Alex Schwazer: abbiamo rischiato un Pantani-bis?

Da eroe a nullità, questo è il grande potere dei media: è successo con il caso Pantani, ma con il marciatore altoatesino qualcosa è cambiato

Il 18 febbraio è trapelata la notizia che il Gip di Bolzano Walter Pelino ha richiesto l’archiviazione del procedimento penale contro Alex Schwazer, il marciatore azzurro che conquistò l’oro olimpico a Pechino nel 2008. Stava scontando una squalifica per doping con scadenza nel 2024. Secondo la giustizia i campioni di urina, contenenti quantità anomale di DNA, sarebbero state manomesse ai fini di far emergere la positività dell’atleta italiano. Il marciatore altoatesino, nel caso la richiesta del tribunale venisse accolta, diverrebbe arruolabile già per le olimpiadi 2021.

Alcuni hanno intravisto in questa vicenda delle similitudini con quanto accaduto a Pantani, con riferimento all’ipotetico complotto di cui il ciclista sarebbe stato vittima. In realtà le vicende sono talmente complesse da rendere quasi impossibile un paragone, considerando anche il triste epilogo della carriera e della vita del Pirata. Andiamo però in ordine cronologico.

Da Madonna di Campiglio al marciatore azzurro: analogie e differenze

Marco Pantani, al top della sua carriera e della fama, fu sottoposto a controlli di routine nell’hotel a Madonna di Campiglio, dove alloggiava alla vigilia dell’ultima tappa del Giro d’Italia 1999. Il 5 giugno vennero resi pubblici i risultati delle analisi che indicavano un valore di ematocrito superiore al limite consentito, condizione dovuta all’utilizzo di EPO. L’azzurro venne sospeso dalla corsa, per 15 giorni, con la possibilità di riscattarsi al successivo appuntamento. Sprofondò però nel baratro e, da quel momento, la sua carriera non fu più la stessa. Negò fino alla morte, arrivata quattro anni più tardi nel 2003, di aver fatto uso di sostanze dopanti e gridò sempre al complotto.

Il caso di Alex Schwazer è, invece, diametralmente opposto. Anche lui all’apice della propria carriera sportiva, fu sorpreso positivo all’EPO il 6 agosto del 2012. Il 23 aprile 2013 il Tribunale Nazionale Antidoping stabilì per l’atleta una squalifica di 3 anni e 6 mesi. Schwazer sarebbe quindi potuto tornare a gareggiare dal 30 gennaio 2016. La prima differenza, enorme, tra le due vicende sta nell’ammissione di colpa: il marciatore altoatesino in una conferenza stampa dell’8 agosto 2012 scoppiò in lacrime, si scusò con tutti e ammise di aver fatto uso della sostanza.

L’ipotesi del complotto, nel suo caso, nasce solamente quando, nel 2016, venne nuovamente trovato positivo, questa volta per assunzione di anabolizzanti e steroidi. In quest’occasione nessuna ammissione di colpa, solamente la certezza di essere stato incastrato. Il Tas di Losanna non gli diede ascolto e arrivò, puntuale, la seconda condanna: otto anni di squalifica. Il 18 febbraio 2021, però – come già detto – la svolta. Ora resta da chiarire quale sia il destino di Alex, ma alcuni si chiedono: poteva finire come con Pantani?

Una risposta, ovviamente, non c’è. Partiamo dal presupposto che la WADA, l’organismo internazionale antidoping, ha definito un “affronto” la richiesta di archiviazione del caso, quindi la vicenda è tutt’altro che chiusa. Ma i media, giornali e televisione, hanno trattato Schwazer come Pantani?

Rimuovere un’etichetta, il merito della stampa

Sicuramente i giornalisti possono dettare l’opinione pubblica nei confronti di un atleta. Nel caso di Pantani lo elessero prima a ‘uomo del popolo’, per poi abbandonarlo dopo i fatti di Madonna di Campiglio, lasciandolo solo a combattere le proprie battaglie. È altrettanto vero che mettere in dubbio la giustizia è sempre complicato e, assumendo che essa sia infallibile, i dopati, i bari, non devono far parte del mondo dello sport. In questo senso è molto difficile per un giornale schierarsi apertamente dalla parte di chi è accusato; significherebbe infatti mettere in dubbio l’integrità della macchina della giustizia, solamente per credere ciecamente ad un uomo.

Giusto o sbagliato che sia, non è facile. Pantani avrebbe potuto inoltre presentarsi al successivo appuntamento, vincere, dimostrare che la sua bravura non fosse merito di un eventuale sostanza e sperare di ottenere l’appoggio dei giornali. Non lo fece e rese complicato schierarsi in sua difesa. Sia chiaro, non si sta cercando di puntare il dito contro uno dei più forti azzurri di sempre, né si stanno facendo illazioni sul suo conto: la volontà è solo quella di spiegare le motivazioni dell’abbandono mediatico di cui fu protagonista.

Nel caso di Alex le cose sono totalmente diverse. Egli ha ammesso la prima positività, appiccicandosi sulla fronte l’etichetta del ‘dopato’ e  andando quindi incontro al giudizio dell’opinione pubblica – nel suo caso molto severo – e accettando le conseguenze delle proprie azioni. Togliere le etichette è molto complicato. Dopo la seconda positività riscontrata nell’atleta, sarebbe stato facile per i media rifugiarsi dietro al motto ‘il lupo perde il pelo ma non il vizio’, ma così non è stato. Qualcuno effettivamente lo ha aspramente criticato (come in questo caso), montando poi sul carro dei vincitori il 18 febbraio scorso. La maggior parte della stampa, però, ha saputo mantenere una posizione distaccata, non dando nulla per scontato, credendo all’atleta o quantomeno dandogli voce. Non era facile e tantomeno scontato.

Nel caso di Pantani l’ipotesi del complotto ha più l’aspetto di un amore incondizionato verso un atleta del quale non si è in grado di accettare le debolezze. Negli anni, nonostante le ipotesi più disparate tirate in ballo, non sono emersi dettagli che sostenessero l’idea di una truffa ai suoi danni. Non in quell’occasione almeno. Ovviamente la vicenda del corridore romagnolo è piena di buchi, incongruenze e misteri, anche e soprattutto per quanto riguarda le circostanze in cui morì. Ma non sarebbe uno scandalo accettare che la giustizia sportiva con lui abbia agito correttamente.

Per Schwazer parlano i fatti. Le provette risultano alterate. Punto. Non possiamo confrontare le nostre speranze, le nostre credenze con i fatti. Speriamo che Pantani non fosse dopato. Sappiamo che Alex, nella seconda occasione, non lo era. E, a chi ha avuto il coraggio di credergli fino ad oggi, va un meritato plauso: che ci serva da lezione.

di Gabriele Diodati

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