How to Get Away with Murder: le ‘regole’ per un buon rewatch

Una professoressa di diritto penale, cinque studenti e un'intricata rete di omicidi: è davvero possibile farla franca?

da Medium.com

Andata in onda sulla ABC dal 25 Settembre 2014 e conclusasi il 14 Maggio 2020, “How to get away with Murder” – in italiano “Le regole del delitto perfetto” – può dirsi una delle migliori serie tv degli ultimi anni. Creata da Peter Nowalk e prodotta dal genio di Shonda Rhimes – a lei si devono anche Grey’s Anatomy e Scandal – la serie si incentra sulle vicissitudini di Annalise Keating, avvocato e docente di diritto penale alla Middleton University, e dei suoi collaboratori che, nel corso delle puntate, verranno affiancati da un gruppo di giovani studenti denominati i ‘Keating Five’.

Parola d’ordine: coerenza

La struttura ad anello che caratterizza la serie tv, oltre a mantenere alto l’interesse del pubblico, fa sì che ogni azione e ogni avvenimento non siano lasciati al caso. L’enfatica narrazione prende avvio con un primo piano di Wes Gibbins che, con la sua immancabile bicicletta, si reca all’Università per il suo primo giorno da studente e si concluderà con il figlio di Wes che, allo stesso modo, si recherà alla Middleton per il suo primo giorno da professore.

Un intreccio, dunque, basato prevalentemente sullo spannung – ossia il momento di massima tensione – che si scioglierà solamente nel finale, da molti fan definito perfetto e coerente. A ogni personaggio spetterà un epilogo che rispecchi la somma delle azioni compiute nel corso delle stagioni. Ad esempio, Michaela Pratt – ambiziosa e brillante studentessa pronta a sacrificare tutto per raggiungere i suoi obiettivi – perverrà al successo tanto desiderato, ma perderà i contatti con quelli che un tempo considerava suoi amici. Connor Walsh e Oliver Hampton – separati dalla reclusione del primo – verranno visti insieme al funerale della Keating a testimoniare (parafrasando le famose parole di Italo Calvino) ‘come in mezzo all’inferno si possa trovare ciò che inferno non è’. Infine Christopher Castillo – frutto di un amore stroncato dalla malvagità altrui e notevolmente somigliante al padre Wes – concluderà la serie, scrivendo sulla lavagna della propria aula – dopo aver preso il posto della Keating – quel motto che accompagna la sigla di tutti gli episodi: “How To Get Away With Murder“.

L’interpretazione impareggiabile di Viola Davis

da Victo-Mochere.com

“Grazie Annalise per aver condiviso il tuo disordine, la tua forza e la tua intelligenza. Hai spalancato la porta e hai aiutato a ridefinire cosa significa essere neri. Cosa vuol dire essere una donna al comando. Grazie per la tua umanità. Impersonarti è stata l’esperienza di una vita. Con amore. Viola.”

Queste le parole di congedo di Viola Davis al personaggio che ha interpretato per sei stagioni e che, a sua volta, l’ha accompagnata per anni. Un ruolo, quello di Annalise Keating, che l’ha portata ad aggiudicarsi un Emmy nel 2015 come migliore attrice protagonista in una serie drammatica, diventando la prima attrice afroamericana ad ottenere il più importante riconoscimento in ambito televisivo e che, soprattutto, l’ha aiutata a crescere.

La bravura di Viola Davis? Aver interpretato magistralmente una donna in apparenza molto dissimile da lei. A tal punto che è praticamente impossibile immaginare un’altra attrice al suo posto.

La situazione più difficile da interpretare per la Davis? Come lei stessa ha dichiarato, la dipendenza di Annalise dall’alcool che, in linea con le sue velleità autodistruttive, l’ha messa a dura prova: “L’alcolismo. Il suo senso di autodistruzione. Il fatto che sia tossico per le persone e che distrugga tutto quello che trova sul cammino. Analizzare cosa ci sia dietro quel comportamento, questa è la sua prossima sfida, la più grande da affrontare. Capire da dove provenga il senso di vuoto che prova.”

La Davis ha parlato anche del carattere del personaggio che ha impersonato per 6 anni, soffermandosi sulla forza di Annalise e sul fatto che abbia finito col contagiarla, ricordandole:

“[…] Di non mettermi limiti, di non aver paura di nulla, di prendere una decisione e combattere per quella scelta. Questa è la cosa migliore che ho imparato da Annalise, che quando entra in tribunale diventa veramente se stessa e  non fa mai marcia indietro. Lo fa nella vita privata, ma mai in tribunale. Questo è un insegnamento molto importante per le donne, perché noi ci scusiamo sempre per quello che siamo e non diciamo mai grazie. Non siamo grate fino in fondo di quello che siamo.”

Un personaggio, dunque, che si fa simbolo di indipendenza e legittimazione dei diritti delle donne, in un mondo in cui – sfortunatamente – è ancora l’uomo a definire la figura femminile.

Inclusività…

da Cinezapping.com

La serie – oltre ad essere caratterizzata da un intreccio intenso – tocca con mano argomenti molto dibattuti  attualmente, quali la rivendicazione di equi diritti da parte delle persone di colore e, soprattutto, con la coppia formata da Oliver Hampton e Connor Walsh, punta i riflettori sulla comunità LGBTQ+ e sulle problematiche ad essa legate: sensibilizza il telespettatore – con la scoperta, da parte di Oliver, della sua sieropositività – sul problema concernente le malattie veneree. Nonostante note emittenti televisive italiane si siano opposte alla rappresentazione di alcuni di questi temi, la serie regala anche uno squarcio della vita in Pennsylvania, mostrando come molte persone, svantaggiate perché non ritenute ‘normali’ dai principali enti dello Stato, debbano affrontare numerose ingiustizie. Ad esempio, Nathaniel Lahey Sr. – uomo afroamericano – diverrà, nel corso della quarta stagione, il caso esemplare di Annalise nella sua class action presentata dinanzi alla Corte Suprema.

…e autenticità

da Hallofseries.com

Altro punto a favore della serie è il suo essere spietatamente vera: dalla difesa di persone – eticamente parlando – discutibili, all’omicidio premeditato per evitare ulteriori complicazioni. In un mondo in cui vige il meccanismo machiavellico – in cui vengono ammesse, ed esaltate, l’astuzia e la mancanza di scrupolo nei rapporti politici e sociali  tutto è lecito. A riprova di questo, c’è l’amicizia fra Connor e Michaela che, per quanto stabile e solida nel corso delle stagioni, verrà spezzata dall’insidiosa ambizione della ragazza che, alla fine della sesta stagione, firmerà un accordo vantaggioso con l’FBI per non finire in carcere, senza curarsi dell’amico che, coinvolto quanto lei, aveva assicurato, precedentemente, pari condizioni ad entrambi.

Infine, a dimostrazione del fatto che ogni regola viene confermata da un’eccezione, ci sono dei personaggi che – pur agendo in maniera eticamente non corretta – perseguono delle finalità lodevoli. É il caso di Bonnie e Frank che, seppur divincolandosi fra omicidi e ricatti, riescono sempre a salvare i ‘Keating Five‘ da situazioni intricate, al contempo proteggendo Annalise, dandole prova di grande lealtà e fedeltà.

Una serie brillante, quindi, che oltre a mantenere col fiato sospeso, fa capire quanto, a volte, la sovrapposizione del bene e del male possa essere perfetta.

Qualora si volesse fare il rewatch de Le regole del delitto perfetto, Netflix – la nota piattaforma d’intrattenimento statunitense – ha aggiunto il titolo al catalogo italiano qualche anno fa e inserito, lo scorso ottobre, anche la sesta stagione.

Di Carmen Stagnitti

 

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