Red Bull 64 Bars: il format infuocato del rap

64 barre di paura arrivano all'orecchio di chi ascolta Hip-Hop

Dal sito ufficiale di Red Bull

Il 28 maggio è uscito il primo album ufficiale di “Red Bull 64 Bars”, l’iconico format che nasce dall’incontro di un rapper e un producer con lo scopo di creare insieme 64 barre di fuoco. Progetto nato da qualche anno in una realtà meno strutturata. Gli artisti venivano chiamati in studio singolarmente e si mettevano alla prova sopra una base, dopo aver scritto circa 64 barre. A distanza di qualche anno, nasce un vero e proprio album, per la realizzazione del quale, Red Bull si è appoggiata ad Esse Magazine (nome della rivista appartenente all’etichetta Sto Records). Per la prima volta, sono state unite in un progetto 10 tracce inedite e 4 best of, il tutto sponsorizzato dal famoso marchio.

Libertà di espressione e barre potenti

Il prodotto finale racchiude diversi rapper e non, ciascuno con la propria voglia di mettersi in mostra. Essendo tutti freestyle, o comunque pezzi privi di una struttura obbligatoria, ogni protagonista si è sentito libero di dire quello che voleva, senza vincoli di stesura, ritornelli, tematiche, ma con la totale libertà artistica.

Il risultato? Una bomba.

All’interno dell’album possiamo trovare: Marracash, Guè Pequeno, Beba, Geolier, Blanco, Pyrex, Ernia, Rkomi, Carl Brave, Gemitaiz, Izi, Sina e Lazza, accompagnati dalle produzioni di alcuni tra i migliori beatmaker italiani da Dat Boi Dee a Greg Willen, da Junior K a Low Kidd.

Ciò che rende l’ascolto più libero è il fatto che il progetto sia esterno a quello che è il mondo discografico dei numeri. Essendo un format a sé stante è più propenso a intrattenere, senza la pretesa che venga notato ogni dettaglio come quando si ascolta l’album di un singolo artista. É evidente che la maggior parte dei brani sia improntata verso l’egotrip: proprio la possibilità di utilizzare una scrittura più libera ha portato alla nascita di prodotti variegati e, spesso, potentemente egocentrici.

fonte Facebook

Tutti gli amanti del genere rap non possono non apprezzare questo format, caratterizzato da grandi spaziature di beats e rappers e, allo stesso tempo, da un’unità di intenti: la libera espressione dell’artista a 360 gradi. Il progetto è come una ciliegina sulla torta, in quanto ci permette di ascoltare qualcosa di esterno agli album dei singoli artisti e, appunto per questo, risulta più libero dai preconcetti di chi lo produce.

La parola d’ordine era spaccare e tutti l’hanno presa alla lettera.

Brano dopo brano, si può sentire come ogni cantante si sia permesso di togliersi qualche sassolino dalla scarpa o di ricercare qualcosa di particolare rispetto ai propri standard.

Una sana rivalità ha permesso a ogni brano di arricchirsi della voglia degli artisti di superarsi, senza pensare a quelli che potevano essere i risultati da ottenere.

Ernia ha spaccato con Lewandovsky VIII, però il premio 64 bars va a King Marracash, l’unico ad avere fatto due brani, uno dei quali per la colonna sonora della serie Netflix “Zero”. Guè in Venezuela regala immense gioie. Beba, unica rapper donna, mangia in testa a molti: ottimo il testo, in cui dimostra per l’ennesima volta un super flow e grande capacità di scrittura (mettendo il punto esclamativo sul fatto di essere la vera apripista del genere). Big up per Sina: l’unico poco conosciuto tra i presenti, che si è meritato questa grande possibilità e l’ha sfruttata al massimo.

Un prodotto finale davvero di alta qualità, ottimo sia per sonorità e flow, che per i testi. Complimenti.

di Gianmarco Borettini

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