La Russia potrebbe disconnettersi da Internet? La guerra si muove anche in Rete

Mentre proseguono gli scontri fra Russia e Ucraina, Mosca sarebbe pronta ad uscire del tutto da Internet per portare le proprie risorse e infrastrutture sulla Intranet russa (RuNet). Ma la Russia non è il solo Governo a usare questa strategia per minare le libertà dei cittadini

La Russia potrebbe, in questi giorni, disconnettersi dall’internet globale per passare ad una rete web interna al paese. Secondo quanto annunciato dal viceministro russo per lo sviluppo digitale, la comunicazione e i mass media, Konstantin Ustinovič Cernenko “tutti i server e i domini devono essere trasferiti nella intranet russa” abbandonando così il World Wide Web, entro l’11 marzo. Tutte le connessioni e la gestione dei domini interni verrebbero trasferiti nella Intranet russa, la RuNet.

Le prime indiscrezioni e la successiva smentita

La nota ufficiale è stata diffusa dall’agenzia di stampa Nexta e anche da un profilo legato agli hacker di Anonymus: “La Russia si sta preparando a staccarsi da internet il prossimo 11 marzo”. Attraverso il suo profilo Twitter, Nexta ha pubblicato due documenti governativi che chiedono alle autorità lo spostamento delle trasmissioni ai server di DNS localizzati sul territorio della federazione russa. L’indicazione trasmessa è quella di rimuovere dalle pagine web tutti i riferimenti a oggetti che risiedono su server stranieri. La direttiva obbliga anche a utilizzare esclusivamente server fisicamente gestiti sul territorio russo. L’iniziativa ha lo scopo di svincolare la Russia da legami con altri paesi e aumentare la sicurezza.

Questa notizia è stata poi smentita attraverso un’altra nota diffusa dall’agenzia Tass: “Ci stiamo preparando per diversi scenari. Non ci sono piani per disconnettere Internet dall’interno” ha affermato il Ministero della Sicurezza Digitale russo. Secondo Mosca, questa misura sarebbe una forma di autodifesa dai continui cyberattacchi e l’obiettivo sembra essere quello di aumentare la sicurezza, non creare un ecosistema a parte.

Subito dopo lo scoppio del conflitto era stato proprio il governo di Kiev a richiedere la disconnessione della Russia dall’internet globale. Il vice primo ministro ucraino Mykhailo Federov aveva sollecitato una misura così drastica per impedire la diffusione di false notizie e messaggi d’odio.

Gli otto punti da rispettare

La notizia è stata, fin da subito, diffusa dai servizi di intelligence occidentali che hanno allegato la traduzione della nota trasmessa a tutti gli enti. Il Corriere ha ripreso gli otto punti che bisognerebbe rispettare:

1. Verificare la presenza dell’accesso degli account personali degli amministratori dei domini dei siti pubblici in rete Internet. In caso di assenza dell’accesso eseguire le azioni richieste su ripristina accesso

2. Aggiornamento e (o) rendere più complessa la politica della password, modifica password account personale del registratore dei domini, password degli amministratori di risorse pubbliche e, se possibile, introdurre fattori di autentificazione aggiuntivi per gli utenti.

3. Passare ad utilizzare i server di DNS localizzati sul territorio della federazione russa.

4. Cancellare da pagine HTML tutti i codici Javascript scaricati da risorse estere.

5. In caso di utilizzo di hosting estero, spostare le risorse pubbliche posizionate su di esso verso un hosting russo.

6. In caso di inserimento di una risorsa pubblica nella zona di dominio diverso dalla zona di dominio russo se possibile spostarlo alle zone di dominio “ru”.

7. Comunicare a tutti gli enti dipendenti l’elenco delle misure di potenziamento delle risorse pubbliche.

8. Informare con lettera ufficiale indirizzata al ministero dello sviluppo digitale della Russia l’esecuzione delle misure entro il 15 marzo. In caso di rifiuti che comportano indisponibilità delle risorse pubbliche segnalare al ministero dello Sviluppo digitale.

Un’operazione programmata da tempo?

Come riporta il sito Today, già nel 2019 Vladimir Putin aveva spinto l’acceleratore su una rete “internet sovrana”, ossia una rete nazionale protetta dalle minacce alla sicurezza provenienti dall’estero. Contemporaneamente si parlò della creazione di un sistema di domini russo indipendente dallo schema utilizzato nel resto del mondo.

Nell’estate del 2021 Reuters riportava di un test andato a buon fine – tenutosi tra il 15 giugno e il 15 luglio – in cui Mosca avrebbe coinvolto tutte le società di telecomunicazioni del paese in un processo di disconnessione da internet.

In realtà, spostare tutto il traffico internet su reti “internet” è altamente improbabile. È sempre possibile raggiungere i siti usando strumenti come VPN e Tor Browser. In ogni caso, una mossa del genere avrebbe conseguenze minime per il mondo Occidentale, ma potenzialmente drammatiche per il popolo russo.

Al contempo, è indubbio il crescente controllo delle autorità russe su varie piattaforme web. Dopo lo stop a Facebook avvenuto il 4 marzo, dal 14 marzo la Russia ha bloccato l’accesso anche ad Instagram. Il social network è stato inserito nell’elenco dei siti ad “accesso limitato” perché accusato di incitamento all’odio e alla violenza contro i russi. Aggiornare l’app è impossibile, ma si può accedere attraverso una Virtual Private Network (Vpn). Come riferisce la Repubblica, sono diverse le influencer russe che hanno salutato in lacrime i propri follower. Giovani donne da milioni di seguaci che hanno fatto di Instagram e Facebook il proprio lavoro. Nastya Ivleeva, influencer con 18,9 milioni di follower, ha pubblicato il disegno di una colomba in segno di pace e in un altro post, successivamente cancellato, ha scritto: “Sei anni di grande creatività, ispirazione, motivazione, scoperta e realizzazione stanno volando dritti nel buco dell’inferno“. Oltre i social network, sono stati bloccati anche numerosi siti di informazione come Bbc, Deutsche Welle e Radio Free Europe.

Limitazioni internet, la Russia non è un caso isolato

La Russia potrebbe, quindi, seguire la linea percorsa da altri paesi. Sono 12 le nazioni in cui vi sono le maggiori restrizioni internet: Birmania, Cina, Cuba, Egitto, Iran, Corea del nord, Arabia Saudita, Siria, Tunisia, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam.

È ormai estremamente conosciuto il Great Firewell intorno alla Cina, un enorme filtro che impedisce di accedere dall’interno del Paese a tutta una serie di siti e contenuti disponibili nel resto del mondo come Facebook, Twitter, Google e Youtube. Questo ha portato alla creazione di un internet parallelo, con quasi 700 milioni di utenti. Per ogni servizio e piattaforma occidentale esiste un’alternativa cinese, come l’applicazione di messaggistica WeChat.

Anche la Corea del Nord ha reso inaccessibile ogni informazione su ciò che veramente accade dentro i suoi confini. Come riporta Panorama, è stata creata una rete domestica con pesantissime limitazioni di navigazione, denominata Kwangmyong a cui si può accedere solo tramite il browser nazionale Naenara. Il sistema consente di visitare solo i 168 siti autorizzati e rappresenta un ulteriore strumento di controllo sui cittadini, perché traccia e registra tutto quello che fanno online.

Insomma, se per noi cercare su Google ciò che non conosciamo o scrollare compulsivamente su Instagram è un gesto scontato, in tanti altri Paesi, compresa la Russia con le limitazioni sui social network, il web per come lo conosciamo è una realtà tutt’altro che indubbia. Spegnere Internet è diventata un’opzione sempre più comune in diverse parti del mondo, un fil rouge che lega tutti i paesi in cui le libertà individuali vengono fortemente limitate e si cerca di non mostrare ai cittadini ciò che davvero accade dentro e fuori la propria nazione. È il caso dell’Iran che, nel novembre 2019, bloccò per diversi giorni la rete internet nel proprio paese in concomitanza con la repressione violenta di alcune proteste di piazza. Ad oggi la Russia ci sta dando un’ulteriore dimostrazione, cercando di limitare il dissenso attraverso la rete.

di Laura Ruggiero

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