Sempre più arbitri donna, sta cambiando qualcosa?

Stéphanie Frappart e Sarah Thomas, entrate nella storia, stanno abbattendo sempre più barriere di genere

Il 2 dicembre 2020 è stata giocata la partita di calcio Juventus-Dinamo Kiev, partita di grande rilievo per l’importanza delle squadre ma non solo, perché per la prima volta è stato possibile veder arbitrare una partita di Champions League da un arbitro donna, Stéphanie Frappart.

Lei stessa sostiene di aver avuto la vocazione per arbitrare sin dai primi anni dell’adolescenza nei campetti da calcio della Val D’Oise in Francia, dove è cresciuta, e come darle torto dopo il traguardo che ha raggiunto ora, all’età di 37 anni. Stéphanie non è stata però la prima arbitra in assoluto, a precederla ci sono state Nicole Petignat, di origine svizzera e prima arbitra di un turno preliminare UEFA nel 2003 e la tedesca Bibiana Steinhaus, nel campionato nazionale della Bundesliga nel 2017. Vediamo quindi come per la prima volta, in un territorio prevalentemente devoto all’inflessibilità di giudizio al maschile, una donna sia riuscita a conquistare il valore genderless del lavoro, ossia essere stata scelta per la sua bravura, indipendentemente dal sesso.

Frappart però nota come i giocatori siano meno ‘aggressivi’ riguardo le sue decisioni durante le partite, di conseguenza, non vuole essere resa celebre solo per il fatto di essere donna. “Non volevo che fosse solo un alibi, dire che avevamo nominato arbitro una donna solo per il fatto che ero una donna – dice Stéphanie Frappart, come riportato da Today – è tanto più importante dimostrare di avere le capacità, come spesso accade per le donne in diversi campi”.

Foto di Donne nel pallone

Molte persone, stampa compresa, cercano di scoprire ovunque informazioni personali e della vita privata di Stéphanie, principalmente per attaccarla, in quanto donna, sulle sue scelte arbitrali. Purtroppo per loro, la sua professionalità è inattaccabile.

Anche Angela Capezza, arbitra del campionato di Eccellenza della Campania, conferma che: “Siamo all’inizio. Il percorso è ancora molto lungo e si dovranno superare ancora numerosi pregiudizi, ma la donna ha tutte le carte in regola per poter competere in qualsiasi disciplina e raggiungere altri traguardi. Stéphanie Frappart e Sarah Thomas ne sono un esempio. Spero che eventi come questo, in breve tempo, diventino normalità e non più una notizia”. Nella sua esperienza arbitrale, dal settore giovanile al campionato  di eccellenza, Angela non ha mai notato alcuna differenza di approccio o di critiche nei suoi confronti. I calciatori si sono sempre rivolti a lei nello stesso modo con cui si rivolgono ai suoi colleghi uomini. Ci sono però diversi ambienti in cui la donna arbitro non è ben vista e considerata incapace di arbitrare una partita di calcio. “Ciò non è accettabile – continua Angela – perché l’arbitro donna ha una formazione atletica e tecnica alla pari dei colleghi uomini. Il calcio è di tutti e di chi lo ama”.

Angela Capezza

Notiamo che qualcosa sta cambiando non solo a livello europeo, ma mondiale, infatti domenica 7 febbraio 2021 è stato giocata la 55esima edizione del Super Bowl tra i Tampa Bay Bucaneers e i Kansas City Chiefs, dove la squadra di arbitri guidati da Carl Cheffers ha visto per la prima volta nella storia della finale la presenza di una donna, Sarah Thomas. In realtà Sarah arbitra partite universitarie dal 1999, riconosciute con più importanza nel continente americano rispetto al nostro, essendo un business che fa circolare milioni di dollari e apre agli studenti universitari che fanno parte di squadre sportive le porte per l’NBA o la NFL. Thomas ha anche il merito di essere stata in grado di superare le barriere linguistiche, infatti, da quando è diventata un arbitro permanente della NFL, il ‘linesman’, ossia il corrispettivo guardalinee calcistico, ha cambiato nome in ‘down judge’.

In un’intervista alla NFL Sarah Thomas dichiara che “non conta se qualcuno sia maschio o femmina, conta soltanto il fatto che facciamo qualcosa perché amiamo farla. Senza dover provare di essere all’altezza o voler riconoscenza”.

Stéphanie Frappart e Sarah Thomas hanno dimostrato un concetto base del lavoro che purtroppo sembra essere stato dimenticato: la meritocrazia. La professionalità non si basa sul genere, ma sull’etica, la serietà e la dedizione, qualità che sempre più donne dimostrano di aver maturato per raggiungere i traguardi che finora gli uomini hanno raggiunto con più facilità, solo per il fatto di esser uomini.

di Lorenzo Barizza

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