Secondo il governo cinese i maschi non sono abbastanza mascolini

Non tutti sono però d'accordo con il piano di virilizzazione dei maschi promosso dal Ministero dell'Istruzione. L'intervista a un giovane ragazzo cinese dell'Università di Bologna

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Poche settimane fa un avviso del governo cinese, ha suscitato grande scalpore per aver suggerito un nuovo modello educativo nelle scuole che prevenisse la femminilizzazione degli adolescenti maschi inserendo ore aggiuntive di ginnastica e rafforzando il reclutamento di insegnanti maschi.

Lo scorso maggio, infatti, un delegato del massimo organo consultivo cinese, Si Zefu, aveva affermato che molti maschi giovani cinesi fossero diventati “deboli, timidi e umilianti”.

La reggenza cinese ha così segnalato la preoccupazione che i modelli maschili oggi più popolari del paese non siano più figure atletiche e forti come eroi dell’esercito, ma star della musica cinese e del K-Pop, caratterizzate da tratti delicati e femminili. Pertanto il Ministero dell’Istruzione ha emesso un avviso con un titolo scevro da qualsiasi dubbio sul suo scopo finale: far diventare i giovani maschi cinesi degli uomini.

In precedenza,  vi erano già stati dei segnali che suggerivano l’arrivo di questa iniziativa: nel 2018, il preside di una scuola nella città orientale di Hangzhou aveva introdotto un corso di arrampicata su roccia sostenendo che uno sport maschile li potesse aiutare a superare la loro timidezza.

Anche il presidente Xi Jinping, noto appassionato di calcio, aveva preso parte a questo programma di ‘virilizzazione’ cercando di allenare future star dello sport, o, semplicemente, ‘rubandole’ ad altri paesi con stipendi altissimi, reclutando atleti esperti, anche in pensione, per allenare e sviluppare vigorosamente i giovani.

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Su Weibo si riversa la protesta

La reazione della popolazione cinese di fronte alla comunicazione è stata, però, negativa, con centinaia di migliaia di utenti che si sono sfogati sui social per esprimere la loro rabbia, condannando il messaggio del governo come ‘sessista’.

“Femminilizzazione è ormai un termine dispregiativo?” ha chiesto un utente su Weibo, il principale social network utilizzato in Cina, ricevendo oltre 200.000 like. Un altro ha commentato: “Anche i ragazzi sono umani … essendo emotivi, timidi o gentili, queste sono caratteristiche umane”.

“Di cosa hanno paura gli uomini? Essere come le donne?” ha domandato un utente. “Ci sono 70 milioni di uomini in più rispetto alle donne in questo paese – ha affermato un altro – Nessun paese al mondo ha un rapporto tra i sessi così deformato. Non è abbastanza mascolino?”.

Allo stesso tempo però, in forte opposizione alla maggioranza della popolazione cinese, il governo ha incoraggiato, avvalendosi del potere dei social media di regime, l’idea che i ragazzi dovessero diventare ‘veri uomini’, persuadendo, in questo modo, molti genitori ad iscrivere i propri figli a campi di allenamento sportivo o di addestramento militare.

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Nonostante il piano non proponga, esplicitamente, trattamenti diversi tra ragazze e ragazzi, l’esperta di salute ed educazione sessuale Liu Wenli, professoressa dell’Università Normale di Pechino, sostiene che questo programma potrebbe portare ad ancora più casi di bullismo relativi all’espressione di identità di genere e all’orientamento sessuale dei ragazzi. Quest’ultima afferma con amarezza, sul noto social Weibo, che: “Gli educatori non possono parlare di prevenzione del bullismo nelle scuole e, al contempo, alimentare le dinamiche che lo favoriscono”.

L’argomento è stato trattato anche dalla televisione di Stato cinese CCTV, adducendo le stesse motivazioni usate dal governo cinese: “L’insegnamento non è semplicemente crescere ‘uomini’ e ‘donne’, ma sviluppare la volontà di prendersi le proprie responsabilità”. In questo modo la CCTV ha dato l’ennesima prova di come il governo gestisca interamente l’informazione e i media al fine di avere maggiore consenso.

Eziologia del problema: una possibile chiave di lettura

“C’è stata una tendenza tra i giovani maschi cinesi verso una femminilizzazione – afferma Si Zefu – che metterebbe inevitabilmente in pericolo la sopravvivenza e lo sviluppo della nazione cinese se non fosse gestita efficacemente”.

Il noto delegato ha messo in luce, all’interno di un’intervista fattagli lo scorso maggio, una possibile interpretazione della volontà del governo cinese: e se questa decisione fosse stata presa solo per timore di un possibile indebolimento futuro della Nazione?

Secondo il paradosso della tolleranza di Karl Popper, noto filosofo del XX secolo, una collettività tollerante è inevitabilmente destinata ad essere stravolta e successivamente dominata dalle frange intolleranti presenti al suo interno dando vita a un processo che, per quanto paradossale, porta alla condizione necessaria atta a conservare la natura tollerante di una società aperta.

Come si può contestualizzare l’intervento del noto filosofo all’interno di questa situazione? Si può pensare che la Cina, al fine di mantenere un atteggiamento tollerante deve avere un suo ‘equilibrio’ che per essere garantito, deve prima ricostituirsi tramite l’annullamento delle libertà precedentemente concesse. In altre parole, il ragazzo, un tempo autorizzato a prendere come modello le celebrità del K – Pop, oggi è costretto a fare suoi dei valori considerati dalla direzione cinese più ‘virili’, ma in cui non si riconosce, al fine di mantenere questo equilibrio.

Una ‘ventata d’aria fresca’: l’intervista a un giovane ragazzo cinese

Si contrappone alle dichiarazioni del delegato Zefu, il pensiero di un giovane ragazzo cinese dell’Università di Bologna che, vittima come tanti altri ragazzi di un divario generazionale, ha voluto commentare alla nostra redazione la recente decisione del governo.

“Le lamentele da parte di persone, per lo più anziane, andavano avanti da anni. Si erano lamentati del fatto che le pop star maschili fossero troppo ‘femminizzate’ e lontane, dunque, dalla loro visione di ‘uomo’. Temevano che l’alta esposizione di queste celebrità maschili potesse diventare un ‘modello’  per i giovani ragazzi in crescita senza pensare che l’industria dell’intrattenimento è orientata al mercato in cui il principale consumatore è rappresentato dal pubblico femminile. Qualora dovesse mutare il modello di uomo, spero che il cambiamento avvenga in modo naturale, in base al gusto mutevole del consumatore e non tramite una legge di governo”.

Un pensiero che, oltre ad essere una ‘ventata d’aria fresca’, rappresenterebbe il modus pensandi di molti altri giovani: “Posso assicurare che la percentuale di coloro che sono favorevoli alla legge emanata dal governo nella nostra fascia di età, rispetto alla percentuale della generazione più anziana, è irrisoria. Il che significa che la società cinese, nel complesso, sta diventando più aperta – aggiunge sollevato – e noi giovani pensiamo che l’essere forti e coraggiosi non debba essere una prerogativa dell’uomo ma di tutti”.

In conclusione, in calce alle sue dichiarazioni, aggiunge qualche parola sul sistema scolastico cinese sottolineando la sua contraddittorietà: “Se il Ministero dell’istruzione cerca un fisico più forte e una maggiore collaborazione all’interno di una squadra, come mostra la notizia, di certo la partecipazione allo sport è un ottimo modo per raggiungere questo obiettivo. Tuttavia, l’educazione fisica manca da anni in Cina. Le scuole, gli insegnanti e i genitori, generalmente, pensano che lo sport non sia una priorità rispetto allo studio. Crescendo non sono stato in grado di soddisfare appieno il mio amore per lo sport a causa del fitto programma di lezioni e dei pesanti compiti a casa. Questo tipo di ambiente non è certamente utile per il loro obiettivo di ‘diventare più virili’. Il ministero dell’istruzione dovrebbe trovare una soluzione per consentire agli studenti, di entrambi i sessi, di essere maggiormente coinvolti nelle attività sportive, invece di emanare leggi inutili, come hanno fatto.”

Il giovane mette dunque in evidenza un problema di fondo nel suo paese: l’attenzione esasperata per lo studio, che mette in secondo piano quella per  l’attività sportiva nelle scuole. Per questo motivo, nel messaggio del ragazzo emerge la speranza per una futura rivalutazione delle ore dedicate alla pratica sportiva,  basata però su volontà salutistiche e non maschiliste o di genere.

Sperando di poter contraddire anche Popper e il paradosso della tolleranza, ci si augura dunque che il futuro della Cina, incarnato da queste brillanti menti, sia altrettanto brillante e che riesca un giorno a slegarsi dai dettami delle generazioni più anziane, in nome del progressivo dei giovani.

 

di Carmen Stagniti e Lorenzo Barizza 

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