La traviata dei giovani: uno spettacolo abbagliante

"LA MOTIVAZIONE VIENE DA NOI STESSI": VITA DA GIOVANI ARTISTI AL FESTIVAL VERDI

La traviata foto di Roberto RicciScricchiola sotto l’incombenza del suo peso l’enorme specchio che si solleva. Si apre così lo spettacolo de La Traviata al piccolo teatro di Busseto intitolato al Maestro Giuseppe Verdi: come una onnipotente entità che tutto vede e tutto riflette. Il colpo d’occhio è impressionante e lascia presagire la rappresentazione di un dramma caricato di verità universale. In scena ci sono i giovani artisti del 52° Concorso Internazionale Voci Verdiane ‘Città di Busseto’ e gli allievi della Scuola dell’Opera Italiana nell’ambito del Festival Verdi organizzato dal Teatro Regio di Parma.

La traviata è quella ‘degli specchi di Josef Svoboda col suo fascino intramontabile firmata dalla geniale regia di Hanning Brockhaus.

Lo specchio è già alto e proietta le sue immagini monumentali creando uno straniante effetto pluridimensionale che amplifica le emozioni da ogni punto di vista. L’orchestra del Teatro Comunale di Bologna diretta da Stefano Rabaglia parte con il caratteristico preludio che introduce la prima scena. Le scelte registiche di Brockhaus proiettano i personaggi della sua Traviata in un vellutato salotto di un bordello parigino, in piena Bella Epoque. L’erotismo permea tutto lo spazio scenico attraverso le movenze e le coreografie delle figure che rappresentano, più o meno esplicitamente, i comportamenti tipici di una casa di tolleranza. Nella celeberrima scena del brindisi Violetta offre il suo calice, plasticamente voluttuosa, a quello che ancora deve diventare l’amore della sua vita quando questi la invita a libare ne’ lieti calici che la bellezza infiora e a inebriarsi di voluttà nella fuggevole ora. Un’originale interpretazione dannunziana, quindi, che trasuda dalle voci ammiccanti, dagli sguardi maliziosi, dai movimenti studiati e da un uso magistrale delle luci che fanno sgargiare colori sensualmente eccitanti. Intanto l’empireo specchio riflette ogni cosa e il dramma de La traviata, attraverso i giochi di luce del maestro boemo (che è stato anche regista teatrale) acquista nuovo potere significante.

Voci belle ma senza sussulti. Un meritato applauso va forse al vigore della voce del giovane baritono Mansoo Kim. Ottima regia orchestrata sfruttando al massimo gli spazi e le scenografie e organizzata sull’impatto visivo delle coreografie, del coro (quello del Teatro Comunale di Bologna diretto dal maestro Andrea Faidutti) e dei bellissimi costumi d’epoca.

Finale con colpo di scena. Alla fine del terzo atto quando Violetta rivela l’immensa grandezza del suo personaggio (“Se una pudica vergine, degli anni suoi nel fiore, a te donasse il core … sposa ti sia … lo vò” …) e la profonda complessità che regna nel sentimento dell’amore, ecco che l’enorme specchio si eleva fino a posizionarsi perpendicolarmente alla superficie del parquet. Adesso è tutto più chiaro. Ci vediamo, vediamo le nostre facce. Solo così siamo in grado di emettere giudizi più obbiettivi e l’arte, la grande arte, è lì solo per quello.

di Michele Panariello

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