L’esperienza Erasmus nel 2021: cosa è cambiato con il Covid-19

Come si vive l'Erasmus durante una pandemia globale? Sentiamo i diretti interessati

 

L’Erasmus è tra le esperienze che più segnano il percorso universitario di uno studente. Per imparare una lingua si deve infatti entrare in contatto con essa e con la cultura che la circonda. Per questo, il programma Erasmus è un’opportunità particolarmente preziosa per chi studia Lingue. Ma questi studenti come hanno affrontato l’Erasmus ai tempi del Covid-19?

Xhesara studia inglese, spagnolo e cinese e sta svolgendo l’Erasmus presso l’Università di Cardiff (Regno Unito). Il suo è un Erasmus virtuale, proprio a causa della pandemia che ha colpito tutto il mondo. Dal suo punto di vista, l’università è competente, seppur il metodo di studio sia completamente diverso da quello delle università italiane: i professori forniscono agli studenti i materiali in un periodo antecedente alla lezione tramite la piattaforma universitaria Blackboard e la lezione non è frontale, non vi è la presenza di un professore che spiega e di alunni che prendono appunti, ma è più simile ad un seminario in cui i professori commentano e pongono domande agli studenti. “A lezione siamo massimo una ventina di studenti, il che rende il tutto più piacevole ed interattivo. Chiunque può far sentire la propria voce”. Per quanto riguarda lo spagnolo, invece, non essendoci un corso sovrapponibile a Lingua e Traduzione Spagnola III, Xhesara ha dovuto frequentare un corso con madrelingua spagnoli.

“L’Erasmus svolto a distanza non può avere la stessa utilità dell’Erasmus in presenza, proprio perché vengono a mancare quelle caratteristiche che lo rendono un’esperienza unica”. Dunque, per quale motivo ha scelto di svolgerlo lo stesso e in questa modalità? Per questioni accademiche, anche se si augura di poterlo rifare in un futuro.

Anche Chiara, svolge l’Erasmus presso l’Università di Cardiff, in Galles. A suo parere, l’università è organizzata molto bene, anche se dal punto di vista burocratico è stato difficile per lei perché la documentazione da compilare è lunga e non di immediata interpretazione. Ad ogni modo, reputa i corsi di lingua molto interessanti ed interattivi ed è più semplice restare al passo con il programma. Inoltre, lo studio della lingua è proposto da un punto di vista più pratico. Chiara condivide lo stesso pensiero di Xhesara sul fatto che l’Erasmus con didattica a distanza non può essere comparato a quello in presenza. Anche se l’università ha fatto di tutto per far sentire gli studenti Erasmus a proprio agio, fornendo anche dei tutor per eventuali problemi o questioni.

C’è invece chi è tutt’ora all’estero.

Francesca, 22 anni, studia inglese, spagnolo e francese e ha scelto come meta per il suo Erasmus Saragoza (Spagna). Le lezioni nel caso del suo dipartimento sono in presenza al 100% o al 75%. Ciò le ha permesso di conoscere altri studenti Erasmus e non.

“Poter passare 5 mesi all’estero è sempre utile. Siamo costretti a rispettare alcune regole ma le opportunità per imparare nuove cose e conoscere nuove persone, ci sono in ogni caso” e non avrebbe accettato di fare questa esperienza da remoto. “La cosa che mi premeva di più era poter vivere in un altro Paese per immergermi in una nuova cultura, cosa che non avrei potuto fare dal computer di casa mia”. La situazione nella città aragonese è sempre stata abbastanza tranquilla: bar, ristoranti, palestre, cinema aperti, nel pieno rispetto delle norme anti-Covid. “Per quello che ho potuto notate io le persone del posto sono responsabili e rispettano  le norme, dai ragazzi più giovani ai più anziani (per esempio, tutti con la mascherina messa bene sopra al naso)”. Ciò è dovuto anche al fatto che ci sono molti controlli della polizia, sia di giorno che di notte.

La stessa situazione che ci racconta Alessia, che da febbraio si trova a Córdoba (Spagna) e tornerà alla fine di luglio. Lì le lezioni si sono svolte da remoto fino alla metà di marzo, per passare poi alla modalità mista a rotazione seguendo l’iniziale del cognome (1 settimana in presenza e 2 settimane da remoto). “Questa modalità mi ha dato la possibilità di tornare a lezione dopo più di un anno, facendomi risentire l’atmosfera universitaria che purtroppo manca da moltissimi mesi.” Inoltre, le lezioni in presenza le hanno dato l’opportunità di conoscere studenti spagnoli e altri studenti Erasmus, permettendole di scoprire aspetti della cultura spagnola e non. “Se non fossi partita probabilmente avrei accettato di svolgere il mio Erasmus a distanza perché penso che sarebbe potuta essere comunque una buona occasione, anche solo perché scoprire un sistema accademico diverso dal mio”. Alessia ci tiene a sottolineare che non si è in alcun modo pentita di esser partita e che non avrebbe rinunciato mai a questa esperienza. “La situazione qui in Spagna, o almeno in Andalucía, già dall’inizio è sempre stata sotto controllo. Ci sono state man mano variazioni sugli orari di apertura e di chiusura dei negozi, ma non abbiamo mai vissuto un lockdown vero e proprio.” L’Andalucía ha mantenuto chiuse le province da gennaio fino al 30 aprile, limitando di gran lunga gli spostamenti per ben 4 mesi e la gente del posto rispetta le regole.

Diversa invece la situazione che ci racconta Angelica, che al momento si trova a Zara (Croazia). Nonostante la situazione Covid sia migliore di quella italiana, con un minor numero di contagi e morti, i croati non sono attenti alle regole. “Quando sono arrivata il primo giorno per me era surreale vedere la gente camminare per la città senza mascherina. Le persone del posto non rispettano le regole: mascherine sotto il naso o sotto il mento anche nei locali al chiuso, nessuno si igienizza le mani prima di entrare”. Dato che le lezioni non sono in presenza, non ha potuto conoscere studenti croati. A parte questo, Angelica è contenta della sua scelta: “Nonostante la situazione Covid-19 questa esperienza sarà ugualmente utilissima. Ho comunque conosciuto tantissime persone di Paesi diversi. È un continuo scambio culturale“. Angelica consiglia questa esperienza a tutti gli studenti, di Lingue e non. Se lei non avesse avuto l’opportunità di partire, avrebbe partecipato lo stesso a distanza perché anche se non sarebbe stato ovviamente la stessa cosa, è sicura che la avrebbe fatta crescere sia personalmente che accademicamente.

Una cosa però accomuna tutte le impressioni di queste studentesse in Erasmus, in DAD o in presenza: l’Erasmus è un’esperienza da vivere appieno, che in ogni caso ti lascia qualcosa, ti fa crescere. E non si tratta solamente di una crescita dal punto di vista accademico, ma – e soprattutto- si tratta di una crescita personale. Intraprendere un nuovo percorso, partire e vivere in un altro Paese, conoscere nuove persone e le la loro cultura e interfacciarsi con loro, ti fa crescere e aprire la mente. E non sarà la pandemia a toglierci la voglia di crescere e imparare.

di Susanna Coppola e Simone Mazzella 

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