Niccolò Paganini, tra vita e leggende

Ma chi era il violinista del diavolo che non ripete? Un artista di talento che sapeva anche usare la sua immagine e aumentare la sua notorietà grazie a miti e leggende che si erano creati intorno a lui

A Parma il maestro Niccolò Paganini è stato nuovamente ricordato, questa volta attraverso l’installazione in piazzale Boito di una scultura che lo ritrae seduto su di una panchina pronto per suonare.

A spiegare il motivo di fondo di quest’opera è stato il sindaco Federico Pizzarotti, “l’auspicio è che tutta la nostra città venga contaminata dai personaggi illustri della nostra storia attraverso sculture, come quella che inauguriamo oggi, che ci fanno non solo ricordare ma anche riscoprire più vicini a noi personalità importanti e fondanti della nostra cultura”.

La storia di Niccolò Paganini, la vita

Quello che comunemente viene ritenuto essere il più grande violinista di tutti i tempi racchiude in sé una storia davvero particolare, dove talento, leggende e malattie hanno contribuito a creare un‘immagine quasi mitologica.

Nato in Liguria nel 1782 Niccolò, figlio di Antonio e Teresa – persone di umili origini -, iniziò presto a rapportarsi con il mondo della musica su spinta del padre, grande appassionato. Sebbene inizialmente venne seguito da un paio di maestri viene considerato un autodidatta, data la scarsa capacità dei suoi insegnanti; i risultati ottenuti furono sbalorditivi: all’età di dodici anni tenne il primo concerto in pubblico.

Uno dei momenti più importanti della sua formazione fu in Emilia, a Parma, dove si trasferì appena quindicenne: qui venne seguito inizialmente da Ferdinando Paer e successivamente da Gasparo Ghiretti grazie a cui rafforzò le sue conoscenze sulla composizione. Fece rientro a Genova e da lì si mosse poi tra alcune province emiliane, toscane e liguri finché nel 1813 giunse a Milano, dove strinse un rapporto di amicizia col Rossini, a lavoro nel capoluogo lombardo per un concerto alla Scala: convenzionalmente si ritiene essere il 29 ottobre 1813 l’anno d’avvio della carriera del Paganini, siccome quella sera tenne il suo primo concerto nel teatro milanese eseguendo Le streghe. Da questo momento – e fino al 1834 – il talento di Paganini verrà ascoltato anche in Europa.

dal profilo Facebook Paganini

Nonostante avesse acquistato un violino appartenuto in precedenza ad Antonio Stradivari lo strumento con cui si esibiva maggiormente era il cosiddetto ‘cannone‘, un violino soprannominato così grazie alla potenza del suono prodotto; oltre a questo strumento, Paganini si distingueva per l’utilizzo della chitarra: già agli inizi della propria carriera si concentrò sulla creazione di un repertorio virtuoso, come dimostrano alcune composizioni quali le 37 sonate e la Grand Sonata, utilizzò poi le potenzialità dello strumento nelle composizioni da camera Quartetti per archi e chitarra. Nel 1820 vide la luce una delle sue opere più celebri, i 24 capricci op.1

Oltre a spostarsi lungo tutta Italia Paganini fu investito da un grande successo anche in Europa: fu a Parigi, considerata la capitale europea della musica, che ebbe l’apice del suo successo. Divenne un vero e proprio fenomeno di costume, tenne concerti trionfali definiti da Castil-Blaze sul Journal des Débats “étonnante, surprenante, merveilleuse, miraculeuse, triomphante, étourdissante, inouïe, singulière, extraordinaire, incroyable, imprevue”.

Di ritorno in Italia si stabilizzò tra Genova e Parma, e proprio qui nel 1836 la granduchessa Maria Luigia d’Asburgo gli affidò la riorganizzazione e la direzione dell’orchestra ducale; il compito venne assunto con grande interesse ma a causa di alcune opposizioni interne all’orchestra abbandonò.

Morì nel 1840 ma soltanto nel 1876 le sue spoglie trovarono degna sepoltura nel cimitero di Parma a causa del sacerdote che lo assistette negli ultimi momenti: Paganini fu considerato empio e per tanto ne fu vietata la sepoltura in terra consacrata oltre al funerale. Dopo lunghe vicissitudini giunse al cimitero di Parma.

Paganini, il violinista del diavolo non ripete

Si può affermare che la fama del Paganini si reggeva sul suo talento di musicista e sull’immagine che egli stesso contribuiva a dare di sé. Diverse erano le leggende sulle sue capacità, alcune voci lo dipingevano come un uomo che dopo aver ucciso un rivale in amore venne imprigionato e, durante la sua detenzione, gli venne concesso di suonare un violino che col tempo perse tutte le corde, tranne quella del sol. Da qui la sua bravura proprio con questa nota.

Altri ne parlavano come un omicida seriale che ricavava dalle viscere delle proprie vittime le corde del suo violino.

Una delle leggende più famose è quella che lo dipinge come un uomo sceso a patti col diavolo in cambio del talento nell’arte della musica: a ciò il pubblico spesso credeva anche a causa delle precarie condizioni fisiche in cui versava; appariva magrissimo, col bacino spigoloso, un naso importante, una fronte alta e le guance che scavavano dentro la bocca, confermando l’assenza di denti. Va detto che già a sei anni fu al centro dell’interesse della gente siccome venne colpito da un violento attacco di morbillo al punto da considerarlo morto. Venne organizzato addirittura il funerale ma, fortunatamente, qualcuno notò un piccolo movimento della salma, avvolta da un velo, e la funzione non fu più necessaria. Al tempo ciò venne ritenuto un miracolo ma col tempo si fece uso anche di questa vicenda per alimentare le voci circa il suo patto col diavolo.

Era inoltre vittima della sindrome di Marfan, che gli permetteva movimenti con le dita altrimenti impossibili a causa di una innaturale mobilità delle articolazioni; contrasse inoltre la sifilide, le cure del tempo peggiorarono la situazione generando anche altri gravi malesseri. Completava il quadro il modo di vestire totalmente nero. Venne denominato il ‘Violinista del diavolo‘.

dal profilo Facebook Paganini

Paganini, infine, aveva colto l’importanza della promozione della propria arte e questo emerge dall’osservazione della stampa del tempo: stimolava le aspettative del pubblico, preparava con cura l’arrivo in una nuova città anche richiamando l’attenzione della nobiltà del luogo e anche quando le aspettative andavano deluse, ad esempio a causa del costo elevato dei biglietti, il risultato era comunque un incremento di notorietà.

Paganini non ripete“, questo è un modo di dire giunto fino al giorno d’oggi e che ha avuto origine nel 1818: scritturato per tre concerti al Teatro Carignano di Torino si esibì davanti ad un pubblico che contava anche Carlo Felice, futuro duca di Savoia e già Re di Sardegna. In seguito ad una performance eccellente gli venne chiesto proprio a nome del sovrano di eseguire nuovamente alcuni brani che erano stati particolarmente graditi ma poiché Paganini era solito improvvisare rifiutò, dando origine alla celebre frase. Di tutta risposta gli fu negata la possibilità di esibirsi per gli altri concerti programmati in Piemonte.

Morirà a causa di un progressivo aggravarsi del suo stato fisico: contrasse la tubercolosi ed era afflitto anche da una tosse cronica tanto presente da lasciarlo, col tempo, completamente afono. Si ritirerà a vita privata e morirà a Nizza il 27 maggio 1840.

di Francesco Capitelli

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