Shevchenko: il calciatore in prima linea per il suo Paese

Dall'ex calciatore ucraino ad Usain Bolt: gli atleti che hanno aiutato il proprio Stato in momenti di difficoltà

“Un’aggressione, un crimine contro i civili. Nessuno ci ha voluto credere, sino all’ultimo. Non potevamo immaginare che la Russia ci avrebbe fatto questo. Ci pareva impossibile”. Queste le tristi parole di Shevchenko, dopo l’inizio dell’invasione da parte del Paese di Putin verso la terra natale di Andriy.

Dopo lo scoppio della guerra, sono state molte le iniziative e l’esposizioni di personaggi celebri del mondo dello sport e altri ambiti. Tra questi, non poteva mancare una delle principali figure di spicco come l’ex calciatore e allenatore diventato celebre in Italia per la sua formidabile carriera al Milan.

Fino a qualche mese fa allenava il Genoa CFC in serie A, mentre l’estate scorsa ha portato proprio l’Ucraina ai quarti di finale degli Europei. Mai si sarebbe potuto aspettare una tragedia di questa caratura. Fin da subito ha cercato di protestare e, come scrive Fanpage, insieme ai suoi figli e ai suoi nipoti, ha deciso il 27 febbraio di partecipare in piazza a Londra – dove ora vive – alla protesta contro l’invasione russa.

Foto presa dal profilo Facebook di: Andriy Shevchenko

L’impegno per l’Ucraina

Dopo l’evento ha postato alcune foto su Instagram, social che tutt’ora sta usando solo per incentivare i follower ad aiutare la sua patria e per informare su varie iniziative solidali da poter attuare per aiutare il suo Paese.

Già a inizio del conflitto, Andriy aveva postato foto su Instagram, chiedendo invano a tutti coloro che lo seguissero di protestare e di convincere la Russia a cessare il fuoco, perché l’Ucraina non meritava questo essendo un popolo laborioso, onesto e con un grande senso di libertà.

Il primo marzo, in occasione del derby tra Milan e Inter di semifinale di Coppa Italia, ha rilasciato un videomessaggio trasmesso allo stadio.

“Cari amici italiani, da San Siro vi chiedo di far sentire il vostro sostegno per la pace in Ucraina. Il popolo ucraino vuole la pace, perché la pace non ha confini, perché ciò che ci unisce deve essere più forte di ciò che ci divide. Fermiamo insieme questa guerra. Un abbraccio a tutti.” I tifosi della squadra rossonera lo hanno accolto con una magnifica coreografia distribuendo bandiere ucraine da sventolare, riportata qui di seguito.

Foto presa dal profilo Facebook di: We Love Sport

Shevchenko non ha smesso un secondo di rilasciare interviste e cercare di offrire visibilità alla situazione ucraina, per aiutare nel concreto il suo popolo. Anche a Skysport.it, ha parlato di come non ci sia un attimo in cui non pensi alla situazione del suo Paese. Soprattutto perché a Kiev abitano ancora la madre e la sorella, che come racconta l’ex calciatore, non vogliono abbandonare la propria terra: “Anche mia madre e mia sorella sono a Kiev in questo momento e lì sono successe cose terribili. Persone e bambini che muoiono, missili puntati contro le nostre case. Parlo con i miei genitori, parlo con mia madre e dico che vorrei tornare indietro. Ma ora siamo qui, a parlare di quello che sta succedendo, della vera tragedia che il popolo ucraino sta affrontando in questo momento. Ho provato tante volte a convincere la mia famiglia ad andare via, ma mi hanno sempre detto di no. Vogliono restare lì, questo è lo spirito ucraino“.

L’allenatore ha poi parlato della decisione della Fifa di escludere dagli eventi sportivi il popolo russo, dato che si è deciso che fino al termine della battaglia la Russia non potrà più partecipare al Mondiale e alle competizioni internazionali. Shevchenko si è espresso a favore di questa posizione, dichiarando: “È una grande reazione da parte di istituzioni come UEFA e FIFA, hanno preso la decisione giusta. Non credo sia stata una decisione difficile. Quando attacchi un Paese, quando inizi a inviare bombe e soldati, non è un conflitto, è una vera guerra. Fin quando la guerra non sarà finita, penso sia la decisione giusta non permettere a nessun atleta russo di partecipare ai vari eventi sportivi”

Successivamente, il 5 marzo, Shevchenko ha condiviso su Facebook un post della sindaca di San Lazzaro, comune della città metropolitana di Bologna, la quale ha fotografo tante famiglie e bambini ucraini accolti dopo lo scoppio della guerra. L’iniziativa è servita per far conoscere la città, i parchi, le scuole dove troveranno rifugio nei prossimi giorni queste persone che non hanno più nulla.

La solidarietà espressa e le azioni compiute dal sindaco Isabella Conti, sono servite per fare breccia nel cuore di Andriy, che ha espresso parole di gratitudine nei suoi confronti, come si legge su Il Resto del Carlino: “Per favore, chi può ci aiuti. Grazie Isabella Conti“.

Foto presa dal profilo Facebook di: Che tempo che fa

Ha ricevuto sin da subito tanta visibilità, il 7 marzo, un collegamento video al programma condotto da Fabio Fazio, Che tempo che fa, nel quale si vede un Shevchenko in lacrime con la voce rotta e fiacca, che chiede implorando la pace: “Non riesco a vedere queste immagini senza lacrime. Quando sono arrivato in Italia, l’Italia mi ha aperto il cuore. Mi avete fatto sentire uno di voi. Sento che l’Italia è la mia seconda patria. Ve lo chiedo per favore: aprite il cuore alla mia gente, aiutate donne, bambini, persone anziane. Hanno bisogno del vostro aiuto”.

Ha poi aggiunto complimenti sinceri al presidente ucraino: “Zelensky è un simbolo adesso, una persona che è riuscita ad unire il popolo ucraino. Io sento spesso il suo ufficio, anche il Sindaco di Kiev. Noi stiamo difendendo i nostri diritti, la nostra terra, la nostra libertà. Questa è la nostra decisione, noi vogliamo fare parte dell’Europa”.

Altri atleti che hanno aiutato il proprio popolo

Così come Shevchenko, sono tanti altri gli sportivi che hanno cercato negli anni di creare iniziative solidali per il proprio Paese. Tra questi possiamo citare il noto attaccante attualmente al Liverpool, Sadio Manè, senegalese 29enne: durante la sua carriera, sono stati molti gli aiuti concreti offerti alla sua nazione.

Come riportato da Repubblica, l’africano aveva detto in un’intervista: “Ho avuto fame, ho lavorato nei campi, sono sopravvissuto a tempi difficili e ho giocato a piedi nudi, senza avere il privilegio di andare a scuola. Oggi, con quello che guadagno, posso aiutare le persone“. Manè ha costruito scuole, ospedali, e ha destinato un reddito base di 70 euro nelle regioni più povere del suo Stato, per garantire una soglia minima di vita dignitosa.

Per questi motivi, è subito diventato uno dei calciatori più apprezzati al mondo, per essersi dimostrato (nonostante lo stipendio alto che percepisce) non un semplice giocatore viziato dal denaro e dal consumismo, ma un ragazzo maturo che si addossa la responsabilità di aiutare chi si trova in difficoltà nel Paese che lo ha visto nascere e crescere.

Foto presa dal profilo Facebook di: Fondazione Fabrizio Meoni Onlus

Aveva fatto molto scalpore, anche una foto che lo ritraeva con in mano un telefono rotto, e le persone si erano subito emozionate. Questo perché, nonostante sia milionario ha deciso di dare poca importanza all’oggetto, dimostrando umiltà. Non è stata una mossa di marketing voluta dal giocatore, anche perché pare molto fortuita e spontanea, anche per questo ha conquistato la simpatia di molti appassionati del calcio.

Come riporta Basic Income Network, Mane ha dichiarato nel 2019: “Ho costruito scuole, uno stadio, con mia moglie forniamo vestiti, scarpe, cibo per le persone in estrema povertà. Ogni mese faccio un contributo ad organizzazioni che combattono la malaria”. Ha poi aggiunto il suo legame con la terra che lo ha cresciuto: “Sono un africano e sento che non è bello dimenticare le proprie radici, indipendentemente dal tuo status e dai progressi nella vita. Dobbiamo raccogliere la sfida di offrire sostegno morale e finanziario alla nostra gente”. Tutti questi gesti sono valsi per lui nel 7 gennaio 2020 il premio di calciatore africano dell’anno, conferitogli dall’idolo continentale Samuel Eto’o.

Foto presa dal profilo Facebook di: Liverpool FC

Un altro grande atleta che si è impegnato per aiutare il suo Paese, è stato Usain Bolt, giamaicano più veloce del mondo e campione olimpionico di atletica. Il 35enne, ha donato svariate somme di denaro, come per esempio il grosso investimento da più di un milione di euro verso la sua ex scuola. Come riporta Eurosport, l‘istituto William Knibb Memorial High School, si trovava nel 2015 in gravi condizioni economiche, e non riusciva ad acquistare nuova attrezzatura sportiva.

Bolt ha così deciso di voler essere presente di persona alla consegna del denaro, e di offrire un’ingente somma di contanti. In questo modo la scuola è riuscita a finanziarsi ed acquistare 50 paia di scarpini da calcio, parastinchi, palloni e altro materiale da cricket. Tutto questo è riuscito grazie alla collaborazione con il suo sponsor Puma.

Foto presa dal profilo Facebook di: Draftmanager

Secondo Atletica notizie, durante la pandemia Bolt ha donato 3700 dollari a Telethon, servizio promosso dal Ministero della Salute e del Benessere della nazione della Giamaica, che ha cercato di raccogliere circa 9,6 milioni di euro da usare per l’acquisto di mascherine e altre protezioni.

Come questi atleti ne esistono tanti altri che hanno aiutato il proprio Paese, spesso in situazioni drastiche. Questo dimostra come, a volte l’unione e la beneficienza riescano a salvare possibili condizioni di povertà e a migliorare la condizioni di vita di tante famiglie.

di Samuele Piroli

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