Vulvodinia e altre malattie “invisibili” in Italia

Una patologia di cui soffrono tre milioni di donne in Italia, ma che lo Stato ancora non riconosce

Foto di una delle manifestazioni di Non Una Di Meno

Molte donne hanno dovuto lasciare il lavoro, sono state lasciate dal proprio partner, hanno smesso di avere una “vita normale”, per una malattia senza nome. Altrettante sono state tacciate di paranoia, di pazzia, per i dolori che professavano di avere, ma che nessun dottore comprendeva – o semplicemente sottovalutava.

Oggi il dolore femminile, che non dovrebbe essere qualcosa da sopportare in silenzio e basta, sembra essere ancora considerato un tabù: a dimostrarlo il fatto che la maggior parte delle malattie genitali femminili sia praticamente inesistente agli occhi dell’opinione pubblica, in particolare nel nostro Paese.

Negli ultimi giorni, però, gli sforzi delle donne affette da una di queste patologie – come la vulvodinia – hanno portato a un’importante discussione di fronte a Camera e Senato lo scorso 3 maggio, per depositare la proposta di legge che la riconosca come malattia invalidante per il nostro Sistema Sanitario Nazionale. Questo, però, è solo il risultato più recente di un percorso che si preannuncia ancora molto lungo.

Se ne è parlato già a marzo, mese dedicato a molte iniziative di sensibilizzazione riguardanti le donne e tutti quei diritti – sociali, politici, economici – che devono essere ancora conquistati. Tra questi ci sono anche quelli sanitari.

la deputata Giuditta Pini con Giorgia Soleri e Damiano David

Vulvodinia, neuropatia del pudendo, fibromialgia, endometriosi, sono solo alcune delle patologie invalidanti, non studiate, relegate per anni a meri disturbi psicosomatici, che sono ‘invisibili’ per il nostro Sistema Sanitario nazionale, ma non per le migliaia di donne che ne sono affette.

L’ 8 marzo, in occasione della giornata internazionale della donna, l’influencer Giorgia Soleri– che da mesi si è fatta la portavoce principale della malattia da cui è affetta, la vulvodinia- ne ha parlato per la prima volta in televisione durante il talkshow Tonica.

Vulvodinia: un disturbo anche psicologico, ma soprattutto fisico

“Non so più nemmeno quante cose ho perso per colpa del mio dolore. Mi hanno visto decine di specialisti, sono stata ricoverata in decine di ospedali. Sono svenuta per strada. Tutto questo è durato 8 lunghi anni fino a quando, due anni fa, questo dolore finalmente ha preso un nome” racconta la venticinquenne Giorgia Soleri.

Una malattia che non può essere definita “rara”, in quanto colpisce una donna su sette nel mondo, è stata a lungo classificata come malattia “psicosomatica” o  “psicogena”: interpretazione che ad oggi sappiamo essere completamente sbagliata. La vulvodinia è, infatti, una malattia con solide basi biologiche, correlata a un’eccessiva risposta dei mastociti a uno stimolo infiammatorio, che provocano una proliferazione delle fibre nervose che trasmettono l’impulso del dolore nella mucosa vulvare.

È un disturbo che si presenta con intensità e frequenze diverse, che necessita di cure e trattamenti personalizzati e ha una sua diagnosi specifica e relativamente facile da realizzare: il Q-tip test o swab test, anche detto comunemente “il test del cotton-fioc”.

Si può curare? Ni, più che altro ci si deve convivere e per ora lo si deve fare a proprie spese, in tutti i sensi. L’origine multifattoriale, derivata talvolta da fattori ormonali, talvolta da infezioni o allergie, richiede il coinvolgimento di diversi specialisti – tra cui ginecologi, urologi, dermatologi, nutrizionisti e psicologi – e una grande varietà di esami e terapie a cui doversi sottoporre, che vanno dall’uso di anestetici locali ad antidepressivi, trattamenti per l’educazione del pavimento pelvico, psicoterapia cognitivo-comportamentale,  terapie sessuologiche fino ad arrivare alla chirurgia per rimuovere le terminazioni nervose sull’imene.

La conseguenza dell’essere invisibile

La dottoressa Chiara Marra in un’intervista a Vulvodina.online ha dichiarato “Mi occupo di ginecologia e ostetricia dal 2004, ma durante gli anni della specializzazione non ho mai sentito nominare la vulvodinia; è quantomeno strano perché ho frequentato una delle migliori scuole presenti in Italia, in cui non mancavano confronti e aggiornamenti, eppure non si è mai accennato a questa patologia”.

©Catharina Suleiman

Nonostante sia stata riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2020, la vulvodinia continua a non essere presente tra le malattie “invalidanti” del nostro sistema sanitario nazionale e questo determina una lunga catena di conseguenze. In primo luogo, non essendo studiata nelle Università, non sono moltissimi i medici che la conoscono, per cui sono altrettanto pochi coloro in grado di riconoscerla e poterla curare in una donna.

Successivamente, il mancato riconoscimento dal SSN fa sì che il pagamento di tutte le spese mediche sia a pieno carico delle pazienti, incluse visite, medicinali e spese di spostamento, sempre considerando quanti pochi siano gli specialisti sparsi nel territorio nazionale.

I passaggi per il riconoscimento

Un primo passo ha avuto luogo il 7 aprile 2021, quando l’Onorevole Lucia Scanu ha depositato alla Camera la prima proposta di legge per il riconoscimento della vulvodinia. Successivamente, le associazioni che si occupano di vulvodinia e neuropatia del pudendo insieme a medici, psicologhe, ostetriche e avvocati competenti in materia si sono riuniti con la parlamentare e si è deciso di scrivere una seconda proposta di legge molto più dettagliata e ampia da presentare in autunno.

Il 16 ottobre il movimento femminista Non Una Di Meno ha portato in piazza la campagna “Sensibile-invisibile“, nominando per la prima volta nello spazio pubblico le discriminazioni abiliste, di genere vissute da chi si confronta giornalmente con le patologie “invisibili”.

Il culmine della mobilitazione, però, è stato il convegno Vulvodinia e neuropatia del pudendo: un dolore senza voce, tenuto il 12 Novembre 2021 a Roma, patrocinato dalla Camera dei Deputati durante il quale hanno preso parola esponenti della politica, come il sottosegretario Pierpaolo Sileri, ma anche le sopracitate Chiara Marra e Giorgia Soleri.

In questa sede è stata presentato ufficialmente il disegno della proposta di legge per il riconoscimento di Vulvodinia e Neuropatia del pudendo come malattie croniche e invalidanti. La richiesta prevedeva il loro inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), l’esenzione dalla partecipazione alla spesa (il cosiddetto ticket), la possibilità di accedere alla richiesta dell’invalidità all’INPS e il diritto al lavoro e allo studio, come quello di assentarsi da scuola o lavoro. La proposta di legge prevede, inoltre, l’individuazione di un presidio pubblico specializzato in ogni regione, l’istituzione di una commissione per ripartire le risorse del Fondo nazionale e finanziare la formazione dei medici e la ricerca.

Da allora qualche cambiamento si è visto: il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari si è mobilitato per promuovere lo studio delle malattie invisibili nei programmi dei corsi di Laurea in Medicina e Professioni Sanitarie; la Regione Lombardia si è impegnata a riconoscere e diagnosticare vulvodinia e neuropatia del pudendo gratuitamente attraverso le sue strutture pubbliche, mentre la Regione Lazio il 10 febbraio 2022 ne ha approvato il riconoscimento come malattie croniche e invalidanti, impegnandosi a garantire sgravi economici e adeguata assistenza.

La proposta di legge è stata depositata al Senato lo scorso aprile dal Senatore Giuseppe Pisani e alla Camera dei Deputati dall’onorevole Giuditta Pini. L’ultimo evento tenutosi – al quale hanno partecipato nuovamente Giorgia Soleri e Damiano dei Maneskin, suo compagno – è stata una conferenza stampa congiunta tra Camera e Senato il 3 maggio, conclusasi con la firma della proposta di legge da parte di tutti i gruppi parlamentari.

Nonostante questo appoggio integrale, la calendarizzazione e l’approvazione della legge sono ancora molto lontane.Le leggi, soprattutto quelle che riguardano le malattie, in questo Paese sono ferme da anni – ha dichiarato Giuditta Pini durante la conferenza – La legislatura si avvia alla conclusione e sarà difficile far approvare questa legge, ma il fatto che sia stata depositata è già un’ottima notizia perché chiunque verrà dopo di noi potrà prenderne dei pezzi e lavorarci per fare in modo che pian pianino passi”. 

La vulvodinia non è la prima

Un’altra patologia femminile, sicuramente più conosciuta dalla massa è l‘endometriosi, analoga alla vulvodinia per molti aspetti, di cui sono affette circa tre milioni di donne in Italia. Riconosciuta come malattia invalidante nel 2012, quando il Ministero della Salute la aggiunse nelle tabelle INPS, è stata di fatto inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza solo nel 2016, dopo l’approvazione di ben otto mozioni bipartisan (sostenute sia dalla maggioranza che dall’opposizione).

L’approvazione alla Camera dei Deputati a quei tempi dette il via a iniziative di sostegno sociale ed economico, all’istituzione di un fondo nazionale e di un registro nazionale dell’endometriosi e alla realizzazione di reti  pubbliche. C’è da considerare, però, un fattore importante: la battaglia sociale per l’endometriosi è iniziata nel lontano 2006, ben prima di quando si sia iniziato a parlare di vulvodinia al di fuori di forum online e qualche congresso medico. Per quanto questo possa sembrare ancora meno rassicurante per il futuro della questione, si potrebbe sperare che i precedenti dell’endometriosi e il grande impatto mediatico che la questione sta generando in questi giorni possano velocizzare i tempi, per dare finalmente voce e giustizia a tutte le donne e le loro malattie invisibili.

di Giulia Padova

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*