Emilio Cellurale, il commissario di Parma che salvò migliaia di ebrei

LE LETTERE A TESTIMONIANZA DELL'OPERA DEL POLIZIOTTO CONTRO LA FOLLIA NAZISTA

emilio celluraleRecita il Talmud, testo sacro della religione ebraica: “Chi salva una vita salva il mondo intero”.

Giusti tra le nazioni” è un termine in uso dopo la seconda guerra mondiale per indicare coloro che, non di religione ebraica, a rischio della propria vita hanno salvato migliaia di ebrei dalla follia nazista.
In questa lista, tra i più famosi Schindler e Perlasca, ha trovato posto anche il nome di Emilio Cellurale, sconosciuto ai più, ma un uomo il cui coraggio e la cui umanità contribuirono a salvare a Parma intere famiglie dallo sterminio.
Originario del Molise, di Sant’Elena Sannita, sposato con Giulia dalla quale ha avuto tre figli, Emilio Cellurale negli anni ‘40 era commissario di Pubblica sicurezza alla Questura di Polizia di Parma. Dopo 5 anni dalla ‘Dichiarazione sulla razza del gran consiglio Fascista’, Cellurale, uomo con uno spiccato senso di sensibilità e umanità, toccò con mano l’agghiacciante assurdità degli ordini ai quali doveva sottostare e decise di rischiare in prima persona per poter salvare nel suo piccolo più famiglie ebree possibili. Grazie alla sua posizione ricoperta in Questura riuscì ad avere accesso agli uffici immigrazione, dove dal 1943 al 1945 manomise centinaia di documenti di famiglie ebree e di appartenenti a famiglie di partigiani. Cellurale faceva parte di una rete di solidarietà, costituita da ebrei, partigiani e persone come lui, che avevano rifiutato l’antisemitismo imposto dal regime nazi-fascista.

LA COMUNITA’ EBRAICA A PARMA – Il 15 luglio del 1938, infatti, in Italia avevano preso piede le leggi razziali che in Germania erano già state diffuse tre anni prima e che imponevano ad organi come la Polizia di mettere in atto le disposizioni del governo fascista. Quando si affronta un argomento come quello della Shoah si tende a considerare la storia come un avvicendarsi di episodi avvenuti in un tempo lontano e in un luogo ancora più lontano. È difficile immaginare come questi fatti possano essersi abbattuti anche vicino a noi. Ma, dopo il 1938, anche Parma venne contagiata dalle nuove teorie di stampo razzista. Secondo un’analisi del Centro Studi Movimenti di Parma, a cura di Carla Cavazzi e Brunella Manotti, nell’autunno di quell’anno la comunità ebraica della città contava 144 membri. Tra di essi vi erano 62 donne e 72 uomini, di cui 6 bambini in età scolare e 12 ragazzi iscritti ad Università e scuole superiori. La maggior parte di essi apparteneva alla borghesia cittadina e abitava nei quartieri residenziali. Non solo Auschwitz o Dachau: anche l’Italia aveva i propri teatri dell’orrore. In particolare, nel territorio di Parma vennero utilizzati come campi il Castello di Scipione (a Salsomaggiore Terme), costruito nell’estate del 1940 per i cittadini di Paesi nemici e per i prigionieri politici, gli alberghi ‘Terme’ e ‘Bagni’ a Monticelli Terme, riservati a donne e bambini, e il campo situato presso il Castello di Montechiarugolo. Alcuni ebrei di Parma per sfuggire all’arresto espatriarono: tra questi il rabbino Enrico Della Pergola, l’avvocato Aristide Foà e i coniugi Levi. In tutto il parmense vennero arrestati e poi deportati 74 ebrei: tra di loro furono 23 le vittime dei campi di sterminio, di cui 6 bambini.
Probabilmente, senza l’azione di Emilio Cellurale e di altri uomini coraggiosi come lui, il numero di vittime sarebbe stato più elevato. Solidali con gli ebrei furono infatti i membri del personale ospedaliero di Parma che impedirono la cattura di alcuni di loro facendoli ricoverare e riconoscendoli inabili alla vita del campo. Tra gli altri che collaborarono alla fuga di alcuni ebrei Pellegrino Riccardi, pretore a Fornovo Taro e rappresentante del Comitato di Liberazione Nazionale di Parma, che fornì diversi documenti falsi consentendo l’espatrio di molte persone e venendo per questo riconosciuto “giusto” dallo Stato di Israele, proprio come altri uomini tra cui don Ernesto Ollari, Ostilio Barbieri, Giacomo Avenia, originari di Canesano e Igino, Corina e Giuseppe Gennari, di Parma.

UNA RETE DI SOLIDARIETA’ DA SARAJEVO A PARMA – “Ho trovato un documento molto interessante negli archivi del Cdec (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea)”, scrive la storica Liliana Picciotto sul sito del Centro Primo Levi di New York, una delle più autorevoli organizzazioni internazionali che si occupa di diffondere la storia degli ebrei italiani durante l’Olocausto. “Si tratta di una lettera del dopoguerra scritta il 28 luglio 1945 dall’avvocato di Parma Giacomo Ottolenghi che si era rifugiato in Svizzera, nella quale si ringrazia il capo dell’ufficio stranieri della stazione di polizia di Parma, Emilio Cellurale, per essersi messo all’opera in favore degli ebrei perseguitati a Parma” – aggiunge la dottoressa Picciotto.

IL CORAGGIO DI CELLURALE – ‘Ora che siamo stati liberati, le posso esprimere tutta la mia riconoscenza per l’opera umanitaria da lei svolte per liberarmi dal carcere’. ‘Grande è pertanto la mia riconoscenza, come quella di tutti i perseguitati razziali di Parma al Dr. Cellulare…e malgrado il rischio, coraggioso appoggio’.
“Questi sono alcuni stralci di lettere, che finita la guerra, cominciarono ad arrivare a casa, indirizzate a mio nonno, con dentro grande stima e riconoscenza da parte delle persone che con il suo aiuto contribuì a salvare. Mia nonna Giulia e mio padre vedendo l’eccezionalità di quello che accadeva chiesero spiegazioni.” Cosi Francesco Cellurale, nipote di Emilio, racconta come l’azione del nonno pian piano è cominciata a venire a galla.
“La discrezione è una caratteristica fondante nella nostra famiglia- continua Francesco -. Mio nonno non parlava molto di quel periodo, forse perché il pensiero andava alla persone che non era riuscito a salvare. A mia nonna non raccontava nulla per il semplice fatto che voleva difendere la propria famiglia”.
“Tutte le informazioni su mio nonno purtroppo sono difficilissime da reperire per il semplice fatto che era una persona molto amante della famiglia e del senso della giustizia, ma allo stesso tempo molto riservato ed ermetico. Anche noi familiari abbiano pochissimi documenti.”
Inoltre, seppure gli sia stato conferito il titolo di giusto tra le nazioni dall’apposita commissione, come a tutte quelle persone non ebree che hanno rischiato la loro vita per salvare i perseguitati dal nazismo, non si troverà il nome di Emilio nelle liste consultabili.

Leggi le lettere: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

 

di Paola Cavallo, Stefano Frungillo, Luca Mautone, Martina Pacini

1 Commento su Emilio Cellurale, il commissario di Parma che salvò migliaia di ebrei

  1. Fantastico questo articolo. Dovrebbero anche conferire il titolo di Giusto tra le nazioni al cognato del Dottore Emilio Cellurale, il dottore Arthur Eichenberger (cittadino svizzero che aveva apperto la pasticceria Svizzera con tea room, dove faceva uova di Pasqua come opere d arte, via Vittorio Emmanuele 31 (?) a Parma e che si era dopo spostato a Milano, dove ha aperto una fabbrica di biscotti – SAIWA società anonima waffers e affini – e poi in Piemonte e Lombardia prima di essere costretto, a controcuore, a tornare in Svizzera dopo le vicissitudini della guerra), sposato alla signora Nelda Pietralunga (sorella maggiore di Giulia Pietralunga in Cellurale). Arthur Eichenberger ha consigliato a diverse famiglie ebree italiane a lasciare rapidamente l’Italia e a mettersi al sicuro in Svizzera (certe sono purtroppo state mandate sui treni della morte perché hanno preso con loro diversi oggetti e ricordi voluminosi che hanno insospettito i tedeschi). Arthur Eichenberger ha anche avuto bisogno dell’aiuto del suo cognato durante la guerra. Il dottore Cellurale non lo ha però potuto aiutare dicendo che suo cognato era un ‘Un illustre sconosciuto’. Sua figlia, allora giovanissima e con l’aiuto di un magnifico e umano avvocato italiano, hanno potuto aiutare il Sig. Eichenberger padre. Citerò anche il figlio del dottore A. Eichenberger, Renzo Eichenberger 1925, che – per le sue attività partigiane – stava per essere mandato su un treno della morte. Suo padre è sua giovane sorella hanno bravato, in bicicletta e nuoto, strade pericolose e fiumi, per potere salvarlo. Firmato una lontana parente alla quale sua madre ha raccontato tutto (anche la probabile causa del cancro della povera zia Giulia alla quale il marito non era purtroppo rimasto fedele). Scusatemi la verità fa forse male ma deve essere detta anche se certa gente preferisce una certa ‘discrezione’.

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