Il ‘Fuoco Nero’ di Burri riaccende scultori, pittori e fotografi

IN MOSTRA 172 OPERE CONTEMPORANEE ISPIRATE ALL'ARTISTA: "PIU' CHE UN OMAGGIO"

La speri2 mod.mentazione estetica dell’arte contemporanea in tutte le sue declinazioni, dalla ribellione de ‘Le Signorine D’Avignone’ continua fino ai giorni nostri, passando attraverso l’esperienza di un artista del calibro di Alberto Burri. Il disegno e la forma si concretizzano e diventano materia e struttura. Una sintesi di questa parabola estetica è quella esposta nel Salone delle Scuderie del Palazzo della Pilotta a Parma che dallo scorso dicembre ospita la mostra temporanea ‘Fuoco Nero: materia e struttura attorno e dopo Burri’.
L’esposizione, curata da Arturo Carlo Quintavalle, parte in realtà da un regalo: il grande ‘Cellotex‘ nero di Alberto Burri ricevuto in dono nel 1975 e conservato negli archivi dello Csac (Centro Studi e Archivio della Comunicazione) dell’Università di Parma.
Il focus della mostra è nato proponendo una riflessione attorno alla ricerca dell’informale e dell’astrazione nelle opere del grande creatore scomparso, di cui proprio nel 2015 si celebrerà il centenario della nascita (1915-1995). All’invito hanno risposto in tanti: 62 artisti (di cui 24 quelli in esposizione, tra scultori e pittori) e 7 fotografi, giovani e meno giovani, italiani e stranieri, che hanno illustrato e raccontato il loro punto di vista riguardo al problema critico (sollevato intorno agli anni ’50) nei confronti dell’artista di Città di Castello. L’esposizione proporrà oltre settanta dipinti, numerose fotografie e un gruppo di opere grafiche per un totale di 172 pezzi tutti riprodotti in un ampio catalogo edito da Skira.

‘FUOCO NERO’: UN INTRECCIO TRA MATERIA E STRUTTURA – Il titolo scelto per la mostra nasce dal rapporto tra il materiale utilizzato, cioé il fuoco (la materia), e il colore nero del grande ‘Cellotex’ (la struttura) bruciato da Burri nel 1975. Quest’opera, l’unica in cui è esplicitamente segnata la sezione aurea (un quadrato più un semicerchio), è la chiave di volta per spiegare il passaggio dall’informale all’astrazione, dalla materia alla struttura appunto. Prendendo spunto dall’opera di Burri si sono quindi individuati due percorsi in qualche modo sempre collegati e comunicanti: quello della ricerca sulla materia e quello dell’articolazione della struttura. Nel titolo della mostra, infatti, la parola ‘materia’ è stata utilizzata al posto di ‘informale’ e ‘struttura’ al posto di ‘astrazione’ perché entrambi i termini sostituiti si riferivano a due movimenti. “C’era qualcosa che ci impediva di chiudere con queste due parole – spiega il curatore Quintavalle – perché ‘materia’ è un termine più ampio, più largo e più comprensivo: la materia non finisce con l’informale ma la scrittura dell’informale continua ancora adesso”. Gli artisti che hanno contribuito alla realizzazione della mostra, infatti, hanno fatto inconsciamente o consapevolmente lo stesso ragionamento: chi dice Burri dice ‘informale’, però c’è anche chi grazie a Burri ha scoperto la struttura e la geometria. E proprio nel ‘Cellotex’ di Burri le due ricerche si collegano, come del resto in Lucio Fontana e in molti altri attorno e dopo di lui perché “come l’informale non è l’arte della crisi esistenziale, così l’astrazione non segna il riscatto dell’arte”.

11 mod.RACCONTARE BURRI IN PROSPETTIVA, TRA ROTTURA E SPERIMENTAZIONE – Dopo l’inaugurazione pubblica della mostra, avvenuta con grande successo il 20 dicembre scorso presso il salone Bodoni della Camera di Commercio di Parma, l’esposizione sarà visitabile fino al 29 marzo 2015. A fare gli onori di casa durante la presentazione ufficiale, il direttore dello Csac Luigi Allegri, il professore Quintavalle (curatore della mostra e del catalogo) e il rettore dell’Ateneo parmigiano Loris Borghi. Nei loro interventi, oltre ai dovuti ringraziamenti agli artisti e alle maestranze, sono stati illustrati gli sforzi compiuti per l’allestimento. In particolare il professor Luigi Allegri, esprimendosi nel lessico teatrale, ha definito l’esposizione un “grosso sforzo di produzione, con un cast di prim’ordine”. Il rettore Borghi si è soffermato, invece, sull’importanza storica e civile dello Csac, definendolo “struttura fondamentale dell’Ateneo di Parma” e sottolineando come la mostra ‘Fuoco Nero’ contribuirà sicuramente a centralizzare una struttura che, nonostante il suo “tesoro”, è stata per troppo tempo alla periferia della cittadinanza. In conclusione al suo intervento, non ha mancato di ringraziare il vero cuore pulsante di questa iniziativa culturale: il professore Quintavalle. Proprio quest’ultimo, raccontando la genesi del progetto avviato e portato avanti insieme a sua moglie Gloria Bianchino (ex direttrice dello Csac per circa 25 anni), ha ricordato il lungo dialogo durato più di tre anni che ha visto la richiesta di una lettura prospettica sull’opera di Burri agli artisti interpellati per esporre. “E’ stato un ‘test sovrappositivo’ degli artisti, – racconta Quintavalle – che si sono domandati cos’è vivo e cos’è morto di Alberto Burri nella pittura di oggi”. Il problema era come Burri veniva visto, non solo dagli storici dell’arte ma anche dagli artisti. “Abbiamo pensato di dare alla gente qualcosa di più di un omaggio a Burri – conclude Quintavalle -. Dovevamo cercare di fare un discorso agli storici”. Obiettivo della mostra è infatti non solo quello di far conoscere al pubblico alcune opere significative e rarissime (raccolte e conservate negli ultimi 50 anni negli archivi dello Csac), ma di far sfumare le critiche e le distinzioni in gruppi spesso messe in atto dagli storici.

4 mod.

UN PERCORSO GUIDATO ATTRAVERSO LE SALE: LE OPERE CHIAVE –  Il percorso critico e artistico della mostra, illustrato da Quintavalle, si snoda in un cammino che parte dalla prima sala con le origini informali di Burri e che, attraverso gli omaggi all’artista stesso, l’attenzione ai due centri di ricerca principali (Milano e Roma) e la divisione dell’informale per regioni (come nella tradizione critica), giunge alla rottura col passato attraverso opere definite più geometriche e strutturate nonché astratte. Due opere di Toti Scajola possono chiarire la scelta espositiva delle sale: l’ ‘impronta’ di ‘Marzo + Marzo’ nella prima sala, dal carattere gestuale e materico, si contrappone alla visione strutturata del quadro nell’ultima sala, dipinto circa vent’anni dopo dallo stesso artista. La prima sala costituisce il perno centrale di tutto l’allestimento: qui si trova il grande ‘Cellotex’ nero di Burri e di fronte, in contrapposizione a quest’ultimo, c’è una grande opera di Emilio Isgrò, intitolata ‘Burri non mangia fragole’ che si propone non solo come una specie di contrappunto, di citazione e negazione artistica del ‘Cellotex’, ma anche come critica politica nei confronti del ‘pittore nero’. In fondo alla sala, infine, l’attenzione viene subito rivolta verso la scultura simbolica di Mimmo Paladino: una forma metallica bruciata e deformata (con un solo braccio, una sola gamba e la testa sotto il legno di un tavolo capovolto) rappresenta l’alienazione dello spazio, l’assenza, il vuoto.

10 mod.FOCUS SULLE OPERE FOTOGRAFICHE: GIANNI PEZZANI – I contributi fotografici, risolvendo il problema del rapporto con Burri attraverso delle vere e proprie ricerche concettuali, sono stati volutamente sparsi all’interno della mostra, acquistando una rilevanza importante. Tra le tante fotografie in esposizione, come la nota sequenza di Aurelio Amendola che ritrae Alberto Burri mentre crea con il fuoco una sua ‘Plastica’ o il gruppo di ‘Pirogrammi’ realizzati da Nino Migliori negli anni ’50, su una parete è possibile ammirare le fotografie di Gianni Pezzani. La prima serie di foto s’intitola ‘Light Scarabocchio’, la seconda ‘H2O’. Come spiega il fotografo stesso, la prima è frutto dei risultati dell’effetto della luce, realizzati su un muro (una parete del suo studio) e su una superficie di carta; la seconda, invece, è stata realizzata fotografando il vapore acqueo. Per ottenere quest’ultimo effetto, Pezzani ha “lasciato per circa un mese il coperchio di metallo smaltato su una pentola contenente acqua riscaldata”, per poi ottenere il risultato finale modificando la saturazione dei colori. “Quando Carlo ha visto la versione in bianco e nero l’ha voluta per la mostra – racconta Pezzani – perché il mio collegamento con Burri sta proprio nell’andare oltre l’informale”. Pezzani, infatti, è il fotografo dell’astrazione: sperimentando con la texture, inventa delle geometrie che riescono ad evocare le strutture alla base dell’invenzione di Burri.

L’esposizione raccoglie quindi generi artistici differenti che si scontrano e si incontrano trovando un punto di contatto nelle opere di Burri.
La mostra verrà probabilmente prolungata oltre marzo”, rivela Allegri ricordando l’appuntamento con l’apertura pubblica a maggio dell’Abbazia di Paradigna (sede dello Csac). L’obiettivo è  quello di “orientare i flussi turistici dell’Expo di Milano, perché oltre al pregevole aspetto architettonico della struttura è il suo contenuto di opere d’arte che vogliamo far conoscere”. Un patrimonio che nel corso di cinquant’anni d’attività lo Csac ha costruito raccogliendo opere rare e significative da proporre al pubblico e che con la città di Parma potrà vantare all’interno di un grande polo di collezioni dal carattere interdisciplinare.

 

 

di Laura Misuraca, Michele Panariello, Danio Rossi

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