Il Teatro “Jazz” de I Sonnambuli contro la violenza sulle donne

I Sonnambuli, il 25 novembre al Regio, hanno regalato al pubblico uno scomodo, grottesco e divertente spaccato sulle donne. Vittime da celebrare.

In uno degli angoli più misteriosi del Teatro Regio di Parma ha preso vita l’ultimo spettacolo de I Sonnambuli, dedicato alle donne, alla violenza, alla celebrazione di un’unicità scomoda.  A introdurre Fabio Manenti e Michele Arezzo ci ha pensato Peppe Arezzo, pianista eccezionale scelto da Rai1 per omaggiare Ennio Morricone, e la cantante lirica, Aoxue Zhu. Fabio, giornalista, e Michele, sceneggiatore, navigano tra politica, attualità, storia, mito e poesia: il tema è quello della violenza contro le donne. Giocano con le emozioni di un pubblico che non sa esattamente cosa aspettarsi, senza paura di sfidare un tema così delicato e sfaccettato, nel bene e nel male. 

Non fosse per le donne

Questo il titolo dello spettacolo, Non fosse per le donne, un’esplorazione non solo dedicata alla violenza perpetrata contro le donne, ma anche un’occasione per indagare su come (cosa) sia una “donna”. Si parte da alcune uscite spiacevoli del senatore Pillon, si parla di rosa e azzurro come colore dei generi, in un buffo e grottesco incrocio di fraintendimenti e opportunità cavalcato dal consumismo più efferato.

Fabio e Michele hanno raccontato storie che ti si appiccicano fastidiosamente addosso, e quello stare seduti per terra, un tributo ancestrale ai cantastorie che furono, diventa sempre più scomodo come diventano scomode le vicende raccontate. Quando arrivano all’omicidio di Palmina Martinelli le parole fanno male quasi quanto le gambe intorpidite, un disagio che incarna perfettamente il dolore di quella vicenda.

Allo stesso modo la storia delle “Radium Girls”, che nei ruggenti anni ‘20 statunitensi disegnavano minuscoli numeri sui quadranti degli orologi destinati ai militari. Istruite a tenere appuntiti i loro piccoli pennelli umettando le setole con le labbra, queste donne si avvelenarono inconsapevolmente con quantità mortali di radio, mentre dirigenti e scienziati maneggiavano la stessa sostanza con camici di piombo e lunghe tenaglie. Queste vicende sono state riportate nel pluripremiato libro The Radium Girls di Kate Moore, tra i best seller del New York Times. 

Storie raccapriccianti punteggiate da miti come quello di Pandora e da aneddoti del passato remoto che incorporano la sensualità e scaltrezza di Cleopatra con l’evoluzione (o involuzione) della figura della Madonna nei secoli. Se oggi stiamo finalmente affrontando un problema di un’attualità disarmante, riconoscerne le radici storiche, culturali e iconografiche diventa passaggio necessario. 

Un retrogusto amaro

Se l’efficacia di questi racconti è di una crudele bellezza, i tentativi di definire la “donna” sono più claudicanti. Nell’analogia con l’idea di “mappa”, I Sonnambuli raccontano una figura che ha qualcosa di astratto, quasi ultraterreno. Meravigliosa, misteriosa, inafferrabile. Si intravede quasi un processo di mitizzazione, che rischia di cozzare con la dimensione fin troppo reale della violenza raccontata in alcuni passaggi dello spettacolo.

Fabio, in una intervista rilasciata alla Gazzetta di Parma, parla di una “ricetta un po’ bastarda” per definire l’anima de I Sonnambuli, “un racconto jazz molto improvvisato”. E nei contrasti tra l’oblio reale e qualche battuta più facile, ogni tanto si ha la sensazione che il tono sia un po’ altalenante, magari non sempre perfettamente coerente con la solenne gravità del tema. Il vantaggio di un approccio del genere, però, lo si vede nella risposta positiva di un pubblico che rimane incollato a quelle parole, e sembra volerne ancora. Quando ci si alza la pelle d’oca è ancora salda sulla pelle, e non si può fare a meno di ripescare uno ad uno tutti quegli spunti di riflessione offerti dallo spettacolo.

Forse l’aspetto più importante è non perdersi la concretezza del problema, rimanere attenti e non dimenticare, accordare la nostra sensibilità al contesto. 

di Matteo Buonanno Seves

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