La guerra del grano: la fame ci colpirà?

Come il conflitto Russia-Ucraina influenzerà i prezzi del mercato di frumento in Italia per la produzione di pasta e pane, e le possibili ripercussioni che si verificheranno nei paesi in via di sviluppo

Lo scoppio della guerra tra Russia-Ucraina si è insediato nella nostra quotidianità in modo esplosivo, e ha causato un rincaro sui prezzi delle materie prime e sui costi di produzione in maniera diretta e indiretta. Le fitte trame geopolitiche di uno scenario sempre più globalizzato martellano l’aumento dei prezzi da record da tempo in corso d’opera. Quali saranno le conseguenze e gli sviluppi sul sistema agroalimentare?

L’Italia dipende dalle esportazioni?

Partiamo dal fatto che Russia e Ucraina hanno un ruolo marginale riguardo le esportazioni di frumento duro, e il rincaro dei prezzi prende in considerazione dinamiche antecedenti al conflitto. Già dalla metà del 2020 i listini internazionali di granella hanno subito un innalzamento a causa della ripresa della domanda a seguito della prima fase post-pandemica, incrementata congiuntamente dai costi di trasporto.

L’Italia ha un approvvigionamento di volumi limitato dalla Russia e del tutto assente da parte dell’Ucraina. La domanda nazionale di prodotto estero, per soddisfare il fabbisogno interno, è soddisfatta principalmente dal Canada, con il quale negli ultimi anni si hanno avuto problematiche riguardo l’utilizzo di glifosato. Dubbi di sicurezza alimentare e scelte politiche hanno influenzato l’ulteriore crollo dell’offerta del Canada nel 2021, che ha causato un rialzo delle quotazioni di frumento duro e oggi il prezzo medio nazionale si aggira attorno ai 501,48 euro/t con costante aumento, +81% rispetto all’anno precedente.

D’altro canto, il mercato mondiale di frumento tenero è altamente vincolato dalle esportazioni globali di Russia e Ucraina che sono rispettivamente il primo e il quarto esportatore mondiale. In Italia le importazioni di frumento tenero che servono a soddisfare il fabbisogno interno sono molto elevate, oltre il 60%, anche se i principali fornitori provengono dall’UE; l’Ucraina ha solamente una presa di mercato del 3–5% dei volumi provenienti da oltre confine.

Quello che possiamo notare, è che l’Italia non è fortemente vincolata dalla compravendita diretta di frumento da Russia e Ucraina, e dunque, la causa principale dell’aumento dei prezzi di pane, pasta, biscotti e farine sarebbe più attribuibile a dinamiche di mercato indirette.

Allarme fame: i futuri pericoli

La vera problematica risiede nel fatto che le quote maggiori di esportazioni da Russia e Ucraina coinvolgono in particolare un’ampia fascia di paesi in via di sviluppo, quali Egitto, Tunisia, Turchia, alcuni paesi asiatici, buona parte del Nord Africa e in particolare lo Yemen: le informazioni del World Food Programme dichiarano che ha raggiunto livelli di fame da record mai registrati in precedenza, con 17,4 milioni di persone che necessitano di assistenza alimentare immediata, con una parte crescente della popolazione che dovrà far conto dell’aumento vertiginoso dei prezzi per riuscire a soddisfare il loro fabbisogno minimo nel futuro imminente.

“Nella società ben remunerata del Nord Africa la media degli stipendi si aggira intorno a 350-450 euro, figuriamoci quanto possa guadagnare la classe operaia. Dobbiamo tenere in considerazione che la materia prima, il grano, viene pagato allo stesso prezzo del nostro mercato. Per noi in Italia può essere un problema, ma per loro significa sopravvivenza”. Afferma il Dr. Agostino Fricano, scienziato e ricercatore presso il CREA, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria. “Un caso simile è già avvenuto nel 2010–2011 con la cosiddetta primavera araba, dove sommosse popolari sono state causate dall’aumento del prezzo del grano, a seguito di un’annata particolarmente difficile e di speculazioni finanziarie.”

Problematiche indirette

Un fattore aggiuntivo che potrebbe ulteriormente aggravare la situazione sarebbe l’azione di alcuni singoli stati, di limitare il proprio export per tutelare l’approvvigionamento interno e diminuire l’offerta presente sul mercato, iniziativa già adottata dall’Ungheria, primo fornitore italiano di frumento tenero, che spiegherebbe l’incremento dei prezzi nel nostro Paese.

In Italia, picchi di prezzo così alti del frumento non si erano verificati dal 1993, e l’aumento da capogiro mette in estrema difficoltà tutta la filiera agroalimentare. L’innesco di un sistema a “feedback positivo”, in combinazione ad altre problematiche come il cambiamento climatico, la limitazione dell’export di fertilizzanti da parte della Russia, l’aumento dei costi dell’energia per le industrie alimentari e agricole, per la produzione e il riscaldamento delle serre, lasciano intravedere un futuro incerto con un duro impatto sui mercati, dove la guerra, anche se circoscritta in una delimitata area geografica, può causare conseguenze e scatenare un impatto decisivo anche su popolazioni ben lontane dal conflitto a fuoco.

di Matteo Coloru