La Quaresima e il mangiar di magro: cristianità a tavola

SACRO, GASTRONOMICO E SALUTISTICO

CappellettiQuaresima. Ovvero i quaranta giorni che separano le festività del Carnevale dalla celebrazione della Pasqua. Quaranta giorni in cui la tradizione cristiana richiama alla penitenza, alla preghiera, al digiuno in qualche modo collegato a quello che Cristo intraprese durante i quaranta giorni che passò nel deserto. In passato al cristiano credente veniva imposto forzatamente il digiuno, o meglio il mangiare di magro. La disobbedienza alla regola poteva anche portare alla pena capitale.

Qual è, dunque, il significato del mangiare di magro? Questa pratica, che dovrebbe perpetuarsi fino alla fine della Quaresima e tutti i venerdì dell’anno proibisce l’utilizzo di carni rosse, bianche e insaccati.
Durante il Medioevo, arrosti, selvaggina ed ogni altra preparazione grassa erano elevati a cibo per eccellenza e il magro relegato a semplice surrogato, lo stesso vale per tutte le tipologie di condimento di origine animale come burro, strutto, lardo. I derivati del latte vengono riammessi a fine Medioevo. Fino al XX secolo, inoltre, viene proibito anche il consumo di uova e latticini soprattutto nei giorni di totale astinenza.
La famiglia dei cibi concessi durante la Quaresima, quindi, si restringe e i praticanti sono costretti a ripiegare sul pesce, sulle verdure e sui legumi, così, che nelle case dei nostri antenati, comparivano ad esempio le aringhe, tipico pesce povero da consumarsi fresco, essiccato o salato.

BuzegaLa tradizione gastronomica del nostro Paese, ma non solo, è stata in grado di creare numerose ricette partendo da questi pochi elementi per riuscire a portare in tavola dei pasti sostanziosi.
In Emilia Romagna ecco i cappelletti di Quaresima ripieni solo di ricotta e Parmigiano Reggiano, oppure la ciambella quaresimale. Sulle colline romagnole, qualche famiglia prepara ancora la buzega, una tipica zuppa di fagioli, castagne secche, patate, cipolle e passata di pomodoro. Pellegrino Artusi, il più famoso gastronomo d’Italia e della Romagna, nel suo libro ‘La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene’, presenta degli spaghetti di Quaresima che normalmente vengono serviti in Romagna: si tratta appunto di spaghetti conditi con zucchero, noci, pan grattato e spezie. Da non dimenticare sono anche i migliacci, ovvero focacce a base di farina di mais e farina di castagne e i biscotti quaresimali preparati con un impasto di farina, zucchero, burro, e uova. Tra le altre preparazioni ecco l’aglietto, cioè le foglie di aglio utilizzate soprattutto in frittata, la pasta con le sardelle, le tagliatelle all’uovo fritte e condite con lo zucchero. In alcune zone vicino a Faenza si possono ancora trovare i ben noti ravioli di Faenza fatti di pasta all’uovo con un ripieno di castagne e marmellata.
Un cibo su tutti, infine, è riuscito a emergere rispetto agli altri per la grande varietà di elaborazioni create nelle cucine italiane: la pasta. Seguendo i precetti quaresimali, la pasta si sposa perfettamente con pesce, legumi e verdure di vario genere.

Non crediate però che i cristiani di tutti i ceti sociali abbiano rispettato sempre le regole: esistono infatti numerosi piatti contraffatti, come li definiremmo oggi, oppure regole che cercano di aggirare le limitazioni dei digiuni. In epoca medioevale si cercò di inserire la carne d’oca nella famiglia dei cibi permessi nei giorni di magro sfruttando una leggenda secondo cui le oche si originano da piccole conchiglie che si schiudono in acqua e perciò sono molto più simili al pesce che alla carne degli animali terrestri. È ironico pensare come un cibo considerato subalterno venisse, con tentativi più o meno riusciti, trasformato in un’imitazione di un alimento grasso, un po’ come oggi succede in alcuni ristoranti vegetariani o nei banchi dei supermercati, dove prodotti di ‘carne senza carne’ cercano di camuffarsi con le classiche preparazioni.

Dopo il Concilio Vaticano II, le limitazioni alimentari nei giorni di magro si sono ridotte eppure il consumo di pasti magri ha permesso non solo di rispettare un credo religioso ma anche di salvaguardare la salute della popolazione, soprattutto quella dedita a grandi consumi di alimenti di origine animale e carni conservate.

 

di Marco Furmenti

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