EUniverCities, Gabriele Agnetti: “Parma modello di città universitaria. Strategia vincente? Ascoltare gli studenti”

Dopo la tre giorni di EUniverCities Network Meeting abbiamo intervistato il presidente del segretariato per conoscere l’esperienza di Parma città capofila conclusasi quest’anno

Nel 2012 nasce una rete europea denominata EUniverCities. In essa confluiscono tutte le città di medie dimensioni, in cui municipalità e università cooperano insieme con l’obiettivo di garantire organizzazione, apprendimenti e competenze accademiche.

Il network si ispira alle strategie EU2020 sulla crescita intelligente, sostenibile e inclusiva che assegna grande rilevanza alla conoscenza, al rinnovamento e alla tecnologia.

Le città che fanno parte della rete sono Aveiro, Exeter, Gand, Innsbruck, Losanna, Linköping, Lublin, Magdeburg, Malaga, Norrköping, Parma, Timișoara e Trondheim.

Parma è la sola città italiana che fa parte del network e nel triennio 2019-2021 è stata la capofila. Per il prossimo triennio sarà invece Exeter.

A chiusura del triennio, dall’1 al 3 dicembre scorsi, Parma ha ospitato l’EUniverCities Network Meeting, occasione di confronto e di scambio tra studenti universitari e membri della rete. A conclusione della tre giorni c’è stato il passaggio di consegne alla nuova città capofila e la presentazione di un manuale di buone pratiche rivolto alle città universitarie. 

Gabriele Agnetti, per il Comune di Parma, è stato il presidente del Segretariato nei tre anni ormai alle spalle. In questa intervista a ParmAteneo scopriamo così l’impegno e le sfide che la nostra città, insieme all’università, ha saputo affrontare e risolvere e quali saranno invece le sfide del futuro.

Com’è stata sostenuta e vissuta dal segretariato l’esperienza del triennio con Parma città capofila? In cosa è consistito il vostro impegno in questi tre anni? La città ha saputo affrontare le sfide legate al ruolo? 

“La sfida del segretariato è qualcosa che abbiamo voluto intraprendere con il Comune e con l’Università di Parma perché avevamo, fondamentalmente, due progetti in corso. Il primo è Parma Città Universitaria, particolarmente importante: nel momento in cui il segretariato della rete EUniverCities doveva cambiare, perché cambia ogni tre anni, ci siamo candidati per poter poi rafforzare il nostro progetto Città Universitaria anche a livello europeo, cosa che abbiamo realizzato con il meeting (inizialmente previsto per il 2020 e spostato al 2021 causa della pandemia da Covid-19). 

L’altro fattore è stato determinato dal fatto che nel 2020 Parma è stata Capitale italiana della cultura:  ci piaceva anche mettere insieme queste due cose. 

In questi tre anni abbiamo stretto una convenzione tra Comune e Università, in cui ci siamo divisi i compiti. Il Comune ha gestito la parte strategica dell’organizzazione del meeting e della comunicazione. Per l’università invece è andata la parte amministrativa contabile. 

È stato un impegno notevole ma da parte di tutti i partner abbiamo ricevuto dei riconoscimenti molto importanti. Siamo consapevoli di aver fatto un ottimo lavoro e ci è stato confermato”.

Quali gli obiettivi raggiunti con Parma capofila della rete delle città universitarie? 

“Avevamo tendenzialmente tre obiettivi: comunicare, aiutare il network nell’ambito della comunicazione e rivedere il sito (abbiamo attivato per esempio i social). Abbiamo anche cercato un membro nuovo, francese, Stato che mancava da dieci anni e non faceva parte del network. Abbiamo quindi coinvolto Strasburgo. Infine, abbiamo prodotto un manuale, Handbook for Strategic City-University cooperation, che è stato presentato al meeting”.

Nel confronto con le altre città della rete, Parma in cosa si pone come modello e in cosa presenta margini di miglioramento?

“Sicuramente, ci poniamo come città modello nel rapporto città-università. Siamo un ottimo esempio anche nei rapporti verso gli studenti: Parma città universitaria è veramente un progetto all’avanguardia in Europa

Per quanto riguarda gli ambiti di miglioramento c’è lo sviluppo della città. È un aspetto su cui noi abbiamo iniziato a lavorare qualche anno fa ma dobbiamo riconoscere che esistono città più progredite in questo. Per la sostenibilità ambientale, tuttavia, siamo sicuramente su un ottimo livello

Anche sull’imprenditorialità giovanile, forse, possiamo migliorare ma negli anni ci siamo già attivati, anche grazie ai rapporti con l’università. Sono, comunque, questioni su cui si sta lavorando e già si intravedono sviluppi. 

Sicuramente siamo un modello dal punto di vista culturale e sul rapporto che abbiamo col territorio, legato alle nostre tradizioni. Penso, ad esempio, al riconoscimento Città Creativa Unesco della Gastronomia o ai rapporti con le istituzioni culturali, che poi hanno portato ad ottenere il riconoscimento civile di Capitale della cultura. Nel confronto con gli altri, abbiamo avuto modo di appurare che sono eccellenze in Europa“.

Con quali partner della rete la collaborazione è stata più fruttuosa e perché?

“Il network è stato creato per far sì che ogni sei mesi ci si riunisca, sviluppando un tema in particolare. Con la città dell’università di Losanna, in particolare, abbiamo sviluppato il manuale Handbook for Strategic City-University cooperation e abbiamo lavorato fianco a fianco online per un anno e mezzo. 

Con la pandemia abbiamo dovuto riguardare un po’ di cose: Losanna voleva proporre, sulla base di una loro esperienza locale, la produzione di un manuale di buone pratiche che desse dei suggerimenti utili su come collaborare tra città e università. Partendo da questo punto, abbiamo preparato dei workshop (tre online) e da lì abbiamo iniziato ad elaborare il libro, incontrandoci almeno una volta al mese per un anno.

Stretta collaborazione anche con la città di Aveiro in Portogallo, con cui tre anni fa abbiamo organizzato il primo meeting come segretariato; poi con Malaga, a fine 2019 e con Timișoara a maggio di quest’anno”. 

Il manuale di buone pratiche quale strategia principale suggerisce alle città universitarie? Qual è il modello da seguire secondo Parma?

“La strategia vincente è quella di incontrarsi di persona, spesso e in modo strutturato, tra partner della città e membri dell’università; ponendosi domande e affrontando le tematiche. Questa sicuramente è una strategia vincente perché permette alle persone di conoscersi. Se le persone si conoscono, i progetti si sviluppano in modo più naturale. 

Un ottimo esempio che abbiamo portato è quello della città universitaria di Turku in Finlandia, partner del network fino al 2019. Quando abbiamo iniziato a lavorare a questo manuale, abbiamo chiesto se, vista la loro esperienza, potevano darci un contributo e loro sono stati ben felici di aiutare. Turku ha un fondo, da parte della municipalità, di molte migliaia di euro dedicato alla ricerca: i ricercatori sono finanziati direttamente dalla municipalità, ogni anno con una cifra considerevole. Naturalmente, non so quanto sia replicabile, perché non è facile, però sicuramente è un modello molto interessante perché la città finanzia ricerche su temi che hanno ricadute sulla municipalità stessa”. 

Tra le varie attività proposte all’interno del progetto quale ha riscontrato più successo? O quale progetto vi rende più orgogliosi?

“Ci rende molto orgogliosi l’aver rivisto la strategia di comunicazione sul nuovo sito web. Poi abbiamo dato anche una spinta al tipo di comunicazione. Abbiamo chiesto e concordato con tutti  i membri che ogni settimana un partner diverso mandi una notizia da pubblicare sul sito. 

La costanza e le numerose esperienze che oggi arricchiscono il nostro sito sono stati sicuramente una buona strategia che dà l’idea di un network unito e che collabora. Possiamo dire che è un altro successo per Parma aver saputo attivare la partecipazione di tutti”.

“Didattica”, “Vita e benessere degli studenti”, “Alloggi”: qual è il fiore all’occhiello della realtà universitaria di Parma? E perché?

“Fiore all’occhiello di Parma è sicuramente la qualità della didattica. Altri punti di forza credo siano i servizi. Parma con un questionario sottoposto agli studenti ha rilevato che non tutti i servizi vengono utilizzati o sono conosciuti quindi bisognerà lavorare ancora sulla comunicazione. Tuttavia, i servizi agli studenti, tra scontistiche e varie opportunità, sono stati numerosi negli ultimi anni. Grazie all’ascolto degli studenti, per esempio, abbiamo introdotto le linee notturne degli autobus

Altro esempio virtuoso è il servizio info point al centro della città, un posto strategico che diventa punto di riferimento soprattutto per le matricole. C’è poi la student card che offre agli studenti tanti servizi e agevolazioni.

Per la ricerca alloggi c’è una vetrina sul sito di Parma città universitaria. La questione alloggi è tuttavia critica ovunque, non solo nella nostra città. È un problema di difficile risoluzione che non si risolve solo costruendo alloggi, anche per evitare che la vita degli studenti si concentri solo in alcune zone della città. Non è quello che si vuole perché bisogna favorire l’integrazione degli studenti con tutta la comunità cittadina”.

Dal documento comune, sviluppato in seguito alla sessione plenaria tra rete e studenti, a suo parere, qual è la questione più importante emersa?

La necessità di ascolto degli studenti. Faccio un esempio: abbiamo fatto un workshop con gli studenti e uno con gli staff. Io ho coordinato il tavolo del benessere dei servizi. Quando abbiamo visto i risultati del workshop degli studenti, questi erano quasi totalmente disallineati dai nostri.  Vuol dire che, come staff, ci facciamo delle domande di alto livello, che sicuramente vanno fatte, ma gli studenti a volte hanno esigenze più elementari che vanno ascoltate. Una delle cose che hanno detto gli studenti sulla questione benessere, cioè come star meglio nella città, è stata la necessità di luminosità notturna per ragioni di sicurezza. Un tema che noi dello staff non avevamo toccato, ad esempio. Quantomeno, non è venuto fuori nelle nostre discussioni. 

Il fatto che ci sia questo disallineamento fa pensare quanto sia importante che lo studente venga portato, come stiamo facendo in Parma Città Universitaria, allo stesso livello di discussione e che possa partecipare al tavolo tra città universitarie. Per esempio sulla questione alloggi, gli studenti sanno che la soluzione non è immediata e che non è sufficiente costruire nuove dimore, serve infatti impegnarsi perché si creino situazioni che favoriscano l’incontro tra la domanda e l’offerta. 

“Come sono cambiati il comportamento e le aspettative degli studenti nell’ultimo decennio? Come possono le città e le università affrontare questi cambiamenti? Quali sono le nuove principali sfide?”: sono alcune delle domande intorno alle quali si è sviluppato il meeting dei giorni scorsi. In base alla sua personale esperienza, cosa risponderebbe?

Queste domande ce le siamo poste prima della pandemia perché il meeting avremmo voluto farlo nel 2020. Riporle oggi cambia completamente il paradigma. Penso che non possiamo non affrontare la didattica online e la sicurezza. C’è anche il discorso della salute mentale, dello stress e della possibilità di supporto agli studenti per non farli sentire soli. 

L’emergenza sanitaria ha cambiato le cose e tra le esigenze emerse da parte degli studenti c’è anche la necessità di un counseling psicologico, un supporto psicologico che faccia sentire i ragazzi  parte di qualcosa e non soli. Sapevamo di questa esigenza ma è venuto fuori anche da parte degli stessi studenti e non credo che dieci anni fa questo bisogno fosse così attuale”. 

di Michela D’Albenzio

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