Leggere ai bambini: come nutrire le grandi menti del domani

Gli effetti benefici della lettura ad alta voce da parte dei genitori ai figli, già nei primi mesi di vita, hanno un forte impatto sul loro futuro. A loro sostegno ci sono diversi studi scientifici

La cultura, si sa, è una scommessa a lungo termine. Quindi perché non adoperasi fin da piccolissimi? In Italia c’è un progetto che punta proprio a questo. Nati per leggere è un’iniziativa che ha più più di vent’anni e il suo logo sta per compiere gli anni: vide la luce il 12 marzo 2002. L’immagine che rappresenta il progetto è semplice quanto significativa, i tratti curvi esprimono la dolcezza di quanto viene rappresentato.

Sono una mamma e il suo bambino impegnati nella lettura di un libro. Ad essere presenti, però, non sono le parole, quanto l’immagine di una farfalla che sembra voler spiccare il volo. È la forza dell’immaginazione che, lungi dall’essere relegata alle pagine di un testo, si anima ed espande positivamente il proprio raggio d’azione nella realtà dell’infante.

nati per leggere progetto

 Nati per leggere è stato per tutti questi anni un programma incentrato sul territorio per un totale di circa 800 progetti locali portati avanti in più di 2.000 comuni italiani. Esso, come si legge nel loro sito, è il frutto di un sodalizio tra l’Associazione Culturale Pediatri (ACP), l’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) e il Centro per la Salute del Bambino (CSB). Protagonisti sono i pediatri che avevano studiato prima dall’organizzazione statunitense Reach out and Read poi dall’inglese Bookstart – l’importanza del ruolo della neurobiologia e della lettura in famiglia per promuovere la salute psichica del bambino.

Come spiegato sul loro sito, la letteratura scientifica ha prodotto un vasto repertorio di studi incentrati sull’importanza della lettura nei primissimi anni di vita del bambino per un suo pieno sviluppo intellettivo, linguistico, emotivo e relazionale. Tra le ricerche prodotte ne spicca una recente del del prof. Tamburlini (Presidente del CBS), che nel 2015 in Lettura condivisa in famiglia e sviluppo del cervello nel bambino e nel corso di formazione dello stesso anno a Milano Razionale e benefici degli interventi precoci e della lettura in famiglia nei primi anni di vita si concentrò sull’importanza di diverse tematiche, quali le fasi di plasticità cerebrali e la family literacy, oltre agli effetti sociali da queste prodotte. Vediamoli insieme ma prima uno sguardo al panorama sul consumo libraio del nostro Paese.

Italiani, popolo di scarsi lettori

Nati per leggere cerca di combatte così una patologia cronica del nostro Paese, che conta numerose discrepanze nel numero dei lettori a seconda del livello d’istruzione e del territorio di riferimento.

Secondo l’ISTAT nel 2019 “legge libri il 71,9 dei laureati (75,0% nel 2015), 46,1% dei diplomati e solo il 25,9% di chi possiede al più la licenza elementare”; e ancora “l’abitudine alla lettura continua ad essere più diffusa nelle regioni del Nord: ha letto almeno un libro il 47,6% delle persone residenti nel Nord-ovest e il 48,1% di quelle del Nord-est. Al Sud la quota di lettori scende al 27,9% mentre nelle Isole si conferma una realtà molto differenziata tra Sicilia (25,9%) e Sardegna (38,9%). Si segnala, tuttavia, per la Sardegna, un calo significativo della percentuale di lettori rispetto al 2018 di -5,8 punti percentuali”. Uno studio Eurostat del 2016 afferma che le famiglie italiane dedicano in media 5 minuti al giorno per la lettura, uno dei valori più bassi specie se confrontato con paesi quali l’Estonia (13 minuti), la Finlandia e la Polonia (12 minuti), ma anche della vicina Spagna (6 minuti) e Grecia (9 minuti). Inoltre anche la spesa nel 2018 delle famiglie nei libri, nei giornali e in altri articoli delle cartolerie rappresentava lo 0,9% del totale della loro spesa annua. Viceversa la media europea arrivava all’1.1% con picchi dell’2.1% in Slovacchia, 1.9% in Croazia e 1.5% in Germania.

Il connubio tra le diverse figure professionali aderenti al NPL vede da una parte i pediatri come guida anticipatoria nell’introdurre le famiglie al progetto, dall’altra i bibliotecari e i volontari a selezionare i libri giusti per poi leggerli ai bambini.

Ripensare allo sviluppo dell’infante. Cos’è cambiato?

Cos’è cambiato sul sapere della crescita del bambino? Detto in poche parole, l’intero modo di concepire lo sviluppo del cervello! Mentre fino a pochi decenni fa i bambini venivano considerati come dei recettori passivi sui quali non valeva la pensa agire fino all’età di 3 anni, oggi non solo la genetica ma anche l’ambiente giocano un ruolo di fondamentale importanza su di essi. Il modello ideale viene riassunto nel binomio nature and nurture: i neonati sono quindi dei soggetti attivi dotati di un cervello che raggiunge la massima plasticità già a partire dai nove mesi. Questa premessa risulta fondamentale per capire che è necessario interagire in modo costruttivo fin da subito con il proprio bebè così da garantirgli più benefici in età adulta. Le sue competenze variano a seconda delle sue fasi sensibili: dai primi giorni di vita quando le sue interazioni si basano sui suoni e sui rumori, al sesto mese quando impara l’associazione parola-oggetto, fino al compimento del primo anno di vita nel mostrare sensibilità agli stati mentali di chi lo circonda. Non è tutto: in seguito è il vocabolario a rientrare nelle competenze dell’infante, iniziando a svilupparsi abbondantemente nel corso del secondo anno.

La family literacy

Altro tema caro al prof. Tamburlini è l’ambiente entro il quale il bambino può massimizzare le sue potenzialità istruttive. Concepita nel 1983 da Denny Taylor durante le sue ricerche di dottorato, la family literacy è l’idea per cui il genitore è il primo insegnante del suo bambino. Le numerose iniziative che sono esplose  nei vent’anni successivi mirano a collaborare con i governi, le ONG, il sistema delle Nazioni Unite e l’ambiente accademico per promuovere la pace e l’inclusione sociale.

Contatto mediante lo sguardo e le parole: è in queste dinamiche che la voce materna risulta essere un potente attivatore, sintomo del legame atavico che lega la madre alla sua prole. Più in generale, l’interazione genitoriale fa aumentare le vocalizzazioni del bebè, che compaiono già dopo il primo mese, crescendo con il numero di parole ascoltate.

La family literacy ha alla base studi quali FACES Family and Child Experiences Survey, effettuato nella primavera 1998 su un campione di 1.580 bambini che avevano seguito il programma Head Start di preparazione all’ingresso nella scuola materna. In esso si registrò che l’unico fattore statisticamente significativo nell’acquisizione del vocabolario era stata proprio la frequenza della lettura da parte dei genitori.

Quest’esigenza può allora essere presa in carico dai libri dal terzo mese di vita. Grazie a un’abitudine settimanale da parte dei genitori già a cinque anni si vedono gli effetti sul rendimento del bambino: prima sulla sua capacità di leggere e in seguito sul suo rendimento scolastico alle scuole elementari e alle medie.

Il progetto Bookstart evidenzia in modo particolare un miglioramento nella comprensione, nello scrivere, nel parlare, in matematica e nelle scienze (B. Wade, M. Moore, A Sure start with Books, Early Years 20, 2000, Spring).

Ma leggere non fa solo prendere voti più alti. È un potente elisir per l’emotività dell’infante, presupponendo una maggiore condivisione e un maggior contatto con i propri genitori. A tal riguardo, nel ‘95 una ricerca olandese, realizzata con la partecipazione di bambini di 3 anni, afferma che coloro ai quali viene letto più frequentemente siano più sicuri in sè stessi e più equilibrati. Non ultima è la componente sociale, per cui la scuola, laboratorio del vivere in società, non basta. L’ambiente famigliare dev’essere altrettanto stimolante per non cadere vittime della forte correlazione esistente tra la condizione di povertà in età adulta e l’assenza dell’ascolto della lettura all’età di cinque anni.

Lavorare sul proprio bambino non è un’impresa da poco, soprattutto nel nostro Paese. Ciò viene ampiamente spiegato in un articolo del Sole 24 Ore: “Nel caso dell’Italia la carenza di tempo libero va cercata soprattutto nel surplus di lavoro non retribuito e nelle attività di cura personale. Inoltre nel rapporto Eurostat (con valori aggiornati al 2013-4) è evidente che mediamente la donna ha a disposizione un’ora in meno rispetto alla controparte maschile”.

Consapevoli tuttavia di poter fare la differenza con questa buona pratica socio-educative, è fondamentale trovare un momento della giornata da dedicare alla condivisione e al nutrire la mente dei propri figli. 

Consigli di lettura

Nati per leggere offre dei suggerimenti in mentito alle caratteristiche che i libri devono avere in rapporto alle fasce d’età per stimolare correttamente la mente dell’infante. Si parte con la selezione 6-12 mesi in cui i genitori dovranno adoperare testi di piccole dimensioni, caratterizzati da poche parole e da disegni brillanti. Dai 12-24 si passerà ai libri in rime aventi come protagonisti gli animali. In queste prime due fasi i libri devono essere cartonati e le illustrazioni devono basarsi su oggetti a lui familiari. Passati i due anni si potrà ricorrere a temi più complessi ma sempre legati alla routine del bambino per arrivare ai tre anni alle fiabe e alle leggende, dando libertà al bambino di scegliere il testo che più gli piace.

In conclusione, vi proponiamo una selezione di 5 libri illustrati dalla redazione BimbiParma:

  IL PICCOLO PRINCIPE (raccontato da Agnès de Lestrade, illustrato da Valeria Docampo)

  ULTIMO ALBERO (di Stepán Zavrel),  

  LA CASA CHE UN TEMPO ERA CASA (raccontato da Julie Fogliano, illustrato da Lane Smit)

  A CHE PENSI? (di Laurent Moreau) 

  LA GIGANTESCA PICCOLA COSA (di Beatrice Alemagna)

Alla quale si aggiunge il vincitore del Premio Anderson (0-6) del 2020:

  DESPERADO (di Ole Könnecke, tradotto da Chiara Belliti)

 

di Francesco Scomazzon

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