Toc Toc signor Darwin, qui il ventunesimo secolo

Facciamo tornare lo scienziato tra noi, utilizzando il suo punto di vista per dare uno sguardo ai nostri giorni

Ritratto di Charles Darwin by BDTXIII dal sito Stars portraits

Come ogni anno, anche nel 2021 il 12 febbraio ci si è riuniti per celebrare e ricordare la nascita del famoso scienziato Charles Darwin, datata 1809. La ricorrenza, denominata Darwin day, prende piede subito dopo la sua scomparsa e diventa un omaggio al contributo intoccabile che la sua teoria ha dato alle generazioni a seguire. Nel diciannovesimo secolo, infatti, Charles Darwin pensa alla vita e alla sopravvivenza dell’uomo sulla terra come ad un processo di adattamento alle circostanze e all’ambiente in trasformazione. Chi non riesce in questo processo, finisce per soccombere.

Quest’anno, alla luce della pandemia che ci siamo ritrovati a vivere, proviamo ad usare il punto di vista darwiniano per dare uno sguardo ai giorni nostri, cercando di capire se teoria dell’evoluzione e teoria della selezione naturale trovano ancora spazio concreto.

 …Darwin ci aveva visto lungo?

Nel corso del tempo è stato appurato che a rispondere alla teoria darwiniana sulla selezione naturale non è solo la componente fisica della specie, ma anche e soprattutto quella sociale. In una società, come accade in un gruppo animale, a ‘sopravvivere’ è, infatti, il più forte, mentre i più deboli rimangono a terraNell’ultimo anno abbiamo potuto constatare da vicino come il nostro scienziato ci avesse visto lungo, dando vita a una chiave di lettura umana destinata a diventare un sempreverde.

Foto by Pawel L.
Pexels

Restrizioni e privazioni, fatte di scuole chiuse e vita sociale ridotta al minimo, hanno trovato un bersaglio facile tra i più giovani, ad esempio. Alcuni dati rilevati, hanno infatti dimostrato come se da un lato è da lodare l’incredibile resilienza dimostrata dai ragazzi, dall’altro è da sottolineare come quest’ultima non fosse proprio qualcosa da dare per scontato.

Infatti, c’è chi ha visto in questa chiusura una barriera insormontabile, come è dimostrato dai drammatici numeri relativi al tentato suicidio, diventato la seconda causa principale di morte dell’ultimo periodo. Ecco che il più fragile, non riuscendo a far leva su una nuova realtà, cade non destando purtroppo troppo stupore proprio perché, da che mondo è mondo, è questo l’andare naturale delle cose.

C’è, invece, chi ha trovato il modo di ‘sfruttare’ il momento per vivere le persone da dietro uno schermo, anche rassicurato dal fatto che questa situazione, pari per tutti, ha sdoganato le relazioni virtuali dall’accezione a volte negativa che siamo soliti attribuirgli, rispetto alle relazioni “reali”.

Questo, è quello che si intende con riuscire ad adattarsiapplicando la cosa ad una realtà più piccola, ma anche più comune. D’altra parte, è risaputo che ognuno è diverso dall’altro e di conseguenza non tutti escono dalle situazioni allo stesso modo, non tutti hanno lo stesso spirito o la stessa motivazione.

Evoluti sì o no?

In biologia, con il termine evoluzione, si intende il progressivo e ininterrotto accumularsi di modificazioni che portano alla manifestazione, in un arco di tempo sufficientemente ampio, di significativi cambiamenti morfologici, strutturali e funzionali negli organismi viventi.

Ma noi, ci siamo poi così tanto evoluti? Come per ogni questione importante, è opportuno tenere in considerazione ambedue i lati della medaglia. Infatti, se da un lato l’evoluzione è innegabile, innegabili sono anche tutte le riserve in merito.

C’è da dire che,  in contesti più o meno grandi, l’istinto primordiale che è in ognuno di noi, bussa per venire fuori.  Per quanto evoluti ci si possa considerare, ancora oggi viene fuori la parte più naturale e più antica dell’essere umano: prima io, poi tu. 

Facendo un piccolo passo indietro, è possibile trovarne prova concreta nell’idea di adottare l’immunità di gregge, promossa dal premier Boris Johnson nel marzo dello scorso anno per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Idea basata sulla grande fretta di tornare alla vita normale, ma che di fatto, alla base non aveva una conoscenza del virus tale da garantire buone probabilità di riuscita e l’effettiva sicurezza del Paese nella sua interezza. Un azzardo, questo, tradotto da alcuni come tempestività volta esclusivamente al bene del paese. Da altri, dai più malpensanti, come un modo come un altro per imporsi sul resto del mondo, per uscirne vincitori il prima possibile, senza realmente tenere conto degli effetti.

E’ un’idea che ha preso piede e si è diffusa durante tutto lo scorso anno, toccando sempre più stati, che come comune denominatore avevano uno sfondo fatto da domande semplici e complesse allo stesso tempo: chi prima? Chi dopo? Chi è giusto far tornare prima in aula? A chi è giusto distribuire per primo il vaccino? Anche qui, l’istinto a prevaricare sull’altro, sul più debole, per quanto animalesco, non ha esitato a venire fuori, unendo in qualche modo  i due poli tenuti in considerazione oggi. Selezione naturale ed evoluzione per certi versi toppata, si incontrano.

Ma allora? La verità è che il darwinismo sociale, è ancora applicabilissimo ai giorni nostri, in qualsivoglia ambito, e che l’istinto dell’uomo che fatica ancora ad essere gestito e filtrato, porta a delle situazioni che rischiano di farci regredire da un punto di vista sociale, culturale e individuale. Per far sì che questa regressione di fatto non avvenga, sono necessari impegno ed attenzione.

Evoluzione e crescita non possono essere considerati semplicemente frutto di un fattore biologico, ma devono essere il risultato di uno sforzo applicato nel trovare un punto di incontro tra uomo e natura. Basti riflettere al come siamo usciti da questo ultimo anno, più o meno migliori. C’è chi è rimasto fermo, chi si è migliorato, chi è peggiorato. Questo, a dimostrazione del fatto che il cambiamento più che una questione biologica, è una questione attitudinale.

Chissà, se a questo punto, il signor Darwin sarebbe d’accordo.

 

di Gianna Maria La Greca

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