Quanto vale una vita? Un anno dalla morte di George Floyd, ma la storia si ripete

Si torna a parlare di vite spezzate e di giustizia che non basta con la morte del tredicenne Adam Toledo e del ventenne Daunte Wright

george floyd

Foto AGI

Il 25 maggio 2020 moriva George Floyd. Ucciso dalle forze dell’ordine di Minneapolis dopo essere stato accusato di aver utilizzato una banconota da 20 dollari contraffatta per acquistare delle sigarette. L’ex agente colpevole della morte immobilizzò Floyd premendo il proprio ginocchio sul collo del cittadino senza permetterli di respirare per quasi 9 minuti. Da allora Black Lives Matter è il must che guida la lotta per la parità razziale in tutto il mondo. I quattro agenti coinvolti vennero arrestati, uno dei quali rilasciato poco dopo su cauzione.

E’ già passato quasi un anno dal triste accaduto. Ma la questione resta ancora al centro del dibattito politico e pubblico. E purtroppo la storia si ripete, un anno di manifestazioni e campagne di sensibilizzazione non bastano a cambiare un problema radicato.

Lo scorso 29 marzo a Chicago è stato ucciso da un poliziotto un ragazzo di 13 anni, Adam Toledo. Un filmato mostra come l’agente, Eric Stillman, 34 anni, gli spari in petto da una distanza ravvicinata. La polizia afferma che il ragazzo avesse una pistola, che effettivamente è stata poi ritrovata, ma al momento del colpo era disarmato e con le mani in alto. La tragedia è avvenuta intorno alle 2:30 del mattino, dopo che la polizia era stata attirata sul luogo dal rumore di alcuni spari.

In un video riportato da tutte le testate giornalistiche italiane negli ultimi giorni, si nota chiaramente come il ragazzo abbia le braccia alzate e sia disarmato una volta voltatosi verso l’agente. Inizialmente le autorità non avevano voluto rilasciare il video della sparatoria perché Adam era minorenne, poi però hanno cambiato idea. Anche il sindaco di Chicago aveva chiesto subito che venissero rese pubbliche le immagini delle bodycam degli agenti. Il sindacato della polizia di Chicago ha affermato che il filmato dimostrerà che la sparatoria era giustificata. L’agente ora è sospeso dal servizio in attesa di processo.

Notizia di questa settimana è anche la morte di Daunte Wright, ventenne afroamericano, a Brooklyn Center, cittadina a 15 km da Minneapolis. Stando alle ricostruzioni il ragazzo aveva un mandato di arresto pendente e avrebbe tentato di rientrare nel veicolo per un’ipotetica fuga mentre gli agenti cercavano di arrestarlo. Una poliziotta a quel punto, confondendo la pistola con il taser, avrebbe fatto fuoco. Il giovane è morto poco dopo schiantandosi con l’auto durante la fuga insieme alla sua ragazza, uscita illesa.

La poliziotta, definita un agente con ‘grande esperienza’, è stata sospesa in attesa dei risultati dell’inchiesta. Il capo della polizia Tim Gannon, ha parlato di ‘tragico errore’. Gli agenti, ha spiegato Gannon, devono tenere la pistola sul loro lato forte, e il Taser su quello debole: la poliziotta avrebbe preso la pistola per sbaglio e sparato un colpo, prima di rendersi conto del tragico errore. Ma l’uso della forza da parte di tre agenti, verso un ragazzo che risultato non essere un criminale e che comunque era disarmato, appare ancora una volta spropositato.

Foto agenzia AGI

Ma quanto può valere una vita?

Lo scorso marzo la famiglia di Floyd ha ottenuto 27 milioni di dollari di risarcimento dalla città di Minneapolis. Cifra record, una delle più alte accordate fino ad ora in caso di cattiva condotta della polizia. Il Consiglio comunale ha approvato all’unanimità il patteggiamento mentre la famiglia del quarantaseienne afroamericano si augurava che la giustizia riconoscesse la responsabilità degli agenti. Derek Chauvin, l’agente sotto processo per aver soffocato l’afroamericano, ha deciso di non testimoniare a propria difesa, invocando il quinto emendamento. La giuria però ha deciso il suo destino. La difesa dell’ex poliziotto ha persistito sul fatto che Floyd fosse sotto effetto di stupefacenti, ma l’autopsia ha dimostrato come egli sia morto per asfissia, non per overdose. Dopo due giorni di Camera di consiglio, il verdetto ha dichiarato la totale colpevolezza di Chauvin.

Il presidente USA, Joe Biden, ha dichiarato essere “un passo avanti contro il razzismo”. L’ex first lady Michelle Obama è stata più pragmatica: “Non basta un singolo verdetto, non ci possiamo fermare ora”.

Ma quanto costa una vita? Può mai esistere un prezzo adeguato? E come si decide il valore più o meno alto di uno o l’altro caso? Non può esistere un adeguato prezzo per la vita. E non può dirsi che il caso George Floyd abbia avuto giustizia. Il problema va molto oltre a quella che può essere la “giustizia” che anche nella migliore delle ipotesi viene applicata. Il problema del razzismo, della disparità, ha radici profonde, instaurate all’interno di molte società e civiltà: anche quelle che si dicono le più democratiche.

Perché la vita di qualcuno dovrebbe valere così poco da diventare oggetto opinabile ad un risarcimento economico? Perchè la vita di qualcuno può essere messa in pericolo dal colore della sua pelle? Numerosi avvenimenti di questo tipo si verificano negli Stati Uniti e in tutto il mondo. Non c’è fine alla banalità del male di cui si è parlato negli anni. I problemi nascono dal pregiudizio, dall’incapacità di comprensione, dal timore del diverso.

Il problema del razzismo è sempre esistito, ma ora più che mai arrivati nel 2021 va combattuto. Con i giusti modi e i giusti termini va affrontato. Partendo dall’attenzione alle parole che si utilizzano, per esempio. Senza scambiare una semplice affermazione fuori luogo per razzista, ma anche senza lasciarla passare come se nulla fosse. Perché in certi casi, il non soffermarsi a riflettere sul peso delle parole, porta a far sì che esse vengano ripetute fino a diventare normalità. Per sfociare talvolta in ragionamenti o idee concrete.

L’unione di cui tanto parliamo è l’unica via che ci può portare a vivere sereni, uniti, come fratelli, come esseri umani. Il resto non conta. La mia libertà finisce dove inizia la tua e viceversa. La mia vita vale quanto la tua. La mia persona vale quanto la tua. Siamo tutti diversi in quanto esseri umani e tutti uguali in quanto esseri umani. Sono tutti discorsi che nel 2021 dovrebbero essere sdoganati, ma a quanto non lo sono ancora.

E una storia su Instagram non basta a combattere il razzismo.

Dobbiamo educate i figli all’unione, alla condivisione, non al pregiudizio. L’educazione è un pilastro per far sì che cambi il tessuto sociale e che si apra ad un mondo in cui non ci sarà ne la necessità ne il desiderio di parlare delle persone in base al colore della loro pelle. Educare alla cultura del diverso. Solo così la morte di George Floyd potrà avere giustizia.

Ora che tutto il mondo sta puntando il dito contro questi omicidi, che siano un errore o meno delle forze dell’ordine, non si può più tornare indietro. Perchè la vita non può valere così poco. La storia, come detto, si è tuttavia ripetuta. Il tredicenne ucciso da un poliziotto di Chicago e il ventenne ucciso a Minneapolis riporta il discorso sul tavolo. Ma quanto vale la vita di una persona?

Ci sarà mai fine a questa domanda?

di Gianmarco Borettini

 

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