Euphoria, il fenomeno televisivo che parla di noi

Come il mondo reale è finito sul piccolo schermo senza mai scadere, anzi, eccellendo

Nel giugno 2019, la rete televisiva americana HBO trasmetteva la prima puntata di Euphoria, la serie evento di questi anni. Incentrata sulla vita della diciassettenne Rue, questo prodotto innovativo è stato acclamato dalla critica per la il ritratto che ha fatto dell’adolescenza, della tossicodipendenza, delle malattie mentali, delle questioni di genere e di violenza sessuale. Proprio per la maestria con cui questi temi sono stati raccontati e interpretati, Euphoria ha ricevuto diverse nomination come miglior serie televisiva, e l’attrice protagonista, la già nota Zendaya, ha portato a casa un Emmy proprio per la sua complicata ed umana Rue Bennett.

Oltre i taboo, i limiti e le critiche 

In Euphoria, nessun argomento è off limits. Nonostante negli ultimi anni la televisione, specialmente quella americana, ha affrontato e superato molti taboo, certi temi non avevano ancora trovato il giusto spazio, o almeno non in questo modo, nei palinsesti. L’uso e l’abuso delle sostanze stupefacenti non è certo una novità nel piccolo schermo, ma Sam Levinson, il regista della serie, ha il merito di rappresentarlo in modo veritiero, senza edulcorarne gli effetti e senza glorificarne l’uso: forse anche perché ha fatto parte della sua vita. Il mondo di Euphoria è un mondo dove la droga è presente nella vita di ogni adolescente, e proprio per questo uscire dalla dipendenza è un percorso ancora più complicato e spaventoso, e viene mostrato in tutte le sua facce, dalle più disturbanti alle meno rassicuranti.

Inoltre, pochi prodotti audiovisivi sono stati così apprezzati da pubblico e critici per come hanno affrontato il tema dell’identità sessuale e di genere. A cominciare dal casting, che vede ricoprire il ruolo di Jules, un’adolescente che ha cambiato genere, proprio da un’esordiente transgender, Hunter Schafer: una decisione che ad Hollywood, dove spesso si preferisce un nome famoso ad un casting fedele, non era affatto scontata. Sia Jules che Rue, così come quasi tutti gli altri personaggi, raccontano e mostrano esplicitamente la loro sessualità, che non è solo confusa, ma a volte anche violenta, drammatica. C’è Kat, che lavora come cam girl anche se minorenne, Maddie, che non riesce a riconoscere l’abuso della sua relazione, e Nate, che trova sfogo nella violenza fisica per non fare i conti con il suo orientamento sessuale.

Se la rappresentazione veritiera e brutale di queste storie ha guadagnato molti consensi e portato Euphoria al successo, è stata anche la ragione principale delle sue critiche. L’attenzione per la droga, la nudità frontale maschile e femminile, i toni forti e la violenza cruda di diverse scene ha portato diverse istituzioni, come la Parents Television Council, a contestare i contenuti troppo grafici per una serie dedicata al pubblico più giovane.

L’autorialità come garanzia del successo 

Il successo di questa serie non è tanto legato alla sua trama, ma a come è stata messa in scena. Infatti, Euphoria è l’ultima di una lunga lista di serie che hanno trattato del mondo dei giovani senza censura, come Skins, la serie inglese del 2007, tutti i remake di Skam, in primis quello originale e quello italiano. A fare la differenza, in questo caso, è proprio il brand che Euphoria è riuscita a creare. Questo prodotto non è solo legato ad interpreti e storie ben definite, ma soprattutto a delle visuals, dei tratti distintivi che riguardano le immagini, i colori, le riprese di questa serie. Sono ormai celebri i colori al neon che cambiano la tinta di moltissime scene, tanto che ormai le pubblicità per luci simili invadono i nostri social media, come anche i movimenti veloci ed innaturali della videocamera, che mirano a ricreare l’effetto di un trip allucinogeno. La qualità della serie è garantita da nomi importanti come la compagnia di produzione A24, lo stesso regista Sam Levinson, e Aubrey Drake Graham, più noto semplicemente come Drake. Mentre la colonna sonora è ad opera di un altro nome estremamente noto nel mondo musicale, Labirinth.

Oltre ai pregi di produzione, un ruolo importante nella fama di Euphoria ce l’ha Doniella Davy, la make-up artist del set. Infatti, non sarebbe un’esagerazione dire che questa serie ha rivoluzionato il mondo della cosmetica, lasciandoci un’impronta che ad oggi, a più di un anno dalla sua uscita, è più viva che mai – un’impresa ardua per un mondo in continuo cambiamento come quello dei trends. Gli eyeliner colorati e grafici, l’uso copioso di glitter e gemme, ombretti dai colori forti, hanno tutti dato vita a centinaia di articoli e tutorial per ricreare questi look assurdi e seducenti, oltre che a comparire sulle passerelle di marchi come Fendi.

Il fenomeno Euphoria

Ad oggi, il fenomeno Euphoria sembra tutto fuorché rallentato. Nei social media come Tik Tok spopolano challenge che invitano gli user a ricreare l’atmosfera della serie, e la canzone-tema “All for Us”, interpretata da Labirinth e Zendaya, ancora passa alla radio ed occupa le classifiche. Proprio Zendaya, oltre ad aver vinto diversi premi per la sua interpretazione, ha parlato di questa serie come ciò che ha dato una svolta alla sua carriera, lanciandola definitivamente non solo nell’Olimpo delle star hollywoodiane, ma anche come figura d’ispirazione e di motivazione.

La stessa sorte riguarda la sua collega Hunter Schafer, che, se prima era sconosciuta, ora è una delle personalità creative più richieste, come dimostra la sua recente presenza all’evento Prada Intersections, dove è una delle poche menti a discutere con figure del calibro di Miuccia Prada e Raf Simons. Infatti, il merito più grande di questa serie tv non è l’aver lanciato nuove mode, o l’aver messo in scena diversi argomenti taboo, ma l’aver creato e il continuare ad alimentare conversazioni importanti. Nei due episodi che fanno da ponte tra la prima e la seconda stagione, andati in onda il mese scorso su Sky Atlantic, ciò è chiaramente visibile. Si tratta infatti non di episodi ricchi di eventi che portano avanti la trama, ma di ore dense di introspezione psicologica, di dialoghi ed ammissioni che sono spesso motivo di vergogna, che solitamente rimangono nascosti tra quattro mura e non trovano posto nella televisione via cavo, o nelle serie ad alto seguito. Euphoria ci presenta la depressione senza romanticismi, nella difficoltà estrema anche solo di alzarsi dal letto per andare in bagno, la dipendenza senza glorie, nei gesti meschini che porta a compiere nei confronti di chiunque, la battaglia con il proprio corpo senza feticismi, nella logorante fatica che si ha nel provare ad accettarsi. 

Mentre aspettiamo la seconda stagione di questo show, un rewatch non è solo consigliato, è d’obbligo. Non tanto per comprendere al meglio cosa succederà nei prossimi episodi, ma per comprendere un po’ meglio la realtà che ci riguarda.

di Teresa Tonini

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