(In)giustizia per Giovanni Iannelli: la battaglia del padre Carlo

Il Gip d'Alessandria archivia il fascicolo per omicidio colposo ma la battaglia del padre non si ferma

Affrontare la perdita di un figlio è una delle prove più dure che la vita ti può mettere davanti. Perdere un figlio giovane, mentre fa ciò che lo appassiona e lo diverte, è la cosa peggiore; e se a dare giustizia a questa morte, poi, non c’è nessuno, superare il lutto diventa una battaglia.

A combatterla c’è Carlo Iannelli, papà di Giovanni, il ragazzo di 22 anni morto il 5 ottobre del 2019 mentre inseguiva il suo sogno: diventare ciclista professionista. L’incidente fatale risale a una gara ciclistica dilettantistica in provincia di Alessandria, l’87° edizione del “Circuito Molinese”, una corsa come tante altre che si stava avviando alla conclusione con un arrivo in volata. A meno di 200 metri dalla fine, con il gruppo lanciato a tutta velocità tra le stradine del centro di Molino dei Torti, accade la disgrazia: un contatto tra alcuni corridori e Giovanni cade dalla bicicletta andando a sbattere contro il pilastro di cemento di una casa. L’impatto è violentissimo e il casco non è sufficiente a salvargli la vita.

Una terribile fatalità, “un rischio prevedibile di uno sport come il ciclismo” si legge nei verbali con i quali il gip di Alessandria ha disposto l’archiviazione preliminare del processo. Ciò che non dà pace, però, è un particolare che fa tutta la differenza del mondo: da regolamento la zona del traguardo – almeno gli ultimi 200 metri – deve essere transennata per attutire possibili cadute, abbastanza frequenti negli arrivi di questo tipo. Queste transenne non erano presenti quel giorno all’altezza del civico 45 di Via Roma, come si può anche vedere dai video amatoriali che immortalano quei terribili attimi . Le transenne sono posizionate soltanto negli ultimi 40 metri della gara.

Carlo Iannelli: “Fin dall’inizio si è cercato di insabbiare tutto”

A sollevare per primo i dubbi sulla mal gestione della gara c’è il papà della vittima. Iannelli, avvocato e con una vita passata all’interno del mondo del ciclismo (compresi 9 anni come giudice alla Federazione Ciclistica Italiana), accusa di irregolarità e negligenza gli organizzatori della corsa, ma il verbale di archiviazione della gara riporta un “nulla da segnalare“.

Mentre un ragazzo di 22 anni lotta in ospedale tra la vita e la morte, a seguito di un incidente di gara, non c’è nulla da segnalare, affinché si possano effettuare le dovute verifiche.

Carlo, papà di Giovanni, ricorda i momenti successivi all’incidente: “I carabinieri quel giorno arrivano qualche minuto prima della fine della corsa, e dunque prima dell’incidente, ma non fanno sostanzialmente nulla: redigono un verbale, non fanno una fotografia, neppure con un cellulare, non fanno nessun rilievo stradale o altro, non sentono nessuno delle decine di testimoni presenti; dopo un’ora e quarantacinque sul posto sentono solamente una componente del collegio di giuria, la quale fa tutta una serie di dichiarazioni clamorosamente smentite e contraddette da filmati, fotografie, testimonianze, perizie ed altro. Il pubblico ministero, che dovrebbe recarsi sul posto per iniziare le indagini, non si vede”.

Inizia così quello che Carlo Iannelli definisce “tentativo di insabbiamento e di coprire le negligenze da parte degli organizzatori”. Le responsabilità, però, sembrano evidenti e infatti nella prima sentenza emessa dalla Corte Sportiva di Appello della FCI del 3 marzo 2020 vengono comminate le sanzioni massime previste dall’ordinamento sportivo ai danni della società organizzatrice della gara, per due gravi irregolarità: mancata transennatura della parte conclusiva del tracciato di gara e eccessiva pericolosità del rettilineo d’arrivo.

Successivamente, nella seconda sentenza, emessa questa volta dal Tribunale Federale della FCI, viene accolta la richiesta di patteggiamento avanzata dai soggetti deferiti – il presidente Ennio Ferrari, il Direttore di corsa Danilo Massocchi e il Vice direttore di corsa Francesco Dottore – condannandoli a otto mesi di inibizione con un’ammenda di 1.000 euro per la Società organizzatrice. Sentenza che il padre Carlo definisce: “Assolutamente non soddisfacente”.

🚵 Mai più è il racconto della tragica storia del giovane corridore pratese Giovanni #Iannelli, che nell’ottobre 2019 ha…

Pubblicato da RaiSport su Martedì 9 febbraio 2021

 

Se – come decretato dal Tribunale Federale – queste colpe sono state riscontrate, per quale motivo non ci sono gli estremi per arrivare almeno a un processo? “Il mio unico obiettivo è quello di arrivare a far disputare un processo, con un adeguato contradditorio, – spiega Carlo Iannelli – perché penso che sia l’unico modo per accertare le responsabilità. Non mi fermerò certamente all’archiviazione da parte di un giudice, andrò anche davanti alla Corte Europea se serve”.

Il Gip di Alessandria intanto, nel marzo del 2021, ha accolto la richiesta del pubblico ministero di archiviare il caso relativo alla tragica morte di Giovanni Iannelli. 

Le motivazioni ufficiali del Gip di Alessandria, riportate da diversi giornali, asseriscono che i pilastri di cemento o la mancata transennatura non siano elementi di rischio sufficienti. “È provato che l’evento sia stato determinato da uno scontro tra ciclisti tale da determinare lo sbilanciamento del giovane – scrive il Gip – i pilastri di sostegno del cancello carraio al civico 45 di via Roma a Molino dei Torti costituiscono un ostacolo che non presenta un rischio anormale per la sicurezza dei corridori. Un rischio ordinariamente assunto da tutti coloro che intraprendano tale sport, che per definizione è pericoloso, proprio in ragione del fatto che non si svolge su circuiti ma si snoda su strada attraverso luoghi antropizzati”.

A essere inizialmente indagati per omicidio colposo erano Ennio Ferrari, presidente del Gs Bassa Valle Scrivia che ha organizzato la competizione, Danilo Massocchi e Francesco Dottore, rispettivamente direttore e vicedirettore di corsa.

“Pronto a combattere fino alla fine”

Ma la morte di un figlio, per un genitore, non si può archiviare così. Di chi sarebbe la responsabilità? Secondo Carlo Iannelli le personalità ‘importanti’ coinvolte nella vicenda vanno cercate nella società organizzatrice, ma anche nei rappresentanti delle amministrazioni pubbliche coinvolte nella gara. In particolare “ci sarebbe l’attuale sindaco di Alzano Scrivia, responsabile supervisore dell’installazione delle transenne quel giorno”.

Il papà di Giovanni riferisce inoltre che “il pubblico ministero di Alessandria, mentre indaga su potenziali responsabilità ascrivibili a componenti della FCI, nomina suo consulente un esponente apicale proprio della FCI, che presiede il ruolo di responsabile della commissione nazionale direttori di corsa e sicurezza proprio per la FCI. A mio parere è evidente un conflitto di interessi”. Oltre ai singoli e alla società organizzatrice viene coinvolta anche l’intera Federazione Ciclistica Italiana, ai suoi massimi livelli.

Ma papà Carlo è intenzionato a non lasciare la presa e si è detto “pronto a combattere fino alla fine, in ogni modo, per ottenere giustizia per mio figlio e per evitare che simili situazioni si verifichino ancora”.

Dal profilo facebook “Giustizia per Giovanni Iannelli”

Per perseguire questo obiettivo  sta facendo tutto il possibile, come raccogliere perizie da parte di direttori di gara, ex ciclisti o personaggi influenti che gravitano nel mondo ciclistico. Alcuni di loro si sono espressi a sostegno della causa, tra cui il campionissimo italiano Vincenzo Nibali: “Il mio pensiero è racchiuso in una semplice frase detta nel mio gergo! Mettetele queste minchia di transenne, a pagarne maledettamente le conseguenze alla fine siamo solo noi e le nostre famiglie”.

L’impegno di Carlo Iannelli però non si ferma, nonostante le battute d’arresto subite nell’ambito giudiziario: “In questo anno e mezzo io ho scritto a tutti, veramente a tutti, dal Papa in giù. Ho interessato le più alte cariche dello Stato, dal comandante generale dell’arma dei carabinieri al consiglio superiore della magistratura, al Ministero della Giustizia; sono state presentate due interrogazioni parlamentari al Senato della Repubblica su questa vicenda. Sono stato persino dal Presidente della Repubblica”.

Resta in corso tuttavia il processo civile per la richiesta di risarcimento da oltre un milione e mezzo di euro, ma i tempi sono piuttosto lunghi: la prossima udienza è fissata per il 1° febbraio 2022.

Intanto il ricordo di Giovanni resta vivo a Prato, dove è nato. Un murales raffigurate il giovane è sorto a Carmignano, alle porte del paese, grazie all’artista Gnob.  L’opera vuole essere anche un memore ben visibile per porre l’attenzione sulla sicurezza nello sport.

di Pierandrea Usai

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