Il processo ai Chicago 7: un film imperdibile

La nuova opera di Aaron Sorkin è di grande qualità e più attuale di quanto si possa pensare

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Scritto e diretto dal premio Oscar Aaron Sorkin, il film tratto da una storia vera è stato distribuito globalmente su Netflix il 16 ottobre 2020. Nonostante non si sia aggiudicato nessuna statuetta, è stato uno dei principali protagonisti nella notte degli Oscar 2021 con ben sei nomination: miglior film, miglior montaggio, miglior sceneggiatura originale, miglior fotografia, miglior canzone (Hear my voice) e miglior attore non protagonista (Sacha Baron Cohen).

Uno dei processi più famosi degli Stati Uniti

Chicago, agosto 1968. Un gruppo di attivisti manifesta contro la guerra del Vietnam, in occasione della convention del Partito Democratico. Tra di loro troviamo: i due hippie, nonché co-fondatori del Partito Internazionale della Gioventù, Abbie Hoffman e Jerry Rubin; i membri del movimento Studenti per una Società Democratica Tom Hayden e Rennie Davis; l’obiettore di coscienza David Dellinger; gli attivisti Lee Weiner e John Froines e il co-fondatore delle Pantere Nere Bobby Seale. Durante la manifestazione avvengono vari scontri tra i partecipanti e la polizia; quest’ultima ricorre anche a manganelli e lacrimogeni. Le persone ferite ed arrestate sono tante. Alcuni mesi dopo questi avvenimenti, inizia il processo che vede come imputati gli otto uomini sopracitati (quando il caso di Seale verrà separato dal gruppo, saranno sette). Essi sono infatti ritenuti responsabili degli scontri avvenuti con le forze dell’ordine. Tale processo, come sostiene apertamente Abbie Hoffman, è di stampo chiaramente politico, poiché l’obiettivo è sbarazzarsi dei vari leader della sinistra radicale, accusandoli ingiustamente di cospirazione e incitamento alla sommossa.

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Un cast eccezionale

Proprio per l’interpretazione di Abbie Hoffman, il bravissimo Sacha Baron Cohen ha ottenuto la candidatura all’Oscar. Sue sono alcune delle frasi più profonde di tutto il film, che danno i brividi tanto sono toccanti. Degne di nota sono anche le performances di Jeremy Strong, nei panni di Jerry Rubin, e di Mark Rylance, in quelli dell’avvocato difensore William Kunstler. Avrebbe probabilmente meritato una nomination anche il qui magistrale Frank Langella, nei panni del detestabile giudice Julius Hoffman. Infine, il cast è ulteriormente arricchito da altri attori noti, come Eddie Redmayne e Joseph Gordon-Levitt.

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Razzismo e ingiustizie

Il co-fondatore delle Pantere Nere Bobby Seale (interpretato da Yahya Abdul-Mateen II)  è coinvolto nel processo pur non avendo nulla a che fare con gli altri sette imputati. Oltretutto, il giudice Hoffman è particolarmente ostile nei suoi confronti e non gli garantisce un’adeguata rappresentanza legale. Il suo avvocato, infatti, è assente per motivi di salute e a Seale viene negata l’opportunità di difendersi da sé. L’atteggiamento razzista nei confronti dell’attivista afroamericano fa inevitabilmente riflettere. La società dal 1968 al 2021 non è cambiata molto, in fondo: oggi il razzismo, purtroppo, esiste ancora e il bisogno di un movimento come Black Lives Matter lo dimostra. Sarà poi il procuratore dell’accusa Schultz (Gordon-Levitt) a far separare dai “Chicago 7” il caso di Seale, quando quest’ultimo arriva al punto di essere imbavagliato e legato a una sedia in aula. Anche agli altri imputati, tuttavia, non viene garantito un equo processo, poiché vengono ascoltate dalla giuria solo le testimonianze favorevoli all’accusa, screditando più volte la linea difensiva dell’avvocato Kunstler e del collega Weinglass (Ben Shenkman).

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Due ore e non sentirle

Questo film caratterizza bene i vari personaggi che compongono la vicenda, riuscendo inoltre a delineare sia i fatti avvenuti durante la manifestazione, sia nel corso del processo. Con un montaggio serrato, veniamo a sapere precisamente cos’è successo durante gli scontri, mentre gli imputati e i testimoni rievocano le vicende nell’aula del tribunale. Il processo ai Chicago 7 ci dimostra che, oltre a essere un grande sceneggiatore, Sorkin è anche un grande regista. I dialoghi tra i personaggi sono brillanti e i monologhi (soprattutto quelli pronunciati dal personaggio di Sacha Baron Cohen) sono spesso molto solenni. Le due ore e dieci di visione scorrono senza annoiare mai lo spettatore. In questo caso, dunque, chiunque possieda un account Netflix può fruire di un prodotto che difficilmente deluderà.

di Lorena Polizzotto

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