Transizione energetica: l’Italia rischia di non arrivare in tempo

Al Bel Paese serve una forte accelerata se vuole raggiungere gli alti obiettivi che si è posta nel Pnrr. Per l'UE entro il 2030 il 40% dell'energia prodotta deve essere 'pulita', oggi in Italia siamo al 30%. A mettere a rischio l'intera operazione, ancora una volta, c'è la lentezza autorizzativa

L’Italia ha aderito a diverse proposte sulle energie rinnovabili, tra cui i progetti europei per l’ambiente che mirano a rendere l’Ue il primo continente al mondo con zero missioni di CO₂ entro il 2050. Il Governo italiano ha proposto all’Unione Europea il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in cui è trattata anche la questione della transizione ecologica. Il Piano in questo settore ha quattro obiettivi: 1) Gestione dei rifiuti e della differenziata; 2) aumentare l’efficacia energetica dei palazzi pubblici e privati; 3) creare un’economia circolare; 4) aumentare e stabilizzare la protezione territoriale.

Fabio Gatti, docente di Energie rinnovabili, benefici e impatti presso l’Università di Parma, fa il punto su come vengono organizzati questi tipi d’interventi, quello che l’Italia ha fatto in passato e se gli alti traguardi imposti siano realizzabili nel nostro Paese.

PNRR, la risposta del Governo italiano al Next Generation EU

Il PNRR propone diverse ‘missioni’ per rilanciare l’economia italiana dopo la crisi economica causata dal Covid-19: tra queste troviamo la rivoluzione verde e la transizione ecologica. Al suo interno, viene sottolineato come dal 1880 ad oggi ci sia stato un incremento di 1,1 ̊ C e ciò stia causando gravi problemi ambientali come l’acidificazione degli oceani o l’aumento di eventi meteorologici estremi sempre più frequenti. Se il cambiamento climatico è oramai inevitabile, l’UE con i Sustainable Development Goals, gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e l’European Green Deal cercherà di ammortizzare questo sconvolgimento con il tentativo di azzerare le sue emissioni di CO₂ entro il 2050. Il mancato raggiungimento del traguardo entro l’anno 2.100 determinerà un aumento delle temperature di circa 3-4 ̊ C con conseguenze catastrofiche per il pianeta e per tutti gli esseri viventi che la abitano.

Per l’Italia questa è un’occasione molto importante. Possiede un patrimonio ecologico, agricolo e di biodiversità inestimabile, ci sono circa 5.000 specie animali autoctone del territorio. Questo patrimonio rappresenta un elemento di portata identitaria, culturale e storica. Tenendo conto delle sue specificità geografiche, geologiche e dei vari abusi ecologici perpetrati nel tempo, il Paese è a rischio. Date la mancanza di risorse tradizionali sul territorio come petrolio e gas naturale e l’abbondanza invece di risorse naturali, si potrebbe ricavare ad esempio nel Sud Italia il 30-40% in più di energia solare rispetto al resto d’Europa. La lentezza burocratica e autorizzativa delle infrastrutture italiane, tuttavia, ha causato un brusco rallentamento del progresso, bloccando lo sviluppo di impianti di energia rinnovabile.

Agenda ONU 2030 e transizione: “Compromessi, piuttosto che obiettivi categorici”

Il settimo obiettivo riguarda l’accessibilità e l’utilizzo di energie sostenibili, oltre a prevedere un aumento della cooperazione internazionale per facilitarne la ricerca e l’investimento, implementando le infrastrutture. Secondo il Rapporto Asvis di quest’anno, report del 2021, siamo sulla buona strada verso il  raggiungimento di questo obiettivo, grazie ad un abbassamento di circa il 10% verso il consumo energetico, ma non grazie all’installazione di nuovi infrastrutture di energia rinnovabile, la quale è al momento dieci volte meno rispetto all’obiettivo fissato dall’ONU. C’è stato però anche un miglioramento nell’efficienza energetica. “La prima fase della pianificazione delle energie rinnovabili – spiega Gatti –  è analizzare a livello nazionale i consumi e i fabbisogni energetici.” A questo segue un’analisi della distribuzione dei consumi delle risorse e il periodo in cui sono più utilizzate, determinando che tipo di energia usare e la posizione delle strutture, che influenzano i costi.

“Stando ai Dati Terna 2019/2020 – continua il docente – in Italia vengono consumate circa 300.000 Gigawatt/ore all’anno, di questi circa il 30%, circa 91.000 Gigawatt/ore, derivano da fonti rinnovabili.” Il nostro consumo elettrico supera di circa 30.000 Gigawatt/ore quello che riusciamo a produrre facendo sì che si richieda la restante energia necessaria ai paesi a noi confinanti. Ad oggi quindi solo il 30% dell’energia è prodotta in modo pulito. Ma l’Italia dal 2000 ha investito molto sul rinnovabile: nel 2001 con il Decreto Bersani che ha liberalizzato la produzione energetica ecosostenibile, nel 2003 col D.L. 387/2003 con cui è stata realizzata l’autorizzazione unica per facilitare la burocrazia, e infine nel 2007 con i grandi incentivi verso il fotovoltaico tali da abbassarne moltissimo i costi.

Limiti e prospettive

I principali limiti che rallentano l’Italia sotto questo punto di vista sono la burocrazia, che dovrebbe essere ottimizzata usando un metodo di analisi con dati comparabili in modo chiaro e preciso, e l’ostruzionismo che impedisce di costruire le infrastrutture per l’energia sostenibile, difficoltà che nasce anche dalla paura che si rovini il paesaggio o i monumenti.

Stando alla relazione riguardo il monitoraggio del PNRR presentato il 23 settembre, gli investimenti per la transizione ecologica sono ancora per la maggior parte in corso e non ancora conseguiti. L’obiettivo dell’Agenda 2030 ONU è a buon punto data la diffusione delle informazioni sull’energia sostenibile, mentre per quanto riguarda l’obiettivo europeo per il 2050 non sarà impossibile, ma ci vorrà ancora del tempo per saperlo.

Stando al report di Asvis, l’obiettivo per l’energia rinnovabile sta avendo un andamento positivo, dato l’aumento della percentuale di energia pulita rispetto al consumo energetico, questa tendenza positiva è continuata anche nel 2020 con un aumento di circa l’1,8%, rimediando alla tendenza dei due anni precedenti dove il miglioramento era dovuto alla diminuzione dei consumi e non ad un aumento dell’energia rinnovabile.

L’UE chiede che entro il 2030 il 40% dell’energia prodotta debba derivare dalle energie rinnovabili, queste sono al momento circa il 30% dell’energia prodotta in Italia: di questo 30%, il 17% è da fonti idrologiche, il 65% dall’energia termica, il 2% dall’energia geotermica, il 7% deriva dall’energia eolica ed infine l’9% dell’energia fotovoltaica.

Un +10% sembra facile da raggiungere, ma se si considera che i processi autorizzativi per la costruzione degli impianti ecosostenibili non sono certo celeri come dovrebbero, la strada verso la transizione energetica per l’Italia sembra tutta in salita. Come riporta La Repubblica, infatti, un impianto fotovoltaico impiega di media un tempo pari a un anno e mezzo per essere approvato, arrivando invece a cinque anni nel caso di impianti eolici. I tassi di successo dei procedimenti autorizzativi sono al momento troppo bassi rispetto a quello che sarebbe necessario al Paese per raggiungere gli obiettivi. 

 

di Davis Correnti e Maria Grazia Gentili

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