“Mamma vado all’estero!” Perché il 20% dei giovani in più va via

TRA VECCHIO E NUOVO CONTINENTE: LE OPPORTUNITA' DI LAVORO CHE L'ITALIA NON VEDE

aereoIl destino dei giovani italiani in cerca di lavoro è segnato nell’ultimo report dell’Istat ‘Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente’, in riferimento all’anno 2013. Secondo l’analisi, gli italiani che hanno deciso di fare le valigie e di partire all’estero sono 82 mila, andando così a segnare un aumento dell’emigrazione del 20,7%. Il numero più alto negli ultimi dieci anni, che vede come mete preferite quelle dell’Europa occidentale: il Regno Unito si conferma come la prima scelta per 13 mila italiani, seguito da Germania e Svizzera, rispettivamente con 11 mila e 10 mila italiani, mentre la vicina Francia ha accolto 8 mila connazionali. C’è però chi preferisce oltrepassare l’oceano fino ad arrivare agli Stati Uniti, in cui si registrano 5 mila emigrati italiani. La scelta di lasciare il nido di casa alla ricerca di un posto di lavoro riguarda una fascia d’età compresa tra i 20 e i 45 anni, per la maggior parte uomini (57,6%).

LONDRA, LA META PREFERITA DAGLI ITALIANI – Non c’è dubbio che la capitale della regina sia il primo pensiero di molti giovani italiani che, appena finiti gli studi, scelgono di lasciare tutto per ‘trovare subito lavoro’, e in molti casi funziona. “Guadagno di più di quanto possa pensare di guadagnare in Italia in questo momento”Elena ha 23 anni, vive a Londra dall’autunno 2011 e da quasi due lavora come agente di viaggi per una compagnia che possiede hotel, treni e crociere di lusso. Prima di arrivare qui, però, ha dovuto fare esperienza, lavorando per sei mesi come cameriera e poi in un ufficio prenotazioni per una piccola catena di ristoranti in cui cercavano “persone giovani e motivate con un buon uso della lingua. Da quando mi sono trasferita in Inghilterra -racconta- ho lavorato regolarmente, ho sempre avuto contratti a tempo indeterminato con malattia, pensione e ferie pagate“.
Stereostopic Technical Director è il lavoro che Francesco, 30 anni, svolge da cinque a Londra. Si occupa di ricercare e di sviluppare gli strumenti per la realizzazione dei film che si avvalgono della stereoscopia, conosciuti in modo inappropriato come film in 3D. “Trattandosi di film ad alto budget, come ‘Gravity’, ‘Harry Potter’ e ‘Star Wars’, le cui fasi di post produzione si svolgono in Inghilterra, Stati Uniti, Canada e India, spostarsi dall’Italia, da Parma, è stato necessario”, spiega. “L’industria cinematografica in Italia non ha i budget necessari per permettersi un uso massiccio di visual effects e computer graphics, nonostante ci siano artisti estremamente talentuosi con i quali ho avuto l’opportunità di lavorare…all’estero”. Poi arriva al punto della questione: “Agenzie senza scrupoli e senza soldi assumono persone incompetenti per poche lire: in Italia il lavoro di qualità non ha alcun rispetto, con tragiche conseguenze quando ci si affaccia sul panorama internazionale”.

Andrea a Dublino

Andrea a Dubino

DUBLINO, LA “SILICON VALLEY D’EUROPA” – Mentre la maggior parte dei giovani italiani pensa a Londra, altri si stanno muovendo verso nuove città, come Dublino. Non appena si è presentata l’occasione, Andrea, 26 anni, ha preso il primo aereo per la ‘Silicon Valley dell’Europa’. Dopo venti giorni e una serie di colloqui, Andrea è stato scelto da Amazon e ha raggiunto “un’ottima posizione con un ottimo salario ben più alto di quello che prendevo in Italia”. 
Eppure Andrea subito dopo la laurea aveva trovato lavoro in un’azienda informatica nel sud della Sardegna: “Avrei dovuto lavorare su un nuovo progetto internazionale – racconta -, il problema è che dopo un anno il progetto non era ancora partito e non sarebbe mai partito, e intanto io facevo un lavoro che non mi dava soddisfazione”. L’Irlanda, quindi, si è rivelata la scelta giusta: “Ho ricevuto 10 chiamate per posizioni interessanti tra cui Google, Amazon e Citrix”, spiega, e a Dublino ha scoperto una diversa mentalità: “Le lauree non contano quasi niente, le certificazioni professionali valgono più di qualunque altra cosa, se riconosciute a livello internazionale. In Italia ti propongono uno stipendio, in Irlanda lo proponi tu e nel caso si negozia. Qui è normale dire quanto vali in termini di stipendio”.

Debora Chicago

Debora a Chicago

IL SOGNO OLTREOCEANO: AMERICA E AUSTRALIA – Tra i giovani italiani in cerca di lavoro, però, c’è chi non si è accontentato di restare nella ‘cara vecchia Europa’ e ha scelto di viaggiare oltreoceano per raggiungere gli Stati Uniti e coronare il ‘sogno americano’. Così Debora, 25 anni, è partita per Chicago subito dopo gli studi superiori: “Mio padre viveva qui e io nel frattempo lavoravo come cameriera in un Comedy Club tre volte a settimana per cinque ore, guadagnando il giusto per permettermi uscite, vestiti e viaggi”. Dopo essersi trasferita alla De Paul University, ha trovato lavoro tramite una ricerca online e un colloquio istantaneo, come hostess di terra per la compagnia aerea ‘United’: “Guadagno circa 600 dollari ogni due settimane, lavoro part-time per poter continuare gli studi e viaggiare a costi bassissimi quando ho qualche settimana di tempo”. Il tempo in America, infatti, è un lusso che non ci si può permettere così facilmente: “Qui si lavora tanto e non si ha tempo per niente e nessuno”,  spiega. “Tutto gira attorno al lavoro e le ferie consistono in una settimana all’anno o due se sei fortunato, il problema è che si cade spesso in una trappola dove quasi vivi per lavorare. E per noi italiani penso che questo concetto sia un po’ difficile”.

Simone Sidney

Simone a Sidney

Ma se la nuova America si chiama Australia, che al 2013 accoglieva più di 20 mila italiani con un visto temporaneo, uno dei pionieri del ‘Nuovo Continente’ è Simone, 24 anni, partito da Parma lo scorso autunno: “Ho scelto l’Australia come tantissimi altri giovani perché è ricca di opportunità, vista come l’America nel secolo scorso”, spiega. “Qui è tutto più dinamico: ho la possibilità di conoscere gente proveniente da tutto il mondo, posso sperimentare lavori ogni giorno diversi“. L’esperienza in questa terra gli ha permesso di venire a contatto anche con una diffusa filosofia di vita: quella del ‘backpackers’, ovvero di un ‘nuovo’ modo di viaggiare indipendente e non organizzato, tipico di chi, zaino in spalla, è sempre pronto per nuove scoperte.
Alla domanda sul possibile rientro in Italia, Simone non ha dubbi: “Quest’esperienza la userò come rampa di lancio per poi tornare all’avventura in un altro Paese, l’Italia mi ospiterà solo il tempo necessario per salutare amici e parenti“.

NUOVI ORIZZONTI, LA CINA – “In Cina avere una faccia occidentale è una marcia in più da un punto di vista lavorativo” spiega Ludovica, 27 anni, docente di Lingua italiana all’Università Normale di Sichuan ormai da un anno. Dopo aver studiato cinese alla Sapienza di Roma, è andata alla ricerca di stage e tirocini ma dopo qualche mese è tornata in Sicilia “per provare a stare a ‘casa’ “, ma non è andata come previsto: “Stavo facendo altro – racconta – ma dopo aver incontrato in una conferenza il relatore della mia tesi ho capito che stavo solo perdendo tempo, oltre alla scioltezza linguistica per cui mi ero impegnata tanto. Ho capito che era arrivato il momento di fare il salto di qualità”. Quindi via ai curriculum sul web e con un biglietto di sola andata, Ludovica è arrivata a Chengdu, una città di 14 milioni di abitanti, tra le più sviluppate e inquinate nel sud-ovest della Cina. “La Cina è un caso particolare, c’è molto lavoro e direi che è relativamente semplice trovarlo”, racconta Ludovica, precisando però che “sempre più stranieri vengono e piano piano il mercato sarà saturo”. E anche qui, come in America, il tempo è denaro: “Il concetto di separazione della vita privata da quella lavorativa è unicamente occidentale“, spiega. “Mi sono sentita dire e spesso rinfacciare dai miei capi che in Occidente ‘la vita è vita e il lavoro è lavoro’ e questa sconvolgente realtà l’hanno dedotta dai telefilm americani”, racconta. Poi precisa: “Se la domenica pomeriggio ti chiamano per un incarico, un’ora dopo tu devi correre; se ti propongono di andare alle terme, non puoi rifiutare. Così ho cominciato a parlare ai miei amici di ‘terme di lavoro’ “.

TORNARE IN ITALIA? – Quando si tratta di giovani emigrati all’estero, tutti sono d’accordo nel dire che fare esperienza va bene, ma poi si deve tornare in Italia per aiutare il Paese a crescere. Ma quanto costa tornare a casa? Dopo aver vissuto tre anni a Londra, Ilenia, 23 anni e un passato a Londra, ha deciso di tornare in Italia perché “la vita era troppo stressante, non hai tempo per vivere”. Ma dopo due mesi è partita di nuovo, questa volta come missionaria in Congo per un mese. Poi è stata la volta della Danimarca, dove vive dallo scorso ottobre e lavora come ragazza alla pari a spese della famiglia che la ospita. Il ritorno in Italia è previsto solo ad alcune condizioni, “magari in qualche grande città, ma solo se avessi un buon lavoro”.
Andrea e Elena non hanno dubbi: piuttosto che tornare in Italia, meglio partire per qualche altra meta estera, magari gli Stati Uniti. Ammiro e rispetto – dice Elena – chi decide di stare in Italia così come chi si trasferisce all’estero, in entrambi i casi la vita è dura e molto spesso ci si trova a combattere contro dei veri e propri muri, sia che rappresentino la crisi economica, sia che rappresentino il tentativo di adattarsi a un Paese e a una cultura che non sono i propri”.
C’è chi, invece, una possibilità all’Italia la vuole dare, come Ludovica: “Tornerei. Per la qualità della vita e dell’aria, per poter vedere il sole e il cielo azzurro. Perché mi sento di appartenere a questo Paese, nonostante tutto. Io sono ottimista, continuo a pensare che ci deve essere possibilità, ma dobbiamo cambiare in primis noi giovani”.

 

 di Francesca Matta, Francesca Gatti

 

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