane, ancora oggi, un’autrice che merita di essere letta. Non è infatti difficile trovare nella società odierna quei giudizi e stereotipi che la Aleramo già condannava nel suo libro, pubblicato nel 1906. La maniera di descriverli, infatti, resta tragicamente attuale.

di Gabriele Diodati 

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