Le disuguaglianze di salute: perché esistono, cosa comportano e come combatterle

Ad oggi i dati indicano che in Italia c’è ancora molto da fare in tema di disuguaglianze di salute e, al contrario di quello che si può pensare, queste differenze non derivano solo dalla capacità di reddito ma anche da altri fattori

Cultura, reddito e ambiente sono i fattori che influenzano maggiormente la nostra salute ed è in questi ambiti, oltre che in quello della Sanità, che le Istituzioni devono lavorare per offrire a tutte le cittadine e a tutti i cittadini le stesse opportunità di vivere sani ed essere curati nel miglior modo possibile. 

Capiamo cosa sono le disuguaglianze di salute, da dove derivano, quali effetti hanno nella società e quanto ancora si può, e si deve, fare. 

I determinanti sociali in tema di salute

Uno studio su mortalità, salute e ambiente nella città di Torino, realizzato dal Prof. Giuseppe Costa, medico dell’Università di Torino ed esperto di epidemiologia occupazionale e ambientale, mostra che la salute è fortemente correlata al livello sociale; in particolare, da dati raccolti tra il 2016 e il 2018, si osserva che passando dalla collina dell’alta borghesia al quartiere operaio delle Vallette l’aspettativa di vita cala di ben 4 anni, in pratica 6 mesi di speranza di vita in meno ogni chilometro percorso dalla “zona ricca” a quella meno abbiente.

Il reddito di per sé non è però il fattore più importante nel determinare lo stato di salute – e quindi l’aspettativa di vita – di una persona, infatti è il grado d’istruzione l’indicatore più altamente predittivo della mortalità. In tal senso i dati parlano chiaro: chi non ha studiato presenta un tasso di mortalità significativamente più alto rispetto ai laureati, parliamo del 55% per gli uomini e del 30% per le donne.

Livelli d’istruzione più elevati consentono di comprendere meglio cosa è bene per il nostro benessere e di prendere decisioni più consapevoli, adeguate ed efficaci in tema di salute, quali scegliere un corretto stile di vita (seguire un’alimentazione sana, non fumare, praticare attività fisica ecc.), non rinunciare alla prevenzione (sottoporsi a controlli medici, screening di prevenzione oncologica ecc.), seguire eventuali terapie domiciliari in modo corretto e capire se, quando e come richiedere accesso alla prestazione sanitaria.

Disuguaglianze di salute e iniquità

Le differenze sociali implicano troppo spesso disuguaglianze di salute, che si traducono in un maggior rischio di ammalarsi e morire prematuramente per le fasce sociali più deboli. Le Istituzioni hanno il dovere di combattere gli effetti negativi di queste disuguaglianze e perseguire l’obiettivo di offrire a tutte le cittadine e a tutti i cittadini le stesse opportunità in tema di prevenzione e cura.

Il diritto alla salute è sancito nell’Articolo 32 della Costituzione della Repubblica Italiana e nell’Articolo 35 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. La carenza e/o l’inadeguatezza delle politiche finalizzate a contrastare le disuguaglianze di salute contribuiscono a generare iniquità di salute, ossia permettono che differenze che potrebbero essere evitate (ossia non quelle naturali, quali l’età o il patrimonio genetico) pregiudichino per alcune persone la possibilità di crescere e vivere in modo sano.

La salute in Italia

L’Italia ha un sistema sanitario universalistico e in linea di massima è in grado di garantire un facile accesso alle strutture sanitarie e un’elevata qualità nelle prestazioni mediche, pertanto le disuguaglianze di salute sono sicuramente meno marcate rispetto a Paesi dove i sistemi di welfare e di tutela delle fasce sociali meno abbienti sono più deboli.

Basti pensare che negli Stati Uniti d’America (USA), dove il sistema sanitario è totalmente privato, le persone che per motivi economici rinunciano a sottoporsi a visite specialistiche, con tutte le gravi conseguenze che ciò potrebbe comportare, sono cinque volte di più rispetto all’Italia.

Che il sistema sanitario italiano sia efficiente è confermato da un’analisi svolta nel 2020 dalla Commissione Europea sullo stato di salute nell’Unione Europea (EU), che ha dimostrato che in Italia l’aspettativa di vita è tra le più alte nell’EU.

Il sistema sanitario italiano ha però avuto delle grosse difficoltà legate al taglio dei finanziamenti pubblici e con l’arrivo del COVID-19 le debolezze strutturali che si erano venute a creare negli anni precedenti sono venute alla luce: l’aspettativa di vita si è ridotta di 1.2 anni e sono emerse importanti disuguaglianze di salute.

Politiche di contrasto alle disuguaglianze di salute

La tutela della salute è un diritto fondamentale dell’individuo e, da un punto di vista economico, un beneficio per l’intera collettività. Il contrasto alle disuguaglianze di salute deve essere una priorità delle politiche governative e deve essere attuato grazie a progetti e investimenti impegnativi, stabili e continuativi.

Negli ultimi anni si è cercato di avere un approccio multi-partecipativo, in accordo con la strategia“Health in All Policies” (HiAP), elaborata dall’UE nel 2006, che letteralmente significa “salute in tutte le politiche” e prevede la collaborazione tra tutti i settori della politica per la prevenzione e la promozione della salute. In questa direzione, in Italia sono stati stipulati diversi Protocolli d’intesa tra il Ministero della Salute e scuola, economia, industria, agricoltura, sport, società civile ecc.

Il Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) 2014-2018, approvato nel 2014 dalla Conferenza Stato-Regioni, ha introdotto per la prima volta il tema del contrasto alle disuguaglianze di salute e ha invitato le Regioni a includerlo nei Piani Regionali di Prevenzione (PRP). In alcune Regioni sono stati adottati programmi di Health’s equity audit, che consistono in attività di sorveglianza, monitoraggio e analisi del funzionamento delle iniziative messe in campo dalle diverse Regioni. Questi programmi, che fanno capo a un progetto pilota del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) del 2014 denominato“Equity audit nei PRP in Italia”, permettono di valutare l’efficacia di un dato intervento di prevenzione di salute, applicare eventuali elementi correttivi e trasferire, con le opportune modifiche, le iniziative di maggior successo ad altri contesti di salute o ad altre Regioni.

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha aderito in rappresentanza dell’Italia al progetto Joint Action Health Equity Europe (JAHEE), che ha unito 25 Paesi della UE nell’obiettivo di ridurre le disuguaglianze sia all’interno sia tra i diversi Paesi, con particolare attenzione agli immigrati e ai gruppi vulnerabili.

Progressi importanti sono stati fatti anche nell’ambito dell’approccio di genere in medicina, che deve tener conto delle variabili biologiche, ambientali, sociali ed economiche delle donne. Non solo i fattori biologici peculiari del genere femminile possono influenzare la frequenza e la modalità d’insorgenza di una malattia e la risposta ai trattamenti (da qui l’importanza di tenerne conto per una migliore prevenzione e un maggior successo terapeutico), ma è importante sottolineare come i redditi da lavoro e pensione, che nelle donne sono nettamente inferiori a quelli degli uomini, abbiano una diretta conseguenza sulla generazione di disuguaglianze di salute e quindi ricadute importanti sulla loro salute. Un fenomeno che deve essere contrastato.

Sostenere e promuovere l’approccio di genere in medicina rappresenta un impegno fondamentale anche nell’ottica di un cambio culturale in Italia e l’istituzione dell’Osservatorio sulla Medicina di Genere da parte dell’ISS nel 2020 ha rappresentato una pietra miliare in tal senso.

Quanto ancora si può (e si deve) fare

Ad oggi i dati indicano che in Italia c’è ancora molto da fare in tema di disuguaglianze di salute.

Quest’anno la spesa sanitaria italiana ha raggiunto la media dell’UE grazie a importanti investimenti resi possibili grazie alle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ma particolare attenzione dovrà essere posta alle disuguaglianze di salute regionali, che sono davvero notevoli e producono dati sconcertanti a svantaggio del sud e delle isole: ad esempio i bambini nati in Calabria nel 2017 hanno un’aspettativa di vita di 9 anni e 1 mese inferiore rispetto ai bambini nati nello stesso anno in Emilia Romagna.

Le disuguaglianze di salute regionali producono anche un fenomeno definito mobilità sanitaria passiva, ossia la “fuga” dei pazienti dalla loro Regione di appartenenza a causa di un’insufficienza qualitativa (reale o percepita) nelle prestazioni sanitarie offerte. La mobilità passiva è un indicatore di disuguaglianza ma ne è anche causa poiché le Regioni con saldi di mobilità negativi devono ridurre la loro spesa sanitaria a discapito della qualità dei servizi offerti.

A questo riguardo, la Commissione Europea ha approvato e finanziato il primo Piano Operativo Nazionale (PON) sulla Salute rivolto al Mezzogiorno, che porterà al Sud Italia 625 milioni di euro, oltre a quelli già stanziati dal PNRR, per contrastare la povertà e le iniquità in ambito sanitario, con interventi mirati nei settori dello screening oncologico, della salute mentale edei consultori.

Il nuovo Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) 2020-2025 ha adottato una visione olistica della salute, considerandola “il risultato di uno sviluppo armonico e sostenibile dell’essere umano, della natura e dell’ambiente” e riconoscendo che “la salute delle persone, degli animali e degli ecosistemi sono interconnesse”. Il PNP 2020-2025 promuove interventi intersettoriali finalizzati a creare importanti ponti di scambio tra Sanità e scuola, ambiente di crescita, lavoro, abitazione ecc. e si spera che ci permetterà di veder realizzato in modo efficiente il più importante progetto di orientamento verso l’equità nella prevenzione mai realizzato prima d’ora.

Ridurre le disuguaglianze di salute all’interno dei e tra i Paesi rientra anche tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile (obiettivo n°10). In questo contesto, l’ISS ha istituito una struttura di missione temporanea denominata “Disuguaglianza di salute”, mirata ad orientare gli obiettivi della ricerca verso la riduzione delle disuguaglianze di salute e fungere da punto di raccordo e scambio per tutti gli Enti o Istituti che operano in questo ambito.

Educazione sanitaria: un’attenzione alla salute delle generazioni del futuro

L’educazione alla salute dovrebbe iniziare già dalla prima infanzia e dall’adolescenza, per fornire ai più giovani quella capacità di discernimento che permetterà loro di fare scelte corrette in tema di alimentazione, attività fisica ecc., una “ricchezza” che potranno portarsi dietro per tutta la vita. Più precoce è l’adozione di uno stile di vita sano, maggiore è la probabilità di crescere e rimanere in salute.

In questo ambito sono diverse le iniziative che coinvolgono scuole, università e anche aziende private. Un esempio virtuoso è sicuramente quello di Giocampus nella città di Parma, che fornisce educazione motoria e alimentare mediante il gioco e sta avendo ottimi risultati sia in termini di apprendimento da parte dei bambini sia in termini di gradimento e adesioni. Ci si augura che siano in molti a seguire questo modello e che le disuguaglianze di salute possano essere combattute con tutte le misure possibili, compreso il gioco.

di Jung Hee Levialdi Ghiron

Questo articolo è stato realizzato per la rubrica Comunicare la scienza, realizzata in collaborazione con gli studenti del Master Cose dell’Università degli studi di Parma

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*