Kink e kinkshaming: non vergogniamoci delle nostre fantasie

Ti senti liber* di parlare dei tuoi kink? Poche persone si sentono legittimate a parlare delle proprie fantasie sessuali, più o meno estreme che siano. Ecco come si spiega il fenomeno del kinkshaming.

kink kinkshaming

Ti senti liber* di parlare dei tuoi kink?

Definiamo come kink un insieme di fantasie e pratiche sessuali non convenzionali, che spesso hanno a che fare con scambi di potere, giochi di ruolo e fetish per parti del corpo od oggetti. Pratiche che si differenziano sotto diversi punti di vista, pratici come teorici, ma che sono accomunate dal consenso delle persone coinvolte. Solitamente sentiamo parlare, diversamente, in modo negativo e giudicante della kink community, oppure non ne sentiamo parlare affatto, per i vari stereotipi che si sono creati e diffusi nel corso degli anni: soggetti “malsani”, deviati, che probabilmente hanno subito qualche trauma e che compiono abusi immorali su sé stessi e su altri. Per vergogna o paura si crea, così, una spirale del silenzio per cui poche persone si sentono libere, tranquille e legittimate a parlare delle proprie fantasie sessuali, più o meno estreme che siano. Ecco come si spiega il fenomeno del kinkshaming, ovvero giudicare negativamente una persona in base ai suoi gusti sessuali, cercando di farle provare imbarazzo e vergogna per ciò che fa o che avrebbe il desiderio di fare a letto. Ma perché allora demonizzare questi kink?

 

Le radici del kinkshaming

Spesso nel passato la masturbazione e il sesso orale, pratiche oggi considerate ordinarie, venivano giudicate anormali e condannate a livello sociale. La patologizzazione dell’omosessualità ne è un esempio. Nel 1886, infatti, lo psichiatra e neurologo Richard von Krafft-Ebing, in Psychopathia Sexualis, spiega l’omosessualità e il feticismo come degenerazioni genetiche, trasmissibili ai propri figli e curabili tramite metodi psichiatrici. Questa narrativa tossica dei comportamenti e orientamenti definiti come devianti dagli standard dell’epoca ha continuato ad esistere non solo nella letteratura scientifica, ma anche nell’opinione comune. Basti pensare che l’omosessualità è stata rimossa solo nel 1990 come malattia dal DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali).

Oggigiorno sappiamo che ciò che trasforma una pratica o fantasia sessuale in disturbo o abuso non è l’azione o il concetto in sé, ma sono due fattori: l’assenza di consenso del o dei partners e la compromissione del funzionamento personale quotidiano, come può essere avere problemi sul lavoro o difficoltà nelle relazioni sociali. Finchè questi elementi non sono coinvolti, una pratica non convenzionale può benissimo essere sana e giovare alle persone coinvolte.

mondo kink

Come viene percepito il mondo dei kink

In molti pensano ancora a queste pratiche come a qualcosa di malsano, da tenere segreto. E quando questa narrativa viene rotta, si subiscono ripercussioni. Ne è un esempio il caso di Adrian Fartade, divulgatore scientifico in ambito astronomico su Youtube. Dopo aver mostrato alcune foto sul suo profilo Instagram in cui pratica shibari (una tecnica di bondage di origine giapponese) e in cui prova un harness fatto a mano da lui, ha dovuto pubblicare un post la cui descrizione può farci capire la gravità della risposta che ha ricevuto:

“Da minacce di violenza a foto di cappi per dirmi di usarli la prossima volta come corde, a migliaia di unfollow, insulti omofobi, emoji di vomito, thread di insulti su twitter in cui si parla di me al femminile perché darmi della donna è un insulto per loro (e la dice lunga sulla visione sulle donne) a messaggi in cui vengo insultato riguardo al corpo non palestrato, in cui mi si dice che non scopo mai o che la gente si vergogna di avermi seguito o di avere il mio libro, fino a possibilità che lavori saltino per due foto. Tutto questo NON è folle, NON è straordinario, non è assurdo. È routine ed è la normalità in questo paese. […]. La paura dei corpi, della sessualità e di qualsiasi cosa sia queer è incredibilmente radicata. […] A molti va benissimo che esista un aspetto queer finché è in una scatola a parte che non devono affrontare ma nel momento in cui entra nella loro quotidianità con una persona NORMALE che la vive, allora non va più bene. […] Abbiamo il contentino di essere strani al pride e di farlo in contesti artistici se sei cantante per dire (vedi casi recenti) ma guai a provare a viverlo nella tua normalità. Non osare mettere in crisi la visione etero cis conservatrice della realtà con quello che sei.

 

E chi lavora in questa community?

Concentriamoci anche sullo stigma e sulla pressione sociale da cui le persone che lavorano in questo settore sono attaccate. Basta fare un giro su Telegram per scoprire diversi gruppi di sex workers in ambito kinky. Una ragazza conosciuta come Mistress Lola sui suoi vari canali, mi racconta:

Essendo una minoranza, veniamo discriminati in quanto tale. A livello familiare e di amici non sono stata capita, sono stata sminuita, schifata. Venendo cresciuti e cresciute con la “normalità”, ovvero il rapporto tradizionale eteronormativo cisgender, quando le persone scoprono una realtà fuori da questa ottica, la rigettano, provano disgusto, ci chiamano malati di mente, facendoci passare come persone che hanno problematiche a livello mentale perché appunto diversi da ciò che la società dice essere normale, un po’ come successe al resto della comunità lgbtq+. Penso che tutto ciò sia provocato dall’ignoranza, alimentata dal fatto che i media fanno il loro lavoro nel far trapelare le cose sbagliate di questo mondo. L’unica soluzione, come per tutte le altre discriminazioni, dal sessismo al razzismo, all’omo-lesbo-bi-transfobia all’abilismo e allo specismo, è l’informazione, la divulgazione. Abbattendo quella barriera di ignoranza che l’essere umano ha quando va a scoprire nuove cose. Sappiamo anche che tutto questo non è niente di nuovo, ma, invece, sono cose che vengono nascoste per il senso di vergogna che si trascinano dietro. Io, usando altri account, diversificando il mio lavoro dall’ambito privato, mi sento più tranquilla, anche se so benissimo che basta un click per scoprire tutto il resto.

E aggiunge:

Il mondo kink è una cosa che chiunque dovrebbe provare per non limitarsi, sia a livello mentale che fisico. Si possono scoprire fantasie che non si sapeva di avere, si possono ravvivare determinati rapporti di coppia o di gruppo. Informiamoci prima di parlare, prima di sentenziare su questo mondo bisogna essere consapevoli di quello che si dice.

 

Ma dove posso informarmi?

Per fortuna, le informazioni giuste su questo mondo iniziano negli ultimi tempi a diventare più accessibili anche in Italia tramite educatori online e dal vivo. Ne è esempio Marta Santospirito, la divulgatrice in ambito sessuale kinky nel blog, podcast e account Instagram e Twitch Plug The Fun, la quale gestisce insieme al suo compagno la School of Rope, una scuola di bondage giapponese a Milano.

Oppure Alithia Maltese, la quale, oltre a condurre lezioni private e di gruppo di bondage a Torino, organizza incontri a livello nazionale sul bdsm, sul consenso e sulla comunicazione non verbale.

Dunque, perché non sfruttare tutte le risorse che sono disponibili sull’educazione sessuale alternativa per informarci ed essere consapevoli di questo mondo? Perché non affrontare gli stereotipi con cui cresciamo e che è nostro dovere non diffondere? Interroghiamoci quindi sulle nostre fantasie sessuali per capire che ciò che facciamo a letto non ci definisce come persone!

di Sara Disconzi

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