Il viaggio della solidarietà: da Parma ai confini ucraini con 540 quintali di beni

In Ucraina si combatte e Parma si riscopre solidale. Due dei fautori della raccolta di beni di prima necessità ci raccontano il processo che ha portato le donazioni dei parmigiani al confine con l'Ucraina, dalla raccolta al viaggio di 4000 chilometri

Mentre in Ucraina infuriano scontri e bombardamenti, a Parma si sono mobilitate tantissime persone per aiutare i profughi in fuga dalle zone di conflitto. Tra le varie iniziative attivate in città è stato organizzato un punto di raccolta di beni di prima necessità in via Barbacini, nella zona artigianale Moletolo. E in pochi giorni tantissime sono state le persone che hanno risposto all’appello donando cibo, vestiti, giocattoli e tutto quello che potrebbe servire a chi scappa dalla guerra.

I fautori dell’iniziativa sono Victor, cittadino italiano di origini moldave, che ha organizzato la raccolta di beni nel quartiere Moletolo, e Marius, che si è occupato di raccogliere i beni di prima necessità a Stradella, in provincia di Pavia. I due soci in affari hanno infatti organizzato un doppio punto di raccolta nelle sedi delle due aziende in cui lavorano per poter raccogliere più materiali possibili da mandare in aiuto. “Abbiamo messo a disposizione inizialmente due camion, uno dalla Toreto S.r.l. e uno dalla C.T. Transport, azienda di Parma che da 28 anni opera nel settore della logistica” racconta Victor. La risposta dei cittadini è stata però così generosa da rendere necessario un terzo camion. Un collaboratore esterno si è così offerto di aiutare con un mezzo di sua proprietà, permettendo di caricare quanto più possibile.

Durante la raccolta, avvenuta in meno di tre giorni nei primi giorni di marzo, un fiume di persone, senza sosta, hanno raggiunto il piazzale del quartiere Moletolo. C’è chi si è fermato per lasciare una busta della spesa, chi delle coperte e dei vestiti, e chi invece è arrivato con il baule dell’auto pieno di scatoloni. Tantissime le parole di ringraziamento verso gli organizzatori. “Non ci aspettavamo tutte queste persone – commenta Victor – e siamo davvero commossi dal modo in cui i parmigiani hanno aiutato”.

Il viaggio verso i confini ucraini

I tre camion, in totale, hanno trasportato 240 m³ di merce. Circa 540 quintali di peso. Nonostante questo, qualcosa è avanzato. “Siamo partiti con tre camion davvero pienissimi. Abbiamo dovuto mettere delle barre per non far cadere le cose. Ogni camion ha due portaoggetti da 4 m³: abbiamo riempito anche quelli. Le nostre borse sono rimaste in cabina con noi perché non sapevamo dove metterle. Sono avanzati tre bancali, ma in collaborazione con il ristorante di Cella, La Grande Mela, abbiamo stivato tutte le rimanenze che erano composte da vestiti”. 

I tre camion sono dunque partiti, ognuno con una destinazione diversa: il primo bilico, messo a disposizione dal collaboratore esterno, si è diretto a Jarosław, in Polonia. Gli altri due, invece, sono andati entrambi in Moldavia, uno a Orhei, l’altro a Keusheni, per un tragitto che, tra andata e ritorno, ha superato i 4mila chilometri.

Quello che sembra solo un viaggio, nasconde però burocrazia, regole e anche inevitabili cambi di programma. “Inizialmente pensavamo di andare in Romania, ma essendo stati informati che lì erano a posto, siamo andati in Moldavia. Sul posto abbiamo dovuto fare una fattura proforma di 1.500 euro intestata come ‘donazione’, perché non è possibile registrare una fattura di donazione a costo zero. Lunedì 7 marzo abbiamo fatto la bolla doganale di export dall’Europa e l’import in Moldavia e abbiamo scaricato la merce in due chiese – dove, come a Parma, ognuno dei presenti era un volontario -, per poi ripartire verso l’Italia, dove siamo arrivati la sera del 9 marzo”.

La solidarietà ha spinto Victor e suoi colleghi – tra cui Tomas Colli, amministratore delegato della C.T. Transport – a partire per portare gli aiuti, ma intanto a Parma il lavoro non si è fermato. “Lo abbiamo fatto con il cuore, anche se è stato difficile per noi gestire il lavoro da fuori. Grazie ai nostri collaboratori e dipendenti siamo riusciti a fare quello che dovevamo”. 

Victor e soci hanno quindi lavorato dalla cabina di un camion, con “20 ore di guida e 11 ore di riposo”, e lunghe attese alle dogane. “Siamo riusciti a fare filate solo le prime 20 ore. Le dogane, tra una cosa e l’altra, richiedono tre, quattro, cinque ore. All’andata il processo è stato agevolato dal nostro carico: trasportando aiuti le pratiche sono state svolte il più velocemente  possibile. Al ritorno, invece, la dogana che permette di entrare in Romania dalla Moldavia era affollatissima, piena di persone in fuga dall’Ucraina”. 

La Comunità Ortodossa di San Nettario

Oltre a Victor, la sua famiglia e i suoi collaboratori, ha preso parte all’iniziativa anche il protopresbitero Dimitri Doleanschii, parroco della Comunità Ortodossa di San Nettario, che si trova in centro città, in Borgo della Posta. Lo stesso parroco non si aspettava una reazione tanto forte dalla città.

“Era difficile aspettarsi una risposta così ampia dai parmigiani. Non mi aspettavo che fosse possibile un movimento simile. Il punto interrogativo inizialmente era: saremmo riusciti a riempire tutto il camion? Abbiamo visto però a Parma tanta volontà di aiutare il prossimo, di stare vicini a coloro che hanno bisogno in un momento di grande difficoltà. Sono gesti che parlano di una speranza, quella che nel mondo ci sono ancora tante persone che vogliono il bene, che vogliono la pace, che non guardano la faccia della persona, ma al suo bisogno”.

“Io non sono ucraino, sono della Repubblica Moldova. Però ho tanti legami con l’Ucraina: ho fatto proprio a Kiev gli studi universitari, e lì ho tanti cari colleghi. Noi – continua il parroco – come popolo moldavo siamo confinanti degli ucraini e abbiamo sempre avuto buoni rapporti. Ci sono ucraini che vivono nel nostro territorio da tempo, con interi villaggi stabilitisi lì fin dai tempi sovietici. Questo è il momento opportuno per dimostrare che ci vogliamo bene“.

“In Ucraina, come nella stessa Moldavia, la gente è divisa. – riflette il parroco – Ci sono persone filorusse e persone che vogliono essere libere dal regime sovietico passato o dal potere russo. Noi, che siamo gente semplice, dobbiamo capire che non possiamo sapere davvero la verità. Parlerà il presidente della Russia, e avrà la sua verità. Parlerà il presidente dell’Ucraina, e avrà la sua verità. Il sangue, però, non dovrebbe piacere a nessuno”.

“Non abbiamo imparato niente dalla storia, e ogni volta si riparte da capo. Questi siamo noi, gli esseri umani“.

di Alex Iuliani

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*