“L’abito necessario” e l’importanza del costume nel cinema e in tv secondo Sara Martin

Una ricerca sul ruolo degli abiti creati e indossati per i film e le serie Tv realizzata dalla docente dell’Università di Parma

Sara Martin, docente dell’Università di Parma di Cinema e Televisione, nonché l’attuale direttrice del CAPAS -il centro per le attività e le professioni artistiche dello spettacolo di Parma- è tornata nelle librerie con  L’abito necessario. Fili, trame e costumi nel cinema e nella televisione, per discutere del contributo integrante del costume nel suo ambito di studio.

Come accade nel mondo reale, un abito ha il potere di raccontare tantissimo di colui o colei che lo indossa. Il lavoro compiuto dal costume designer contribuisce forse più di tutto il resto della produzione tecnica ad arricchire l’immaginario dietro ad un prodotto audiovisivo. Pensiamo a Audrey Hepburn nel suo tubino nero in Colazione da Tiffany, la tuta di pelle gialla indossata da Uma Thurman in Kill Bill o ancora, qualsiasi costume pensato per la saga e i personaggi di Star Wars, che qualsiasi persona, fan o meno, sarebbe in grado di riconoscere talmente sono diventati iconici. Che sia un racconto ambientato ai giorni nostri, in cui vengono usati abiti a tutti gli effetti in commercio, che sia un film storico in cui usare o ricreare abiti d’epoca o un film fantasy in cui dover creare dei costumi da zero, la figura del costumista deve perennemente confrontarsi per tutto il periodo di produzione (e anche prima) con attori, regista, scenografi e truccatori.

Edito da Diabasis, il libro tematico si divide in tre livelli di interpretazione: un percorso teorico multidisciplinare di base che riassume la storia e il funzionamento del costume; una sezione dedicata a dei casi specifici e infine una sezione dedicata a delle istantanee, in cui viene trasmesso il forte potere comunicativo del costume non solo in ambito cinematografico e televisivo.

Sara Martin spiega di aver lavorato sullo studio di casi specifici di costumisti e film, “andando a fondo su quello che è il lavoro del costumista, su cosa significa costruire un abito in una funzione narrativa, che racconti un personaggio in un film o in una serie; dopodiché ho sentito l’esigenza di mettere a sistema l’origine che vi è per il costumista nella progettazione di un’abito e in seconda battuta, quali sono le relazioni fra il costumista e la moda, la figura analoga ma allo stesso distaccata dello stilista.”

Un’arte che ha tanto di italiano

Disegni di Danilo Donati

L’Italia ha da sempre un rapporto privilegiato con il mondo della moda ma anche del costume. Si pensi a Milena Canonero, pluripremiata agli Oscar; a Danilo Donati, disegnatore dei costumi più iconici dei film italiani, dei personaggi ecclettici di Pierpaolo Pasolini, di Romeo e Giulietta di Zefirelli o del Casanova di Fellini; oppure a Piero Gherardi, vincitore del premio Oscar per nientepopodimeno che i costumi de La Dolce Vita (1962) e 8 e 1/2 (1964) di Federico Fellini.

La professoressa Martin parla di come è nata l’idea del suo ultimo libro e dello stretto legame con un altro dei suoi interessi, la scenografia: “Ho impiegato quasi tre anni di lavoro per questo libro. Dopo aver lavorato per diversi anni allo studio della scenografia, data la stretta correlazione fra scenografia e costume per cui spesso in passato una sola figura si occupava di entrambi- casi emblematici quelli di Gherardi e Donati per i film di Fellini- ho iniziato ad appassionarmi alla figura del costumista come passaggio diretto della mia passione per la scenografia”. In particolare, per la seconda parte dedicata ai casi specifici da esporre, ha deciso di lasciare da parte i prodotti hollywoodiani, “circoscrivendo il discorso all’Italia, dando anche un tempo cronologico che parte dagli anni ’30 fino ad arrivare a Gomorra” (serie di cui ha trattato in un altro libro a cui ha collaborato nel 2018, Universo Gomorra, edito Mimesis Edizioni).

Che sia una serie televisiva dalla durata di innumerevoli episodi e/o un film da due ore, il compito è quello di “caricare il personaggio attraverso l’abbigliamento di una serie di elementi che lo devono raccontare, che non sempre scorgiamo, ma sono presenti. Questo in un’operazione che il costumista fa con la sceneggiatura in mano, sapendo chi è il personaggio e che tipo di abbigliamento utilizzerebbe in quella determinata situazione in funzione della sua storia, di quello che vuole raccontare di sé”.

Per quanto riguarda l’ultima sezione, l’autrice ha deciso di riempire ogni pagina con un’istantanea, con un taglio del tutto personale improntato sulle sensazioni: “Racconto un abito, talvolta un profumo, talvolta una particolarità anche di un personaggio pubblico”, non limitandosi alla realtà del cinema e della televisione, ma prendendo anche elementi che sono divenuti importanti nell’immaginario collettivo, come ad esempio la maglia di Maradona.

Alla domanda se le piacerebbe inserire il tema del costume, o il suo stesso libro, nella bibliografia d’esame di uno dei suoi insegnamenti all’Università di Parma risponde: “Ci sto pensando, mi piacerebbe, anche se è un tema molto specifico. Nei corsi della triennale, sia di cinema che di televisione, si devono affrontare una serie di elementi imprescindibili per cui potrebbe mancare il tempo materiale, ma è un elemento che potrebbe andare bene all’interno di una magistrale, in un corso dove ci si aspetta che lo studente abbia già acquisito delle competenze per seguire bene anche un percorso monografico”.

Copertina del libro “L’abito necessariodi Sara Martin

Il libro è disponibile in tutti i bookstore online in brossura.

Qui la sinossi ufficiale:

Perché l’uomo non mostra il corpo naturale, non vestito, nudo, per rivelarsi a un proprio simile? Qual è il ruolo che occupa l’abito per un uomo? Di conseguenza, qual è il ruolo che occupa il costume del personaggio? Interrogarsi sul costume di un personaggio cinematografico, e sul lavoro di colui che lo crea, significa comprendere ciò che quel personaggio finzionale vuole comunicare. Il testo propone tre livelli di studio dell’abito nel cinema e nella televisione: un percorso teorico multidisciplinare, alcuni casi di analisi specifici, alcune “istantanee”, ove l’abito cinematografico non comunica più soltanto un personaggio ma un intero immaginario complesso e stratificato.

di Giulia Padova

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