Masako Katsura regina del biliardo? Sì, ma questa è una storia vera

Il 7 marzo scorso Google Doodle ha ricordato la prima campionessa internazionale di biliardo

Avete presente La regina degli scacchi – in inglese The queen’s gambit la serie tv firmata Netflix? Beth Harmon è una bambina prodigio che incarna il sogno americano e negli anni ’60 ottiene il titolo mondiale, primato che gli americani ottengono contro gli imbattibili sovietici e per di più grazie a una donna. Un personaggio certamente affascinante, ma frutto della fantasia della penna di Walter Tevis, autore dell’omonimo romanzo pubblicato nel 1983. Ecco oggi invece raccontiamo la vera storia di un’altra ‘regina’ indiscussa: Masako Katsura, prima donna a guadagnare fama internazionale nel gioco del biliardo.

Chi era Masako Katsura

Nata a Tokyo nel 1913 e rimasta presto orfana dei genitori, Katsura venne cresciuta dalla sorella. Impugnò la prima stecca da biliardo grazie al cognato che aveva una sala giochi e a 15 anni vinse il campionato femminile giapponese di una variante della carambola. A 19 anni cominciò a gareggiare nei tornei maschili e negli anni ’40 era ormai una giocatrice professionista affermata. Un decennio dopo conobbe ad un’esibizione il suo futuro marito, un soldato statunitense, con il quale decise di trasferirsi negli Stati Uniti. Qui il suo talento venne notato dall’allora detentore del titolo mondiale Welker Cochran che premette affinchè partecipasse al campionato di carambola. Ma in cosa consiste questa specialità? E com’è nato questo gioco?

Giusto un paio di regole…

Il biliardo si gioca su un campo rettangolare delimitato da 4 sponde con proporzione 2:1 e costituito di lastre di ardesia, mentre la superficie è rivestita da un panno morbido colorato, generalmente verde. La forma più nota ha sul piano 6 buche, 4 agli angoli e 2 al centro delle sponde lunghe. Il gioco consiste nel fare scontrare delle palle d’avorio o resina, le biglie, con una stecca che ha nella parte terminale un girello di cuoio che consente di imprimere un movimento di rotazione e spingere in modo da centrare le buche.

Una forma antica di biliardo in Europa è quella importata dai crociati tra i secoli XII e XIV dal Medio Oriente, dove sarebbe stata introdotta molto prima grazie agli scambi commerciali con la Cina. Tante ipotesi poi vedono la disciplina come l’evoluzione di varianti di altri giochi, come la gugola, la pallacorda, il volano o la pallamaglio.

Masako Katsura con campioni connazionali

In ogni caso, il biliardo è il diretto discendente di un’attività che doveva svolgersi all’aperto su un prato perimetrato con supporti di legno e che vedeva l’utilizzo di un bastone ricurvo. Il perfezionamento sotto forma di tavolo con copertura verde in tessuto, con tanto di stecche dritte e biglie in avorio, è una conseguenza del fatto che nei mesi invernali bisognava trovare un’alternativa che simulasse il gioco all’aperto. La fortuna del biliardo sul tavolo rialzato si attesta principalmente dal XV secolo, ma grazie alle tratte commerciali nel Nuovo Mondo e in Asia il gioco si diffuse ovunque.

Dalla metà del XIX secolo una specialità che vide tantissimi campioni statunitensi fu proprio quella della carambola. Questa si gioca su un tavolo senza buche con due palle bianche e una rossa. Con la propria palla bianca bisogna colpire quella rossa e quella avversaria: si fa carambola quando si toccano le due in base a precise regole a seconda della variante.

La first lady del biliardo

Ebbene, proprio il 7 marzo 1952 Masako Katsura partecipò al campionato mondiale di carambola sfidando i più grandi del  momento e piazzandosi al settimo posto. Data storica per la disciplina e per l’emancipazione femminile: la giocatrice giapponese diventò una star internazionale, tanto da guadagnarsi l’appellativo di first lady del biliardo.  

Come la fittizia Beth Harmon de La regina degli scacchi, Katsura dovette scontrarsi con una realtà a prevalenza maschile colma di stereotipi e pregiudizi, nei primi e fragilissimi anni della Guerra Fredda. La sua fama internazionale si consolidò nemmeno un decennio dopo lo sgancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Il Giappone uscì distrutto dal conflitto,  ma la possibilità della ripresa gli venne offerta dalla guerra di Corea (1950-1953), poiché il Paese del Sol Levante fu il primo fornitore di approvvigionamenti nelle operazioni militari degli Stati Uniti. Inoltre, ciò che stava avvenendo in Cina – nel 1949 il comunista Mao Zedong proclamò la nascita della Repubblica Popolare Cinese – fece sì che gli americani guardassero benevolmente ad un’intesa con il Giappone.

Dal profilo Facebook di Billie Billing

Questi eventi favorirono l’ascesa di Masako Katsura negli Stati Uniti, anche se certamente la giocatrice giapponese aveva doti straordinarie. È anche vero che un’altra donna prima di lei aveva dato filo da torcere agli uomini nei tornei: Ruth McGinnis. La campionessa statunitense nel 1948 era riuscita a partecipare al torneo mondiale – primato femminile assoluto nel gioco del biliardo – di pool continuo, una variante del pool specialità tipicamente americana che prevede un piano a buche larghe e l’utilizzo di 16 biglie.

Se è vero che Ruth segnò con il suo talento l’ingresso femminile nel mondo del biliardo in un modo assolutamente pioneristico, fu proprio Masako Katsura ad attirare l’attenzione del mondo sulla partecipazione di una donna a match maschili internazionali. “Era una semplice sbandata, alta un metro e mezzo e pesante 43 kg. Ma che giocatrice fenomenale”, così la definì Welker Cochran dopo che l’ebbe conosciuta.

Masako Katsura e Harold Worst

Dopo una sconfitta contro l’allora detentore del titolo Harold Worst, Katsura fuggì i riflettori per un po’, per fare una breve comparsa a sorpresa al Palace Billiards di San Francisco nel 1976. Dopo quegli ultimi sonori applausi, uscì definitivamente di scena e negli anni ’90 si ritirò in Giappone, dove si spense all’età di 82 anni. Qui, nel 2002 si è tenuto un torneo in suo onore dal titolo Katsura Memorial: The First Ladies Three Cushion Grandprix  poi andato in onda su SKY PerfecTV!.

 

di Maria Grazia Gentili

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