L’unione fa la forza

Metti caso che una sera tu decida di uscire e andare a divertirti con gli amici. Ti prepari, contento, assaporando l’idea di trascorrere delle ore lontano dai libri, finalmente. Esci di casa, sali in sella alla tua moto e magari vai a vedere un film al cinema. Metti anche il caso che tu sia una persona responsabile: indossi il casco integrale e il giubbotto adeguato, non corri, rispetti le regole. E questo lo fai perché sei consapevole del fatto che possedere una moto non vuol dire sfrecciare alla velocità della luce, sfidando il destino e fregandotene di chi ti circonda. Possedere una moto vuol dire avere passione, una di quelle che ti toglie il fiato e ti regala attimi intensi, una gioia infinita ed indescrivibile, che solo chi vive può comprendere fino in fondo, senza pregiudizi.

Metti caso che tu, da responsabile, stia percorrendo la strada verso casa. Sei stanco, stai assaporando il momento in cui ti lancerai sul letto ed è l’unica cosa che desideri in questo momento. Pensi che domani ricomincerà la solita routine, tra libri e lezioni all’Università. Che palle. Ma almeno un giretto in moto sei riuscito a farlo.

Adesso, metti caso che mentre tu stai pensando a tutto questo un automobilista decida improvvisamente di fare inversione proprio davanti a te. A te che non te lo aspetti, a te che stai guidando sulla tua corsia, a te che vuoi solo andartene a dormire. Freni, scivoli, cadi. L’impatto, lo schianto, la dura realtà.

Cambiamo prospettiva. Adesso mettiti nei panni di tua madre. Quella madre che ogni volta, prima di uscire, non faceva altro che dirti: “Stai attento. È degli altri che non mi fido, non di te”. Quella madre che sapeva di avere un figlio responsabile e per questo lo assecondava nelle sue scelte. Quella madre che però, adesso, nonostante le raccomandazioni e le preghiere, un figlio non ce l’ha più.

Rimani ancora nei panni di tua madre. Sappi che proverà solo tanto dolore e tanta rabbia, da questo momento in poi. Vedrà seppellire suo figlio, ma non vedrà giustizia fatta per questo. E sai perché? Perché in Italia non è stato ancora riconosciuto il reato di omicidio stradale.

Spogliati sia dei panni del figlio, sia dei panni della madre e indossa quelli del solo essere umano. Non starò qui a dirti quante sono numericamente le vittime della strada ogni anno, ogni mese, ogni giorno. Non starò qui a dirti come cosa si prova nel dire addio ad un figlio, un fratello, un amico che della strada aveva fatto la sua seconda casa e della moto il suo primo amore e, per questo, se fosse dipeso da lui di certo non avrebbe trovato proprio lì la sua fine. Non starò qui a dirti neanche come ci si sente di fronte alla rabbia di non poter fare niente per rendergli giustizia, al dolore per aver perso una parte di te, alla rassegnazione di non avere più niente tra le mani se non un pugno di ricordi.

Ma qualcosa posso dirtela: informati. E appoggia con tutto te stesso chi si batte ogni giorno per far sì che le vittime della strada non vengano dimenticate. Il loro sacrificio non deve essere vano, piuttosto deve servire ad evitare che il fenomeno dei morti sulle strade continui a dilagare senza freno e questo può essere controllato solo e soltanto se verrà introdotta una legge adeguata.

Nessuna pena restituirà chi non c’è più ai propri cari, alla morte non c’è rimedio, ma una cosa è possibile farla: regalare la pace a chi resta. Chi sopravvive soffre, accetta, si rassegna. E se alla fine ottenesse giustizia in nome del figlio, del fratello, dell’amico morto, il cuore eviterà di esplodere e il cervello di impazzire. Perché saprà di aver lottato per una giusta causa e saprà di aver vinto. E se siamo in tanti a lottare, allora alla fine vinceremo. Perché l’unione fa la forza.

http://www.omicidiostradale.it/firma

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