Artisti, Nina Velvet e l’ironia nella sua mostra”Nei fiori dei miei danni”

“Io dipingerei sempre Albano perchè come diceva Vincenzo Cerami, la comicità nasce dal contrasto". Intervista all'artista parmigiana che ha trovato nella pittura una passione ma anche una terapia per uscire da un momento difficile

Nina Velvet, nome d’arte di Francesca, è un’artista autodidatta di Parma che ha collaborato con molti enti e sedi della città, principalmente associazioni culturali molto attive sul territorio.

L’arte ha avuto una funzione importante nella vita di Nina e ha dato una svolta positiva in un periodo complicato. “L’arte è stata terapeutica. L’ho utilizzata per riprendermi da un periodo difficile. Nel momento in cui ho appoggiato il pennello sulla tela, non ho più avuto problemi”, rivela l’artista.

Fin da piccola coltiva la passione per l’arte, dopo essersi imbattuta in un quadro di Hopper, ne rimane affascinata. Davanti al quadro nasce la volontà di diventare pittrice. Con il passare del tempo mette in un angolo questo sogno ma si sa che la passione torna sempre a galla, in un modo o nell’altro. “Nella vita uno fa altre strade e me la sono ricordata solo da adulta questa passione” racconta Nina.

Da bambina frequentava l’atelier del pittore Gianfranco Rovatti, amico del padre. I primi anni di vita li passa immersa nell’arte e nell’atelier di Rovatti, artista iperrealista. Successivamente, con la riscoperta dell’amore per l’arte compra dei libri di tecnica del colore e ne impara da sola i fondamenti.

Come racconta Nina Velvet, l’ispirazione per la sua arte viene principalmente da tre artisti: David Hockney, Francis Bacon e Edward Hopper.

“In ogni mio quadro spesso c’è l’acqua o ci sono dei fluidi. E cerco di trasmettere le espressioni nell’acqua, più che nel soggetto principale, a volte”, spiega Nina. Ma un altro elemento caratterizzante che trae ispirazione da Hockney, in particolare, “sono i colori buffi e l’ironia”.

Bacon, invece, è un pittore espressionista irlandese coetaneo di Hockney. Dipinge quadri cupi con colori molto vivaci. I suoi quadri rappresentano spesso corpi umani e immagini crude. “Solo con la pennellata riesce a esprimere tantissime cose” commenta Nina.

L’ultima mostra di Nina si è svolta presso Lostello, nel parco Cittadella di Parma, spazio dedicato alla comunità, promosso dall’ Assessorato al Welfare del Comuni di Parma e attivato dalla cooperativa sociale Emc2 Onlus.

Lostello ha contattato Nina e Isabella Bersellini per un evento sulla malattia mentale. “Ho dei soggetti un po’ violenti, un po’ intimisti e quindi ho portato una serie di tavole dove trattavo questo tema nella mia ottica: l’accettazione della malattia mentale. Anzi, accettazione è banale, nei miei quadri la malattia mentale è quasi un dono perché ti porta a sviluppare delle capacità che magari non avresti da sano, come i ciechi che ci sentono meglio”. Questo è anche il motivo per cui Lostello ha scelto l’artista per questa mostra.

Oltre ai dipinti, Nina si è cementata, con l’aiuto di un designer, nella creazione di due camere delle meraviglie, ovvero scatole chiuse dove c’è la possibilità di infilare la testa ed immergersi nell’arte che si trova al suo interno. Le fessure per accedere alle camere richiamavano una vagina e un ano, ed erano un modo per far “ridere le persone”, racconta Nina. All’interno delle fessure si potevano ammirare delle illustrazioni oniriche illuminate da delle piccole luci. “Avevo creato la giungla a destra e una specie di situazione parigina a sinistra con tematiche di amore e luci più rosa”.

Il progetto delle camere delle meraviglie aveva lo scopo di “fare luce sull’interiorità delle persone, in modo viscerale”, rivela l’artista.

Albano nell’arte di Nina Velvet

“Cry me a river ft. Albano”

Nina è conosciuta anche per il quadro “Cry me a river ft. Albano”. Un quadro che è il frutto del processo di cambiamento dopo un momento buio nella vita dell’artista. La scelta di un soggetto come Albano è una scelta simbolica che rappresenta “l’uomo medio degli anni ’70, con questa positività estrema”. Ma “volevo associarlo ad una situazione di dolore, che poi ho scoperto, dopo averlo dipinto, che lui ha provato, perché ha perso una figlia”.

Inoltre, dopo averlo ritratto, Nina ha scritto una lettera ad Albano spiegandogli il significato del quadro: “Si tratta di far accettare la vulnerabilità maschile, ed è bello. Lo scopo è normalizzare la sofferenza e non identificarsi con essa”, si legge sul suo sito come didascalia del dipinto.

Dietro a questo quadro si cela anche un momento difficile vissuto dall’artista. “A volte la pittura è la fine di un processo, a volte sono l’inizio. Questo è stato per me l’inizio di un rituale personale. Dopo aver fatto questo pezzo con Albano che piangeva, la mia routine è cambiata. Ogni domenica mi vesto un po’ glam, vado al fiume, mi siedo e guardo l’acqua e cerco di essere triste, e piango se sono fortunata, per un paio d’ore questo mi permette di dare alla mia tristezza uno spazio, e anche di controllarla un po’”.

“I did it for pussy”

“Io dipingerei solo Albano perché, come diceva Vincenzo Cerami, la comicità nasce dal contrasto”, racconta Nina. Albano rappresenta proprio questo contrasto: uomo solare che viene inserito in situazioni complesse e di disagio. Questo contrasto è evidente nell’opera “I did it for pussy”. È esilarante vedere un Albano schizofrenico che brucia un divano perché glielo dice il gattino sulla testa. Anche dietro questa tela c’è un significato più profondo: la rappresentazione della malattia mentale.

Le opere di Nina fanno ridere ma anche riflettere. “Io non mi considero un’artista ma un’intrattenitrice, mi piace far ridere le persone e poi chi vuole può rifletterci su. Tutti i miei quadri fanno ridere ma hanno anche un lato più profondo”.

“Self sabotage is faster than you”

Il terzo e ultimo quadro dove torna come soggetto Albano si intitola “Self sabotage is faster than you”. Oltre al cantante, gli altri due protagonisti sono l’autosabotaggio e il velociraptor. L’autosabotaggio è un elemento nella vita dell’artista ed è legata ad un infanzia difficile. L’autosabotaggio è “una forza violenta dentro di me”, rivela l’artista. Mentre il velociraptor e il t-rex sono legati ad una simbologia. Questi due soggetti sono “simboli primordiali e feroci”.

“Il velociraptor è nato dentro di me per diferdermi – continua Nina – E’ un mostro che è nato dalla mia infanzia per difendermi da certe situazione, l’ho demonizzato per tanti anni e poi è diventato mio amico”.

L’opera a cui l’artista è più affezionata è tuttavia “Werewolf trasformation, first stage”, perché la sua arte è principalmente cerebrale, mentre questo quadro è “stato il frutto di un sentimento vero, poco razionale, molto viscerale”, spiega Nina. Lei non si considera un’artista, ma in quel quadro si è sentita tale perché solo gli artisti sono capaci di essere viscerali e non razionali quando dipingono.

“Werewolf trasformation, first stage”

Collaborazioni con enti o artisti di Parma

Le collaborazioni sono molte e spesso sono legate alle associazioni culturali di Parma. Ha collaborato con i ragazzi dell’ABC, con Michele Belmessieri, ha donato un quadro per beneficienza all’Ospedale Maggiore durante il Covid, con il circolo social Art Lab e con il collettivo di Alessandro Canu. Ha esposto i suoi quadri a: Lostello e nell’Enolibreria Chourmo e anche al Cactus Film Festival, ha disegnato locandine per il cinema d’Azeglio e per il film indipendenti “Threads of Desire” della registra italo americana Bianca di Marco. Infine, ha un’ interazione molto attiva con i proprio followers su Instagram (NinaaaVelvet) dove l’artista decide un tema (la scelta di una canzone o il racconto di un sogno) e successivamente disegnerà le risposte dei propri seguaci. Attualmente, sta collaborando con LoverLover, uno shop con capi vintage a Parma.

Vivere solo di arte in Italia è possibile ?

La risposta è affermativa. Anche se è consapevole che si parla di una nicchia ristretta di persone e perciò è difficile vivere solo di arte ma possibile. Nina ci porta l’esempio di Maurizio Cattelan, uno dei maggiori artisti italiani degli ultimi vent’anni.

L’origine del nome d’arte Nina Velvet

Nina è il soprannome con cui sua zia la chiamava e ha un valore affettivo mentre Velvet deriva dal film di David Lynch “Blue Velvet”, un film che parla di tematiche oscure. Per il nome d’arte, Francesca si è ispirata a Marilyn Manson.

Attualmente Nina vive d’arte, fa commissioni e vende quadri. Non sa se vorrà fare solo l’artista per sempre però è stata caparbia, tenace ed è andata contro l’idea comune che l’artista non sia un lavoro ‘vero’. Lei progetta, dipinge e racconta attraverso i suoi quadri parte della sua vita, combatte le sue battaglie e vuole sensibilizzare su argomenti che le stanno a cuore, come la malattia mentale.

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