Il meglio e il peggio degli Oscar 2021

I premi più famosi del cinema tentano di risproporsi cercando la normalità, ma è davvero possibile?

© 2021 Academy of Motion Picture Arts and Sciences

Nonostante gli innumerevoli ostacoli e le complicazioni, anche quest’anno si è tenuta a Hollywood (e non solo) la Notte degli Oscar. La regola fondamentale è stata una: niente piattaforma Zoom. A differenza delle altre premiazioni – come i Golden Globes e i Grammy – i vincitori non hanno ricevuto la notizia della loro vittoria mentre si trovavano nelle proprie abitazioni. Al contrario, è stato elaborato un piano d’azione per permettere a tutti di partecipare fisicamente, in maniera sicura e nel rispetto del distanziamento sociale.

Ecco che allora la cerimonia si è svolta in diverse sedi: la principale è stata la Union Station – una stazione nel centro di Los Angeles, riadattata per l’occorrenza –, ma non sono mancati i collegamenti con il Dolby Theatre, storica ‘residenza’ degli Oscar, così come quelli via satellite per raggiungere i partecipanti, impossibilitati a spostarsi, in sedi designate di altre città, come Londra e Parigi. Inoltre, è stato possibile anche svolgere una versione ridotta del tradizionale red carpet, con un numero limitato di fotografi e giornalisti. Così, dopo i dovuti tamponi, è stato possibile rivedere (la maggior parte) delle star più attese, insieme in un ambiente comune, senza mascherina e pronte a godersi le premiazioni.

Union Station (Getty Images)

Sarà bastato tutto questo per tenere alta l’attenzione del pubblico e restituire il fascino della (per noi dall’altra parte dell’oceano) notte più lunga dell’anno?

Gli irrecuperabili: ritmo e coinvolgimento

Se c’è qualcuno che può aiutare gli spettatori nottambuli a mantenersi attivi, questo è solitamente il presentatore, che dev’essere carismatico e saper intrattenere. Tuttavia, negli anni ciò non si è sempre verificato e quest’anno si è deciso di cambiare: non un solo host principale, ma tanti interventi delle star. L’idea di per sé non è cattiva, ma a lungo andare, il tutto ha preso una piega molto seria e soprattutto monotona. La quasi totale assenza di momenti comici e l’impossibilità di intervallare con le esibizioni dal vivo dei cantanti in gara per la Miglior canzone – le loro performance registrate sono state mandate in onda durante il red carpet –, hanno terribilmente influito sull’andamento generale della cerimonia, rendendola alquanto noiosa.

In Memoriam: fotogramma di Chadwick Boseman.

Molto tempo è stato concesso ai discorsi di ringraziamento, viceversa non abbastanza per onorare le molte persone del settore scomparse negli ultimi 14 mesi (considerando che lo scorso anno gli Oscar si sono svolti a febbraio). Il video In Memoriam, a loro dedicato, non è stato il solito, dignitoso momento di raccoglimento, ma una pura carrellata di fotografie e nomi, talmente veloce da quasi non rendere possibile il riconoscimento di tutti i personaggi omaggiati.

I rimandati: le (mezze) gioie italiane

Quest’anno, forse più di qualsiasi altro, si è cercato davvero di dare spazio a tutti: sia uomini, che donne di molte nazionalità diverse. Basti pensare ai trionfi al femminile dell’inglese Emerald Fennell per la Miglior sceneggiatura originale (Una donna promettente) e della regista cinese Chloé Zhao (Nomadland).

Chloé Zhao (AFP)

E ancora: ci sono le vittorie del francese Florian Zeller nella categoria Miglior sceneggiatura non originale (The Father) e del montatore danese Mikkel E.G. Nielsen (Sound of Metal). Non sono mancati i rappresentanti anche per l’Italia. In primis, Laura Pausini con la sua Io sì (Seen), canzone per il film La vita davanti a sé e reduce dal trionfo ai Golden Globes. Ma significative sono anche le nomination ottenute da Pinocchio di Matteo Garrone, ennesima conferma delle eccellenze tecniche nostrane: quella ai Migliori costumi (Massimo Cantini Parrini) e quella per trucco e acconciature (Mark Coulier, Francesco Pegoretti e Dalia Colli). Ahimè, nel nostro caso le vittorie non sono arrivate, lasciando un po’ l’amaro in bocca, ma non vediamo l’ora di scoprire cosa ci riserverà il nostro cinema in futuro.

 

 

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Colpi di scena e conferme: i promossi a pieni voti

Parlando di Oscar, è inevitabile farsi una propria idea su chi dovrebbe vincere e ‘tifare’ per i propri preferiti. A volte chi si aggiudicherà un determinato premio è cosa nota già in partenza: ciò accade spesso per un attore che, vincendo altri riconoscimenti nell’arco della cosiddetta award season (la stagione dei premi), si presuppone vinca anche il più prestigioso di essi. Quest’anno ciò è valso per i due attori non protagonisti: l’inglese Daniel Kaluuya (Judas and the Black Messiah) e la sudcoreana Yoon Yeo-jeong (grandiosa in Minari), quest’ultima vera rivelazione della nottata. Il suo discorso di ringraziamento è subito diventato uno dei momenti migliori, con tanto di simpatico ‘siparietto’ tra lei e Brad Pitt (tra i produttori del film).

© 2021 Cable News Network

Altre volte, invece, la battaglia per la statuetta è combattuta fino alla fine: nella categoria Miglior attrice protagonista, quest’anno, quasi tutte le contendenti avevano vinto un premio. Per alcuni, è stata quindi una piacevole sorpresa veder trionfare la brava Frances McDormand, grazie al suo lavoro in Nomadland, che l’ha portata a vincere il suo terzo Oscar in carriera per la recitazione. E non è stato per lei l’unico della serata: in quanto produttrice della pellicola, ne ha vinto un altro quando essa – senza troppe sorprese – è stata proclamata vincitrice del premio al Miglior film. Tradizionalmente, questo premio è l’ultimo a essere assegnato, ma le cose sono andate diversamente ed è così che si è verificato il momento più clamoroso.

Nella categoria Miglior attore protagonista, il favorito indiscusso era Chadwick Boseman – il famoso protagonista di Black Panther, scomparso la scorsa estate e qui in gara per il suo ruolo in Ma Rainey’s Black Bottom. Si è pensato che la decisione di tenere questo premio per ultimo fosse dovuto dal desiderio di rendere omaggio all’attore prematuramente scomparso. Grande è stato dunque lo sgomento generale (soprattutto su Twitter) dopo la proclamazione del vincitore: Anthony Hopkins (The Father), che era assente al momento della proclamazione e ciò ha comportato la frettolosa chiusura della cerimonia. Tuttavia, un ultimo momento degno di nota è giunto in mattinata, quando lo stesso Hopkins, direttamente dal Galles, tramite un video-messaggio su Instagram, ha ringraziato (non senza stupore) per il premio ricevuto e onorato il ricordo di Chadwick Boseman. Una prova della grande classe del magistrale interprete britannico che, con i suoi 83 anni, è entrato nella storia degli Oscar come l’attore più anziano ad averne vinto uno.

 

 

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Nel complesso, nonostante alti e bassi, non si può non riconoscere la difficoltà di un’annata come questa: difficoltà che si è chiaramente manifestata in una cerimonia apparentemente simbolo di ciò che più lontano possa esserci dalla realtà quotidiana. Eppure, i premi cinematografici più prestigiosi, a loro modo, hanno confermato la condizione stagnante in cui vive oggi la Settima Arte stessa. Con la speranza di annate migliori – in tutti i sensi – non resta ora che seguire il consiglio di Frances McDormand: “Portate coloro che conoscete a vedere tutti i film premiati quest’anno. Tornate al cinema”.

di Federica Mastromonaco

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