Tecnologia, prevenzione incendi e tutela degli ecosistemi nel secondo incontro di ALFONSA

La seconda giornata di incontri ha preso in esame il ruolo della tecnologia 4.0 nella prevenzione degli incendi e nella tutela degli ecosistemi. Tra i relatori, il Colonnello Marco Di Fonzo del Nucleo Antincendio Boschivo dei Carabinieri Forestali

colonnello Marco Di Fonzo, Carabinieri forestali, ALFONSA
Il colonnello Marco Di Fonzo del Nucleo Informativo Antincendio dei Carabinieri Forestali. Foto di Giacomo Federico Rubini

Sabato 11 giugno si è svolto presso il Palazzo Tardiani del Borgo Val di Taro (PR) il secondo incontro del ciclo di conferenze AL.FO.N.SA. (Alta Formazione e Innovazione per lo Sviluppo Sostenibile dell’Appennino), il progetto regionale, organizzato dall’Università di Parma e da altri atenei della regione col patrocinio della Regione Emilia, dell’Ordine degli Architetti e degli Ingegneri di Parma e delle Guide Ambientali Escursionistiche (GAE e AIGAE), che riunisce imprenditori, istituzioni, professionisti e cittadini per affrontare il tema della riqualificazione dell’area appenninica nell’ottica dell’Agenda 2030.

La conferenza, dal titolo “Il ruolo della tecnologia 4.0 per la tutela del territorio e degli ecosistemi” è iniziata con gli interventi della giornalista, vicepresidente dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna e consigliera regionale di Europa Verde Silvia Zamboni e del sindaco di Borgo Taro Marco Moglia. I seminari, moderati dal professor Alessio Malcevschi, nel ruolo di responsabile scientifico del progetto ALFONSA per l’Università di Parma, hanno visto la partecipazione del colonnello Marco Di Fonzo del Nucleo Informativo Antincendio Boschivo dei Carabinieri Forestali, di Romeo Broglia e dell’architetto Fausto Ugozzoli (rispettivamente COO e responsabile di ricerca e sviluppo nonché project manager e business developer dell’azienda AeroDron), del dottor Francesco Nigro (delegato regionale uscente del WWF Emilia-Romagna) e di Davide Galli (presidente GAE-AIGAE Italia).

Tra gli argomenti discussi durante la conferenza l’utilizzo di droni e satelliti per la raccolta dati, l’importanza dell’innovazione tecnologica e del suo uso corretto nelle operazioni di prevenzione, monitoraggio e tutela del territorio, i nuovi modi di comunicare e fare scienza tramite iniziative come la Citizen Science e i limiti da rispettare per evitare un uso improprio delle nuove tecnologie.

Perchè proteggere i boschi?

Più di un terzo del territorio italiano (circa 11 milioni di ettari) è occupato da foreste: una superficie enorme, che ogni anno è responsabile per il sequestro di circa 46 milioni di tonnellate di anidride carbonica dall’atmosfera. Un contributo ambientale notevole, senza considerare il ruolo dei boschi nello svolgere attività come migliorare la qualità dell’aria, regolare l’equilibrio idrogeologico, costituire da serbatoio per buona parte della biodiversità della penisola e, infine, avere per il nostro paese una forte identità storica e culturale.

I boschi rappresentano per l’Italia una grandissima ricchezza in termini ambientali ed economici. Una ricchezza che ora più che mai è messa in pericolo dai recenti cambiamenti climatici, di cui gli incendi sono solo l’ultima manifestazione. L’anno scorso, l’Italia è risultata al primo posto in Europa per numero di incendi: a ottobre 2021 il bilancio era di quasi 159mila ettari andati letteralmente in fumo a causa del caldo, della siccità e, soprattutto, dell’intervento umano. È ormai chiaro che questi danni non rappresentino l’eccezione, ma siano il segnale che stiamo vivendo “una stagione di eventi fuori scala”, come definito dallo stesso colonnello Di Fonzo. Un messaggio condiviso dalla vicepresidente Zamboni nella sua dichiarazione d’apertura, dove viene esplicitato come gli incendi “non possano essere contrastati solo con la risposta emergenziale” e sia necessario un maggiore investimento nelle attività di prevenzione.

AeroDron Alfonsa
A sinistra: Fausto Ugozzoli (responsabile R&S, project manager e business developer per AeroDron). A destra: Romeo Broglia (COO AeroDron). Foto di Giacomo Federico Rubini

Droni e satelliti: un nuovo modo per raccogliere dati

Con industria 4.0 si intende un modello di produzione e gestione aziendale caratterizzato dall’utilizzo di macchinari connessi al Web, in grado di svolgere analisi complesse utilizzando un’enorme quantità di dati e capaci di migliorare la connessione e l’integrazione digitale. Tra gli esempi ormai noti di tecnologia 4.0 possiamo annoverare la didattica a distanza, dimostratasi fondamentale per consentire il proseguimento delle lezioni durante la pandemia da Covid-19, o i droni automatizzati.

Questi ultimi vengono usati sempre più spesso per svolgere analisi di supervisione, dal momento che possono essere equipaggiati con diversi tipi di sensori che li rendono adatti a svolgere una vastissima tipologia di indagini. In modo simile, anche i satelliti di nuova generazione consentono di raccogliere una grande quantità di dati utili per estrapolare informazioni sul territorio. Ma qual è l’effettiva potenzialità di queste nuove tecnologie? E in che tipo di contesti possono essere applicate? Un primo esempio, come descritto dal colonnello Di Fonzo nel corso del suo intervento, è nella prevenzione e nell’investigazione della natura di un incendio.

Il Nucleo Investigativo Antincendio Boschivo dei Carabinieri Forestali (NIAB) è stato istituito nel 2000, a seguito dell’entrata in vigore della Legge 353 del 21 novembre (Legge quadro in materia di incendi boschivi) e del desiderio di fornire allo stato una struttura investigativa dedicata al fenomeno degli incendi boschivi. Il compito principale del NIAB è, appunto, quello di scoprire le cause di un incendio dopo che questo è stato domato, raccogliendo eventualmente le prove da sottoporre al magistrato per elaborare un’ipotesi di reato.

Vista l’enorme difficoltà data da questo compito, non sorprende che il NIAB sin dalla sua istituzione si sia affidato al supporto tecnico-scientifico delle università per sviluppare metodiche che l’aiutassero ad ottimizzare le proprie strategie di indagine, sviluppando, ad esempio, algoritmi utili a determinare il punto d’origine di un incendio tramite l’analisi di parametri quali il tipo di combustibile disponibile nella zona incendiata o la presenza di vento.

Gran parte dei dati elaborati dal NIAB provengono da fonti open source e sono ottenuti da programmi satellitari come le Costellazioni Copernicus, Skymed o Hubsat. Servirsi delle immagini satellitari si è dimostrato più volte utile, non solo per monitorare la progressione di un incendio, ma anche per aiutare a identificarne il punto di origine, consentendo ai Carabinieri di ridurre l’area di indagine significativamente.

L’uso di queste nuove tecnologie ha moltiplicato l’efficienza degli interventi, ma ha anche evidenziato come circa la metà degli incendi verificatisi in Italia sia di natura colposa, e dunque dovuto a negligenza, imprudenza o scarso senso civico.

Le nuove tecnologie non bastano da sole per aumentare l’efficienza di un intervento antincendio, ma devono essere integrate ad una rete di collegamento di esperti che sappiano interpretare correttamente i dati e possano in questo modo coordinare le attività di intervento. Per svolgere efficacemente il proprio ruolo, infatti, il NIAB fa uso di analisti esperti sul tema degli incendi boschivi localizzati in ogni provincia, parco e regione italiana, in grado di interpretare tempestivamente i dati grazie alla loro eccellente conoscenza del territorio.

Se i satelliti possono fornire informazioni dall’orbita terrestre, i droni possono svolgere analisi altrettanto utili volando a quote molto più basse. Come evidenziato da Romeo Broglia e Fausto Ugozzoli nel corso della loro presentazione, i droni stanno attirando l’attenzione della comunità scientifica come mezzo per l’acquisizione di dati grezzi, in virtù della loro grande versatilità: per rendere un drone operativo alla raccolta dati basta dotare il suddetto di un insieme di sensori (ottici, laser, a infrarossi, ecc.) che consentono a queste macchine di avere numerosissime applicazioni.

Questa semplicità è il motivo per cui società come AeroDron utilizzano i droni per condurre una vastissima gamma di analisi del territorio che vanno dalla mappatura del patrimonio edilizio al monitoraggio della qualità dell’aria all’uso in situazioni di emergenza: usando un sistema di sensori termici, un drone diventa persino in grado di localizzare una persona sepolta tra le macerie di un edificio. Una tra le applicazioni più interessanti della tecnologia drone è quella che rende possibile la cosiddetta “agricoltura di precisione”, che consente di mappare una coltivazione rilevando parametri, quali lo stress idrico, e di inviare in seguito i dati alle macchine per l’irrigazione cosicché possano innaffiare solo dove necessario, riducendo il consumo di acqua e migliorando al contempo la resa del raccolto.

Francesco Nigro WWF, Davide Galli AIGAE
A sinistra: Francesco Nigro (delegato regionale uscente WWF Emilia-Romagna). A destra: Davide Galli (Presidente GAE-AIGAE). Foto di Giacomo Federico Rubini

Citizen science e tecnologia: due realtà compatibili?

Se il diffondersi delle tecnologie 4.0 consente al giorno d’oggi di avere a disposizione un gran quantitativo di dati di alta qualità, questo rende ancor più evidente la necessità che nell’attività di ricerca siano presenti figure competenti nel campo dell’analisi e del rilevamento dei dati. Le nuove tecnologie possono apportare un notevole contributo scientifico, ma un loro uso irresponsabile o eccessivo può risultare estremamente controproducente, soprattutto quando si vogliono compiere analisi di tutela del territorio.

Come testimonia Francesco Nigro, delegato regionale del WWF, sebbene droni, satelliti e intelligenze artificiali si dimostrino preziosi per aiutare ricercatori e volontari a condurre efficacemente le proprie attività, in certi casi una risposta più moderata, quale può essere fornire ai ranger mezzi molto semplici, come binocoli o telecamere di sorveglianza, può essere sufficiente a fare la differenza.

Occupandosi da più di sessant’anni di comunicazione scientifica, il WWF ha intrapreso un gran numero di iniziative e collaborazioni con enti e compagnie pubbliche e private al fine di ottenere nuovi strumenti per aiutare nella tutela del territorio ed effettuare campagne di comunicazione e sensibilizzazione efficaci. Tra le ultime, si può annoverare il progetto “Guardiani della Natura”, varato lo scorso anno grazie ad una collaborazione con Huawei al fine di combattere le attività illegali tramite l’installazione di una serie di dispositivi di controllo acustico, capaci di rilevare e segnalare tempestivamente alle autorità la presenza di segnali acustici anomali come il rumore di uno sparo o di una sega elettrica.

Nonostante il WWF, grazie alle proprie campagne di informazione e sensibilizzazione, dirette in particolar modo ai giovani, abbia contribuito enormemente a generare interesse nel pubblico riguardo al tema della sostenibilità e della tutela della biodiversità, promuovendo anche iniziative di incontro tra cittadini professionisti e non professionisti nel contesto della Citizen Science, l’ente ha anche sperimentato diverse volte in prima persona i lati negativi di un eccessivo coinvolgimento da parte del pubblico. Lo stesso può confermare Davide Galli, Presidente dell’Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche, un’associazione che da trent’anni promuove turismo intellettuale ecosostenibile tra gli appassionati che vogliono scoprire le meraviglie del territorio italiano senza l’uso di mezzi a motore: molte attività che richiedono discrezione, come il monitoraggio delle specie a rischio o dei siti di nidificazione, vengono spesso condotte impropriamente dai volontari, ad esempio utilizzando fototrappole tecnologicamente avanzate ma ingombranti che vengono più facilmente rilevate dagli animali, spingendoli alla fuga o divenendo per loro una fonte di stress.

Le attività di monitoraggio di specie effettuate da AIGAE e WWF, così come quelle relative ad attività illecite come il bracconaggio, sono sempre svolte cercando di minimizzare l’impatto antropico. Purtroppo, la passione e l’entusiasmo dei ‘Cittadini della Scienza’ mal si sposa con il rigoroso processo di raccolta dei dati e, quando queste caratteristiche vengono accorpate ad un eccessivo uso delle nuove tecnologie, c’è un alto rischio di compiere un danno, anche se in buona fede. Per questo motivo, sia WWF che AIGAE hanno deciso di includere nelle loro campagne di informazione anche indicazioni per un corretto uso delle tecnologie digitali, investendo al contempo nell’uso di tecnologie per la raccolta dati che siano intuitive e di semplice utilizzo, in modo da mantenere elevato il coinvolgimento del pubblico nelle loro attività di ricerca riducendo al contempo sia l’errore che il rischio di danneggiare l’ambiente.

ALFONSA 2022 Borgotaro
I relatori e alcuni partecipanti alla conferenza ALFONSA. A sinistra del colonnello Di Fonzo il sindaco di Borgotaro, Marco Moglia. Al centro accanto a Romeo Broglia il moderatore della conferenza, il Professore dell’Università di Parma Alessio Malcevschi. Foto di Giacomo Federico Rubini

Tecnologia: la chiave per un futuro sostenibile?

Nonostante l’Italia abbia accettato di aderire alla promessa di raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030, non è sbagliato notare come il nostro Paese al momento si trovi ancora piuttosto lontano dal traguardo prefissato. Negli ultimi anni, l’approvazione di leggi come il Decreto Milleproroghe o il PNRR ha consentito all’Italia di compiere qualche piccolo passo in avanti per delineare e iniziare a progettare le proprie comunità del futuro. La parola chiave è senza dubbio innovazione. Ma l’innovazione è descritta da uno solo degli obiettivi dell’Agenda 2030.

Non è un caso che un’iniziativa come ALFONSA abbia deciso di affrontare un tema critico come l’utilizzo delle nuove tecnologie nella prevenzione degli incendi e nella tutela del territorio in una cittadina come Borgotaro, la cui area comunale è composta per quasi il 75% da boschi. I cambiamenti climatici si stanno verificando: i periodi dell’anno più propizi all’insorgere di incendi si stanno allungando e persino il comune cittadino non può più permettersi di limitarsi ad osservare la situazione.

L’innovazione da sola non basta ad assicurare il nostro futuro: serve maggiore comunicazione, serve maggiore collaborazione, serve la volontà di voler essere portatori del cambiamento. In altre parole, ci serve una governance.

di Giacomo Federico Rubini

Link utili

L’Italia è prima in Europa per numero di incendi. Come stanno i nostri boschi?

Perché si parla tanto di industria 4.0: che cos’è e quanti lavori può creare

Sito ALFONSA

AIGAE Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche

L’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile

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