Unipr On Air – Maria Paola Chiesi: “Parma va ripensata con un piano del verde”

Nel quarto appuntamento di UniPr OnAir la presidente di Kilometroverdeparma illustra le sfide e i traguardi che stanno vedendo la città protagonista di un progetto di riforestazione

Città e sostenibilità urbana, questo è l’obiettivo 11 dell’Agenda 2030. L’ONU propone di riformulare gli ambienti cittadini in favore di una prosperità condivisa tra i cittadini e l’ambiente. Questo impegno viene condiviso da altri soggetti facenti parte dell’Alleanza per la neutralità carbonica della provincia di Parma tra cui Kilometroverdeparma, un consorzio forestale nato il 6 maggio 2020.

A parlare dell’obiettivo 11 dell’Agenda 2030, nella quarta puntata di Unipr OnAir, è stata proprio la dottoressa Maria Paola Chiesi, presidente del consorzio Kilometroverdeparma. A intervistarla sono stati Renato Bruni, docente di Biologia e Botanica all’Università di Parma e Barbara Gherri, docente di Environment and Outdoor Comfort Assessment.

Aree verdi a Parma: un retaggio sul quale intervenire

30m2 di superficie media di verde urbano per abitante contro una media nazionale pari a 47,7. Parlano chiaro i dati del report con cui Parma si è candidata come European Green Capital. Il problema delle aree verdi non è una sfida recente per la città. Ancora nel 2010 La Repubblica raccontava come essa era la terza città italiana per cementificazione tanto da aver ricoperto come Milano 3/4 della sua superficie, mancando così di aree verdi. Più di recente, il Post, un circolo ARCI nato nel 2017, ha creato un video e segnato su una mappa tutta una serie di sfregi al territorio (dagli ecomostri, agli abusi edilizi, ai cantieri infiniti) da farle meritare il titolo di “Capitale del cemento 2020”. Ciò non toglie gli sforzi fatti negli ultimi 15 anni per migliorare le condizioni di vita dei cittadini. Parma si è presentata come candidata European Green Capital con risultati che vanno dalla riduzione di quasi il 12% dell’emissione di CO2, all’incremento di utilizzo di fonti rinnovabili passate da 0 MWH a 54.962 MWH.

La riforestazione urbana sarà quindi il prossimo passo per una città diversa che il professor Mancuso intende idealmente immersa nel verde. Concretizzare queste posizioni, sostiene la Dottoressa Maria Paola Chiesi, è molto complesso. Più generalmente, la lotta in favore dell’obiettivo 11 dell’Agenda 2030 viene portata avanti a Parma dall’Alleanza per la neutralità carbonica, il patto tra regione, province e comuni, CNR, Università di Parma e varie associazioni di categoria che vogliono raggiungere la neutralità carbonica in un orizzonte temporale inferiore a quello del 2050, ovvero quello previsto dall’Accordo di Parigi. Ciò viene reso più arduo dalla mancanza di standard nazionali ed europei. 

“Serve un cambiamento nel modo di pensare e di vivere il sistema riconoscendo che tutte le parti sono interdipendenti. Ciò non viene spesso riconosciuta perciò tutti valutano il loro microcosmo senza capire l’influenza reciproca che un’azione comporta. La pandemia ci ha dato un’ampia dimostrazione di questa interdipendenza” sostiene la Chiesi che però tiene a valorizzare l’aspetto  di mutuo riconoscimento, piuttosto che una retorica votata all’allarmismo. 

Necessario è il completamento del “piano del verde” che il comune sta studiando per proteggere le aree di importanza biologica e creare corridoi ecologici. Ciò porterà molti benefici: dallo stoccaggio di anidride carbonica, all’abbattimento del particolato sottile, alla regolazione microclimatica, alla regolazione dell’acqua e della biodiversità. Infine, secondo la Chiesi, nelle città il beneficio principale è il benessere delle persone mediante la rivalutazione degli alberi quali luoghi di ristoro, efficaci a mitigare le isole di calore, ed esteticamente intesi come nuovi, o antichi e oggi ritrovati, spazi salubri con possibilità di socialità per bilanciare quella promossa dal digitale.

Dialogo, non imposizioni

L’esigenza di mettere sul tavolo più attori che fanno parte della società non è un percorso scontato e la Chiesi non ne nasconde le fatiche. La sua strategia si ramifica in tre azioni distinte. La cittadinanza va assolutamente coinvolta per farla protagonista di una battaglia culturale, aiutandola nel valorizzare e nel prendersi cura del proprio territorio. Su questo fronte sembra che i giovani abbiano maggiormente abbracciato questa consapevolezza rispetto alle altre fasce d’età. Un aiuto va fornito anche alle imprese, declinato in un supporto tecnico, soprattutto per quelle piccole che non hanno le risorse sufficienti per adoperarsi nella riduzione dell’impatto ambientale delle loro attività.

Infine, tra di essi ci vuole un’azione convergente. E benché ogni azione sia meritevole nel contribuire al raggiungimento dell’obiettivo 11 dell’Agenda 2030, interventi isolati potrebbero generare fratture tra le parti. “Piantare alberi da solo è chiaro che non è sufficiente a risolvere tutti i nostri problemi, soprattutto se questo piantare alberi non è un’attività partecipata e condivisa, ovvero non è un’azione che la comunità assume su di sé” sostiene Renato Bruni. 

Il dialogo, quando accompagnato da una giusta comunicazione, è la strada maestra. “Ha funzionato nella recente esperienza del bosco urbano di Parma Mia. E’ stato di fondamentale importanza l’aver potuto parlare con il comitato di quartiere e i residenti delle zona per cogliere le loro esigenze e disporre gli alberi nella maniera più adatta nell’ottica della fruibilità del parco”. Il progetto può essere considerato un esempio virtuoso di impegno civico unito a quello di carattere ambientale e scientifico.

Altri episodi ben riusciti li si ritrova nella raccolta fondi a Natale, negli studenti dell’Istituto Leonardo da Vinci che hanno piantato nel loro giardino 87 piante, nel Picasso Food Festival in via Marconi e negli orti sociali.

Il ruolo dell’Università

In questo insieme di attori tesi a migliorare la salute della città, come dovrebbe muoversi il mondo universitario? A questo interrogativo, la presidente di KilometroVerdeParma ha donato qualche consiglio: “Uno dei temi più difficili da affrontare per il Consorzio e su cui l’università potrebbe dare il suo contribuito intellettuale e scientifico è il tema del valore economico dei boschi”. 

Non solo boschi urbani, ma anche nelle periferie e in campagna dove il mondo agricolo fatica a comprenderne i benefici. Prima dei fenomeni quali l’agricoltura intensiva e la meccanicizzazione, gli alberi fornivano dei  servizi ecosistemici ai campi e alle culture. Servirebbe studiare come l’esistenza di un bosco aumenti la resilienza di una coltura o la produttività di un campo grazie alla presenza di uccelli o di insetti impollinatori. In tal senso sarebbe  auspicabile promuovere una nuova visione degli agricoltori, non solo come produttori di alimenti ma anche come guardiani del paesaggio e della tutela ambientale. 

Una seconda area di studi riguarderebbe la riduzione dello stress legato agli spazi verdi. La Chiesi dà grande rilevanza al tema della rigenerazione delle persone quando stanno in ambienti che lo favoriscono. Esso si lega a doppio filo al rapporto tra architettura e verde. Focus ci dedica un pezzo prendendo a esempio gli sforzi di Singapore che, malgrado la densità demografica, è riuscita a coprire la metà della sua superficie con una qualche forma di copertura verde. Questo perché “la contemplazione della natura rigenera le risorse psicoemotive. Infatti, quando guardiamo un paesaggio verdeg­giante o passeggiamo in un bosco, dimi­nuisce l’attività nella corteccia prefron­tale, una zona tanto essenziale quanto tartassata dalla vita moderna, perché re­sponsabile dell’attenzione, del ragiona­mento e della pianificazione. Viceversa, si attivano altre aree più profonde del cervello, preposte alla regolazione delle emozioni e responsabili di sensazioni le­gate al piacere e al benessere”.

Infine, all’università è chiesto d’impegnarsi sulla formazione delle competenze per la transizione ecologica per le aziende nel territorio e di continuare gli eventi d’informazione per la cittadinanza.

 

di Francesco Scomazzon

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