Una pandemia di incubi: come il Covid si è insinuato anche nei sogni

Traumi, ansie e mostri immaginari che disturbano il sonno: il Coronavirus ha preso possesso anche della dimensione onirica e molti studiosi stanno cercando di capire perchè

I sogni son desideri di felicità cantava Cenerentola. Lei però non dormiva al tempo del Coronavirus. Numerosi studi e ricerche hanno dimostrato, infatti, che la pandemia ha cambiato il nostro modo di sognare, comportando un ‘imbruttimento’ della sfera onirica e l’aumento di incubi e notti insonni.

Perché? Come stiamo affrontando il problema pandemia nel nostro subconscio?

Studiare i sogni: l’onirologia da Freud a Wegner

La genesi dello studio dei sogni risale alla fine dell’Ottocento, quando Sigmund Freud inizia a interessarsi e a studiare la psiche umana. In particolare, nella sua Interpretazione dei sogni, suddivide il contenuto della dimensione onirica in contenuto manifesto (che rappresenta il sogno in ogni suo aspetto) e in contenuto latente, ovvero le circostanze nascoste che inducono la creazione del sogno da parte dell’attività celebrale.

Quest’ultima dimensione rappresenta la parte soggetta allo studio e all’interpretazione dello psicologo. Proprio con Freud nasce l’idea che il sogno non sia nient’altro che lo specchio della realtà e che la sua dimensione trovi ‘ispirazione’ nell’immenso serbatoio della memoria. Ma è veramente così?

Sigmund Freud

A cento anni dagli studi di Freud sono state fatte nuove ricerche sulla psicologia dei sogni, in particolare da Daniel Wegner, noto psicologo sociale americano che presenta il suo lavoro nel 2004. Egli, infatti, scopre che un pensiero che cerchiamo di evitare si ripresenta, a più riprese, nella nostra coscienza: secondo le sue ricerche, l’eliminazione di un fatto può avvenire a livello celebrale solo se i due processi addetti a questo compito lavorano in sintonia e senza interruzioni. 

Tuttavia, Wegner si rende conto che questi processi si interrompono durante la fase REM e, per questo motivo, il pensiero non soppresso trova ampio sviluppo nella nostra coscienza addormentata. Questa scoperta rivoluzionaria ha permesso di comprendere i movimenti della coscienza delle persone e, oltre a ciò, ha determinato un nuovo livello di analisi della dimensione onirica.

L’iniziale studio di Freud, pertanto, era fondato e trova riscontro nelle scoperte di Wegner: i sogni possano effettivamente rappresentare un piccolo sentiero verso l’intima dimensione dell’incoscienza che ci caratterizza.

Come il Covid ha influenzato tutto, perfino il nostro modo di sognare

Che la pandemia avesse cambiato tutto era chiaro: dalle abitudini giornaliere agli impegni, dallo studio allo sport, il virus si è insinuato nelle nostre vite, fino ad arrivare a influenzare la nostra sfera più intima e oscura: i sogni.

Soprattutto durante la pandemia attuale, lo studio dei sogni ha affascinato gli studiosi, sia in ambito psicologico che scientifico: studiare la dimensione onirica, infatti, rappresenta ancora una sfida aperta, sia in ambito umanistico che scientifico.

Tuttavia, cosa è cambiato con il COVID? Numerosi e diversi giornali, da Le Scienze National Geographic, hanno trattato l’argomento e tutti concordano sul fatto che l’immobilità forzata, la mancanza di stimoli e, soprattutto, la minaccia del virus abbiano influenzato in modo negativo la nostra sfera onirica, comportando un peggioramento nell’attività del sonno. 

Il New York Times, nell’articolo Did Covid Change How We Dream? (marzo 2021), ha presentato la tematica soffermandosi su come sia cambiato il rapporto tra sogni e sognatori nell’era pandemica. In particolare, nell’articolo si porta l’attenzione su come gli utenti dei social networks abbiano iniziato a parlare apertamente dei propri sogni sulle piattaforme, come a voler trovare risposta o consolazione alla situazione. In questo senso ha acquisito particolare importanza per lo studio dei sogni l’hashtag virale #coronadreams, usato dagli utenti su Twitter.

Mostri, zombie, scenari post apocalittici, per non parlare di manifestazioni oniriche in cui i soggetti sognavano di contrarre il virus: perché questa varietà di incubi? A questo risponde Deirdre Barrett (professoressa assistente di psicologia presso l’Università di Harvard), intervistata da National GeographicNon abbiamo esperienza visiva diretta delle persone malate attaccate ai respiratori (…) Il virus è invisibile. Questo gli permette di assumere nei sogni tante forme diverse”.

La dottoressa Barrett, intervistata anche dal New York Times, parla anche di come funziona il sonno e di come questo sia caratterizzato da fasi profonde (dette REM) e fasi più leggere. Questi intervalli si alternano in modo simmetrico e cadenzato in modo da permettere all’organismo di ricaricarsi attraverso un ciclo di sonno regolare. Tuttavia, con l’ansia del virus e la paura della pandemia, questo equilibrio si è rotto e, pertanto, le fasi di sonno profondo si sono sfasate comportando un cambiamento nel nostro modo di sognare. 

Night, Ferdinand Hodler

L’influenza dei sogni e la presenza di incubi determinati da sindromi di stress post traumatico non sono una novità. Gianluca Ficca, professore di psicologia generale all’Università della Campania Luigi Vanvitelli, in un articolo di Sonnomed.it, riscontrava un parallelismo e una somiglianza delle condizioni in cui si trovavano i reduci di guerra (che rivivevano durante il sonno le atrocità dei conflitti e dei traumi subiti) con chi viveva il trauma del virus da vicino.

Altri studi sono stati portati avanti dalla Sapienza di Roma e, in particolare, da parte di Luigi De Gennaro – docente di psicobiologia e psicologia fisiologica – che, per primo, ha scoperto come sonno e attività onirica stessero cambiando a causa della pandemia. Quest’ultimo, infatti, riscontra una somiglianza degli effetti tra l’evento traumatico del Covid e gli effetti che avevano caratterizzato le vittime del terremoto dell’Aquila: “La mappa delle residenze rispecchiava quella delle alterazioni del sonno e dei sogni: chi viveva più vicino all’epicentro faticava a dormire bene e più spesso riferiva incubi”. Pertanto, chi è colpito più da vicino dal fenomeno è più soggetto agli incubi che hanno come oggetto il trauma subito.

Perché questa somiglianza tra eventi? Molto semplicemente perché l’attività onirica ‘prende spunto’ dalla realtà in cui siamo immersi (proprio come diceva Freud): paure, ansie, pensieri, dubbi trovano riscontro – in questo caso molto negativo – durante il sonno, assumendo forme sempre diverse e inquietanti.

A questo punto che cosa si può fare per risolvere la situazione? Gli stessi studiosi raccomandano di seguire una routine quotidiana e di suddividere la giornata in impegni che permettano al nostro cervello di ritrovare quell’equilibrio che la pandemia ha scombussolato.

Solo ritrovando la stabilità nelle attività quotidiane si può ritrovare l’armonia nei sogni, sconfiggendo così l’incubo del Covid.

di Erika V. Lanthaler

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