Cent’anni del grande Nino Manfredi

Un ricordo dell'attore, comico e regista tutt'ora simbolo intramontabile della commedia italiana

Il 22 marzo è stato il centenario della nascita di Nino Manfredi, attore, regista, sceneggiatore, comico, cantante e doppiatore italiano, venuto a mancare il 4 giugno del 2004, dopo aver passato quasi un anno in coma per emorragia cerebrale. Saturnino Manfredi all’anagrafe, nacque a Castro dei Volsci, in provincia di Terra di Lavoro – attuale provincia di Frosinone – il 22 marzo 1921. Primogenito dei due figli di Romeo Manfredi e Antonina Perfili, provenienti entrambi da famiglie contadine, crebbe e passò l’infanzia con il fratello minore Dante a Roma, dove il padre fu maresciallo.

Nel 1937 si ammalò gravemente di tubercolosi e fu costretto a rimanere in sanatorio, dove imparò a suonare il banjo. Dopo un’esibizione della compagnia teatrale di Vittorio De Sica, avvenuta nello stesso sanatorio, iniziò ad appassionarsi alla recitazione. Per accontentare la famiglia si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza nel 1941, ma già nello stesso anno dimostrò interesse per il palcoscenico, esordendo come attore e presentatore nel piccolo teatro della parrocchia della Natività.

Dopo l’8 settembre 1943, per evitare l’arruolamento, si rifugiò per un anno con il fratello in montagna, per poi rientrare a Roma e riprendere gli studi, laureandosi nel 1945. Contemporaneamente, si iscrisse all’Accademia nazionale d’arte drammatica e si diplomò nel 1947; lo stesso autunno esordì al Teatro Piccolo di Roma, nella compagnia Maltagliati-Gassman e sotto la direzione di Orazio Costa, suo maestro. Successivamente si spostò alla scuola del Piccolo Teatro di Milano con Giorgio Strehler, esperienza che ebbe vita breve, dato che nel 1951 Nino lo lasciò con la battuta: “Aho, ma qui nun se ride mai”. Tornato a Roma nel 1952, durante le prove con Paolo Panelli e Bice Valori, venne preso da parte dal grande Eduardo De Filippo, attore e regista, che gli disse:” Tu puoi essere il mio erede”. Da lì, tutti si resero conto del talento e delle potenzialità di Manfredi.

Mezzo secolo di Nino Manfredi

Gli anni ’50 furono fondamentali per la sua vita, che lo videro esordire al cinema con il film Lo Scapolo, di Antonio Pietrangeli e con Gli Innamorati di Mauro Bolognini. Ma il 1955 fu l’anno più importante, perché sposò la sua compagna di vita, Erminia Ferrari, dalla quale avrà tre figli: il regista Luca, Roberta e Giovanna. Luca lo ha omaggiato con il film-documentario Uno, Nessuno, Cento Nino, scritto e diretto da lui, andato in onda su Rai Due il 22 marzo.

“Papà per tanti anni non è stato un padre presente. E quando c’era, era molto severo con noi figli” commenta Luca. Creato in passato in occasione degli ottant’anni del padre, la pellicola presenta filmati privati ed interviste di repertorio risalenti anche agli anni ’50, oltre che spezzoni di film e lavori teatrali. Un affresco di vita che vede Nino Manfredi non solo come artista, ma anche come marito, padre e nonno, continuamente in conflitto con le sue fragilità e i suoi difetti. Il docu-film è stato arricchito dalle attestazioni di stima e affetto di Massimo Wertmuller, Walter Veltroni, Lino Banfi, Johnny Dorelli, Nancy Brilli, Elio Germano, Enrico Brignano, Massimo Brighi ed Edoardo Leo.

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“Era tanta gente, non era solo Nino. Era gente” commenta la moglie Erminia nel film, sottolineando come l’arte del teatro e del cinema fosse una parte fondamentale della sua vita. Durante la sua carriera infatti Nino ha interpretato ruoli di tutti i tipi, dal dongiovanni di paese in Tempo di Villeggiatura nel 1956, al gangster dilettante in Susanna tutta Panna nel 1957, al ruolo di Geppetto nel Pinocchio del 1971 di Luigi Comencini.

“Ho lavorato con Nino solo una volta ma resta un’esperienza indimenticabile – commenta Gina Lollobrigida – Devo in gran parte a lui se l’avventura di Pinocchio è rimasta così piacevole nei miei ricordi, non era facile quel set, c’erano un po’ di tensioni ma lui con la sua grande bravura rese tutto più facile. E’ stato in quel momento che l’ho ammirato e rispettato, ho capito che era il compagno di lavoro ideale. Nino, come i grandi attori, resta nella memoria e nel ricordo per i suoi film che vedremo ancora. Uno come lui non muore mai”.

L’attore ottenne anche importanti premi, ricevendo il Nastro d’argento come miglior attore protagonista in Questa volta parliamo di Uomini nel 1965, due Nastri d’argento in Per Grazia Ricevuta nel 1970, che lo vide nei panni di regista. Nel 1999 è stato uno dei protagonisti di Meglio tardi che mai, film tv diretto dal figlio Luca, con il quale aveva già lavorato a decine di spot pubblicitari. “Era pirandelliano, uno e centomila, in scena e nella vita” commenta Luca. Nino Manfredi è stato uno dei più grandi attori della commedia italiana, quella spensierata e di compagnia che ritraeva le persone nel periodo successivo al boom economico e anche se non è stato il migliore dei padri, come dice il figlio Luca, rimarrà per sempre nella storia, permettendoci di vederlo e rivederlo nei film che ha fatto.

Quando morì, Dino Risi disse: “Lo chiamavano l’orologiaio, perché era davvero pignolissimo nel suo lavoro, un cesellatore, ma anche per questo riusciva poi a dare nelle sue interpretazioni risultati straordinari. Era molto attaccato al suo lavoro, come era innamorato della sua famiglia. Era l’ultimo dei moschettieri e insieme a Sordi rappresentava Roma e la romanità”. La sindaca di Roma Virginia Raggi, che ha voluto celebrare l’anniversario ai Musei Capitolini, commenta:”Ha dato tanto a Roma e i romani lo amano ancora tanto”. La malinconia e la tristezza accolgono quelli che lo amavano e le persone legate a tutta quella generazione di attori che sono ormai scomparsi, come Gigi Proietti. Forse il loro ricordo aiuterà quelli che rimangono.

 

di Lorenzo Barizza

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