“Doctor Strange: nel multiverso della follia”, l’horror sbarca nel MCU

Tornano in sala lo stregone e la strega più famosi dei fumetti in una veste dark eclettica

©Marvel Studios

Dopo il successo per i botteghini – complici i fan nostalgici – di Spider Man No Way Home, la Marvel torna in sala con il ventottesimo prodotto cinematografico del grande progetto iniziato nel 2008 con Iron Man. Dopo tre fasi esclusivamente cinematografiche, che hanno portato gli eroi più grandi della terra a scontrarsi con il titano Thanos in Avengers: Infinity War ed Endgame, i Marvel Studios hanno iniziato la loro quarta fase con l’introduzione di nuovi personaggi.

Non solo al cinema, ma anche nelle serie tv targate Disney+, e portando una grande novità: il Multiverso. “Un concetto di cui sappiamo veramente poco”, come dice il personaggio di Benedict Wong: è il perfetto escamotage per narrazioni fuori dagli schemi (e più o meno fanservice) per far impazzire i fan più accaniti.

Annunciato al Comic Con di San Diego nel 2019, il secondo capitolo di Doctor Strange era previsto per maggio 2021. Sin dall’inizio è stato il titolo più chiacchierato della fase 4, con il teamup di Benedict Cumberbatch (Stephen Strange) ed Elizabeth Olsen (Wanda Maximoff aka Scarlet Witch), mai visti prima insieme sullo schermo. Inoltre, le dichiarazioni del regista Scott Derrickson lo preannunciavano come “il primo film horror della Marvel”.

Di cose poi ne sono cambiate, in primis a causa della pandemia da Covid-19 – che ha fatto slittare e mescolare diverse uscite televisive e cinematografiche – e poi per l’abbandono del regista, dovuto a divergenze con la casa di produzione, che ha però portato al ritorno di un altro cineasta molto apprezzato tra i fan.

Un film di Sam Raimi più che della Marvel

©Marvel Studios

A rimpiazzare Derrickson è stato niente poco di meno che Sam Raimi, maestro dell’Horror e regista dei primi film con un eroe Marvel mai realizzati al cinema: la trilogia dello Spider Man di Tobey McGuire. Guardando Doctor Strange: in the Multiverse of Madness, è lampante la libertà creativa che gli studios gli hanno concesso. La sua firma a questo prodotto è ben più visibile di quella di un Taika Waititi per i sequel di Thor o della regista premio Oscar Chloé Zhao in Eternals (2021).

Il film, che nessuno si sarebbe aspettato davvero horror, per il target familiare a cui da sempre punta la Disney, è cupo, violento, spaventoso, ricco di jumpscares. Non mancano suggestioni audiovisive e soprattutto è ghiotto di riferimenti a film cult del genere (una scena omaggia in modo schiacciante The Ring) e non mancano autocitazioni: da Drag Me to Hell, passando per L’armata delle Tenebre, fino a La Casa. Sam Raimi, come da lui stesso dichiarato, si è proprio divertito a lavorare a questo progetto, che gli ha permesso, anche grazie al Multiverso, gli scenari più eclettici e strani e, soprattutto, mondi alternativi in cui tutto è concesso, senza dover risparmiare niente e nessuno.

La pellicola, che nella prima parte deve introdurre i personaggi e le loro motivazioni, diventa dopo poco una sequenza senza sosta di visioni psichedeliche, demoni, mostri, cadaveri rianimati ed evocazioni. Nota di (grandissimo) merito va al compositore Danny Elfman, noto collaboratore di Tim Burton e di Raimi, che qui ha giocato con riff di chiatarra elettrica e distorsioni di brani classici di Beethoven e Bach.

Un film poco “accessibile” a chi non fa sempre i compiti

©Marvel Studios

La Disney ha deciso con questa pellicola di sfidare il tutto per tutto, non solo rendendolo poco family-friendly, ma rendendolo anche un prodotto per “secchioni” della Marvel. É uno dei titoli meno fruibili per chi si approccia al franchise in maniera più distaccata. Innanzitutto, la storia vede come protagonista quasi allo stesso livello di Doctor Strange, la strega Wanda Maximoff, vista per l’ultima volta nella serie TV Wandavision, di cui Multiverse of Madness è il sequel diretto a tutti gli effetti.

Anche lo stesso fanservice, tanto sfruttato ultimamente dalla major, qui riesce a colpire solo i fan veterani e informati, con versioni alternative prese direttamente dalla serie animata What If, fancasting di Internet che prendono vita, e il recupero di un attore di una serie ABC che i fan avrebbero preferito dimenticare.

Questa “esclusività” si è da subito riflessa nei risultati del botteghino: la prima settimana con un ingresso pazzesco, è stata seguita da un calo drastico. Questo perché i primi giorni sono quelli in cui generalmente vanno i fan sfegatati, che non vogliono incappare in spoiler indesiderati, mentre nelle settimane successive le sale si riempiono del pubblico generalista, che va con minore interesse o spinto dal passaparola, che in questo caso non è stato dei migliori.

La scrittura di Michael Waldron, già lamentata nella serie Loki, ha anche qui evidenti lacune, probabilmente anche a causa dei numerosi reshoots al quale è stato sottoposto il film negli ultimi due anni. Tuttavia, il tocco di Raimi, la magistrale interpretazione di Elizabeth Olsen – che ha reso il suo ambiguo personaggio uno dei più amati del MCU – e di Benedict Cumberbatch, accompagnate all’atmosfera horror e a easter eggs poco invadenti, hanno reso sicuramente questo film il più coraggioso di casa Marvel.

Di Giulia Padova

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