La necessità della scelta: tre grandi autori per una dimensione morale del coraggio 

Nella lezione di Alberto Siclari dal titolo 'Il coraggio della scelta' si affronta la costante necessità quotidiana di scegliere, scommettere, rischiare e anche perdere

Il coraggio da un punto di vista morale vuol dire essere fedeli ai valori che reputiamo fondamentali. Ed è proprio grazie al coraggio che è possibile rispettarli in ogni nostra decisione e azione. Di questo si è parlato nel quinto incontro della rassegna Pensare la vita, dell’associazione La Ginestra, in cui è intervenuto Alberto Siclari, moderato da Sandra Manzi-Manzi.

Alberto Siclari, oltre ad essere cofondatore dell’associazione La Ginestra, è stato professore ordinario di Storia della teologia presso la facoltà di Lettere dell’Università di Parma. Si è occupato a lungo del pensiero tardo antico, della patristica greca e greco-bizantina, del medioevo latino, in particolare di Guglielmo di Occam e di Guglielmo di Saint-Thierry, e del pensiero danese, in particolare di Søren Kierkegaard e di Harald Høffding, a cui ha dedicato importanti studi: L’itinerario di un cristiano nella cristianità. La testimonianza di Kierkegaard, per l’editore Franco Angeli, nel 2004, e L’umorismo e la filosofia. Con appendice, di Harald Høffding, Teoria della conoscenza e concezione della vita, per l’editore Diabasis, nel 2009. Le sue numerose ricerche e pubblicazioni hanno indagato il fenomeno della religione e del religioso nel suo complesso, anche di recente con curatele e contributi sulle riviste Humanitas, nel 2011, e la Società degli individui, nel 2014, nel 2016 e nel 2019, per citare solo gli ultimi numeri.

Sandra Manzi-Manzi è dottoressa di ricerca, appassionata del pensiero di Spinoza, e insegnante di sostegno nelle scuole secondarie, nonché organizzatrice del Festival della filosofia di Modena.

Alberto Siclari

Il coraggio della scelta

Il titolo della lezione del prof Siclari è il Coraggio della scelta, che, fin dalle prime battute, si palesa come la scelta del coraggio.

Il professore, all’interno della cornice tracciata con i concetti del pari, scommessa in francese, e coutume, costume, abitudine, del filosofo seicentesco, Blaise Pascal, ha delineato il passaggio a tre autori Lucien Goldmann, Harald Høffding, Søren Kierkegaard, in un passaggio a ritroso, dal Novecento all’Ottocento. In questo percorso Siclari afferma che la necessità di scegliere è tale per cui la scelta del coraggio deve diventare una naturale abitudine.

Siclari introduce la lezione spiegando il significato della parola “scegliere” e della sua connessione con il coraggio: “Scegliere significa far esistere o lasciare esistere qualcosa piuttosto che qualcos’altro: un esempio banale, queste parole piuttosto che parole diverse oppure il silenzio. Parlando, escludo dall’esistenza il silenzio e tutte le altre possibili parole che avrei potuto pronunciare. Quando, poi, le alternative siano non banali, richiedono rinunce, espongano a rischi allora sì ci vuole anche il coraggio. Coraggio viene da cuore. Il coraggio della scelta si forma e, dunque, lo si trova, quando serve se si pratica la scelta del coraggio”.

La cornice pascaliana: la libertà di scelta condizionata dalle abitudini consolidate

Pascal è noto per la questione della scommessa (pari), ossia, come a proposito dell’esistenza del Dio del Cristianesimo, sia impossibile non scegliere tra credere o non credere e come, sul piano probabilistico, sia più razionale credere; invece, è meno conosciuto per le riflessioni sul “peso che hanno le abitudini nelle scelte e nelle convinzioni degli uomini”.

Il quadro umano che dipinge il filosofo francese è piuttosto complesso e problematico: durante la sua esistenza l’uomo compie scelte continue che consolidano in lui abitudini, disposizioni che, dalle scelte compiute sono, per altro verso, suggerite, se non quasi imposte.

In questa visione la libertà dell’uomo è fortemente condizionata tanto che, per dirla con Ovidio, “vedo il meglio e lo approvo, ma seguo il peggio”, mettendo icasticamente a nudo le varie dimensioni che nell’uomo coesistono, interagiscono e si contrastano. Lo spirito dell’uomo sembra essere limitato e creativo e per questo è sempre esposto alla scelta, con la quale esprime la sua libertà ma anche le sue inclinazioni, manifestando allo stesso tempo i suoi valori.

I tre pensatori scelti da Siclari – Lucien Goldmann, Harald Høffding e Søren Kierkegaard – esprimono valori di riferimento, dai quali trarre il coraggio di scegliere, differenti ma “accomunati dalla scelta del coraggio, la scelta della fedeltà ai valori che orientano la loro esistenza”: infatti, il coraggio della scelta non può essere disgiunto dalla scelta del coraggio.

Goldmann: una scommessa pascaliana in chiave socialista 

Goldmann, nonostante sia un intellettuale marxista, si richiama chiaramente a PascalA dieci anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, Goldmann dà alla stampa Il Dio nascosto: studio sulla visione tragica nei Pensieri di Pascal e nel teatro di Racine. Un saggio su Pascal che nel 2013 è stato ampiamente commentato da Michael Löwy, in un lavoro, che esiste anche in rete, intitolato Lucien Goldmann: il pari socialista di un marxista pascaliano.

Lo stupore che può suscitare l’idea che un marxista si sia occupato di Pascal può essere valutato secondo quanto scrive Michael Löwy, in conclusione al suo saggio, su Goldmann: “E’ un’interpretazione piuttosto eterodossa e iconoclasta che ha però l’immenso vantaggio, grazie al concetto di pari, di liberare il marxismo dal pesante carico positivista, scientista e determinista, che ha pesato così tanto nel corso del ventesimo secolo su un potenziale sovversivo ed emancipatore, e di dare al fattore soggettivo, all’ottimismo della volontà, all’impegno, all’azione collettiva, il ruolo che loro spetta”.

Presumibilmente, Goldmann – con la guerra fredda, i processi staliniani, le divisioni del mondo operaio – intravedeva una chiara incertezza sugli esiti certi della vicenda umana, previsti da Marx, e contrariamente a una dominante visione marxista dei suoi tempi. Per Goldman è altamente improbabile un esito della storia che porti alla pari dignità dei singoli individui.

L’io è odioso”, che Pascal riporta nei Pensieri e che il pensiero marxista svilupperà come la negazione dell’individualismo, a favore del pensare e dell’agire in comune, per Goldmann è all’origine della natura dialettica e tragica della storia dell’umanità: il superamento dell’”egoismo presuntuoso”, che, secondo la visione marxista, dovrebbe realizzarsi a compimento del processo storico, per Goldmann non è affatto scontato. 

Tuttavia, su questo esito improbabile, non soltanto si può, ma si deve scommettere perché l’alternativa è “la catastrofe di fatto incombente” sull’intera umanità. Bisogna scegliere e prima di trovare il coraggio di agire, occorre ricercarne per credere, perché tutto dipende “dalle scelte degli uomini, dalla loro consapevolezza e dalla loro volontà”. Occorre credere e scommettere, secondo il pari pascaliano, di vincere sugli egoismi umani, gli stessi “che qualificano e strutturano il mondo contemporaneo”, anche se non è certo “e, neppure, appare probabile”. 

Con parole di un’attualità allarmante, Goldmann scrive: “La catastrofe ecologica, che si avvicina con una rapidità crescente, costituisce, per l’avvenire dell’umanità, una minaccia senza precedenti. Un altro mondo è possibile ma nulla ne garantisce purtroppo la sua realizzazione. Non ci resta che pari, nella sua doppia dimensione teorica e pratica, comprendere il mondo e agire collettivamente per trasformarlo”. 

Harald Høffding: il coraggio di credere in un’inesauribile fonte di valore 

Il testo di Harald Høffding, a cui il prof. Siclari fa particolare riferimento, è Filosofia della Religione.

Centrale è la questione della fede, della scelta e del coraggio, che la scelta richiede. Høffding – filosofo, storico della filosofia, epistemologo e psicologo danese – ritiene che si tratti di scegliere di credere, avendo il coraggio di credere. L’audacia dell’atto di avere fede è necessaria perché per Høffding siamo di fronte a una realtà, che è in costante divenire, e per questo costitutivamente incompiuta.

Høffding ammette l’esistenza, nella realtà, di due principi: il Dio della scienza e il Dio etico. Con il primo Harald Høffding manifesta la sua convinzione che i concetti scientifici siano il quadro più veritiero e comprensivo della realtà, pur soggetto a modifiche e cambiamenti; il primo Dio permette di riconoscere il secondo, ossia la divinità etica della religione, il cui spazio resta aperto per i limiti del primo. 

È l’incompletezza propria dell’essere a legittimare l’ipotesi dell’esistenza di un’altra dimensione, dove permane il Dio della religione, “che è il principio della continuità del valore e non della semplice continuità del reale”. Pertanto, “il sentimento religioso nasce quando l’uomo comprende che non può garantire con le proprie forze la conservazione dei valori fondamentali che danno senso all’esistenza e la orientano”. 

Se intendiamo la scelta, come operazione fondativa di una “realtà possibile”, in alternativa a un’altra che sia anch’essa possibile, l’universo di Høffding non dà ad essa molto spazio. La libertà è intesa come attività non contrastata e non come libertà di scelta fra alternative possibili. La scelta, perciò, può essere intesa anche come rottura, come salto, che permette di andare oltre, perciò, non invalida l’essenza del principio di continuità. 

Come ogni fede, credere che la fonte dei valori non si inaridirà, è una scelta. È possibile. “Non è irragionevole ma non è un atto razionalmente del tutto garantito”.

Høffding rileva che la sofferenza e la distruzione sono un esito dello sviluppo del reale ma non accetta serenamente questo dato di fatto. “Il male rimane tale, anche laddove appaia ineliminabile, e persino qualora promuova il bene. Il tragico, dunque, esiste e l’eroe tragico, che sa affrontarlo con coraggio, trovando anche in questa esperienza ultima un’occasione di elevazione, è la suprema affermazione che la dimensione del valore può trovare”.

Kierkegaard: la necessità di credere che Dio sia l’amore

Con Kierkegaard si torna a Pascal. Kierkegaard, tra Pascal e Goldmann, occupa una posizione intermedia: per Goldmann la scommessa è l’impegno senza riserve dell’uomo di vivere come uomo, confidando in un valore autentico, che si realizzi nella storia, la sola dimensione fruibile per l’uomo, con un sentimento di solidarietà e di rispetto tra gli uomini; per Pascal, invece, si scommette sull’eternità e sulla felicità infinita promessa dai Dio e dai credenti; viceversa, per Kierkegaard l’uomo vive nell’incertezza e deve scegliere.

Per Kierkegaard il principale intento dell’uomo è proporsi la libertà dall’ipocrisia, “condizione tutt’altro che facile da raggiungere perché l’uomo è naturalmente ipocrita”.

Kierkegaard è luterano e, come tale, era persuaso, non solo della centralità della fede, rispetto alle opere, ma anche che la fede vada verificata con il comportamento, per testare l’effettività della volontà di fede.

Nella sua richiesta di onestà, declamata in un articolo dal titolo Che cosa voglio, Kierkegaard dichiara la necessità del coraggio di scegliere secondo la più recondita convinzione e di accettarla

In un’annotazione kierkegaardiana, precisata come strano discorso, si sviluppa l’idea di una rinuncia al mondo attraverso l’affermazione di un aut aut, o Dio è l’amore o Dio non è l’amore, enunciando così una modificazione della scommessa pascaliana. “Se Dio è l’amore, il rapporto con Dio è la beatitudine e sarebbe insensato non puntare tutto su di lui; se, invece, Dio non è l’amore, tutto si rivela infinitamente indifferente”. Eppure, anche quando fosse certezza un mondo in cui Dio non fosse l’amore, ogni istante vissuto nell’illusione che Dio sia l’amore, sarebbe, per il filosofo danese, una felicità infinita, “della quale dovrebbe ringraziare Dio di tutto cuore, se Dio fosse l’amore”. Il discorso, quindi, si palesa come strano perché si ringrazia un’illusione per un’illusione. Questa vittoria assoluta, per Kierkegaard, nel credere che Dio sia l’amore, è necessaria perché è “un bene assoluto e irrinunciabile”. In questo è il coraggio di scegliere di Kierkegaard, ossia la scelta di credere a oltranza in ciò che appare irrinunciabile perché dà valore e senso all’esistenza.

In questa esplorazione articolata, attraverso tre grandi autori, il prof. Siclari ha dimostrato l’importanza della necessità della scelta, ponendo su questa esigenza anche un fine, sul quale sostenere la propria costruzione, non solo intellettuale, ma di vita.

 

di Michela d’Albenzio

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