The Sandman: una serie lenta e noiosa? Ecco perchè non l’avete capita

La recente serie di Netflix è tratta dall'opera a fumetti di Gaiman e parla del potere dei sogni portando lo spettatore a chiedersi 'dove sto andando?'

La storia della letteratura occidentale parte da un’opera in rima (La Divina commedia) e tre opere in prosa, ovvero il Decamerone di Boccaccio, I racconti di Canterbury di Chaucer e Le mille e una notte, che per quanto di origine araba giunsero rapidamente in Europa a partire dal quindicesimo secolo, prima dell’invenzione della stampa.

Ad esclusione dell’opera dantesca, che presenta comunque una serie quasi infinita di storie e di racconti narrati dal punto di vista dello stesso poeta, le altre tre opere hanno la peculiarità di inscenare centinaia di storie e di farle confluire quasi tutte dentro il contesto metanarrativo dell’opera in questione, simile ad una cornice.

Nel Decameron per esempio dieci ragazzi affrontano la pestilenza inventando storie con cui passare il loro tempo. Ne Le mille e una notte è la bella Sharazad ad essere costretta dal Sultano a narrare ogni notte una storia, per non finire stuprata e uccisa (se non peggio costretta a sposarsi), seguendo una trama che avrebbe fatto ribrezzo a Walt Disney, che non a caso si rifiutò sempre di trasporre in uno dei suoi film tale opera. Ne I racconti di Canterbury Choser segue invece l’impianto di Boccaccio per il suo Decamerone e così via.

Nel contemporaneo esiste un’opera del fumetto che segue abilmente questo schema, proponendo centinaia di storie indipendenti ben incastrate tra di loro. Storie che tra l’altro seguono silenziosamente – quasi senza che il lettore se ne accorga – un intreccio variopinto colmo di citazioni, a metà fra il metafilosofico e il fantastico. Una trama talmente semplice ma ben nascosta che quando si giunge al termine della lettura dell’opera il lettore si sente estasiato ma anche estraniato dalla sua conclusione, come se stesse fuoriuscendo direttamente da un sogno.

Il Fumetto delle storie

Tale opera si intitola The Sandman e non a caso parla di Morfeo e del suo potere inerente al controllo dei sogni. Uscita verso la fine degli anni ’80 e conclusasi definitivamente nel ’96, la saga del Re dei Sogni divenne già durante il periodo della sua pubblicazione il miglior esempio di come un media nato per intrattenere la gente – il fumetto, appunto – finisca per assumere la qualifica di capolavoro letterario, infrangendo le barriere fra i generi. Non per semplici meriti artistici o perché la gente avesse cominciato ad adorare così tanto il mondo e l’avventura di Morfeo da desiderare che la sua esistenza fosse reale. No. Venne definita capolavoro perché fino ad allora non si era visto nulla come quello, fra le pagine di un fumetto.

L’avventura immaginata da Gaiman (il suo rinomato autore) trascese infatti il compito di portare il lettore verso un mondo sconosciuto dove potersi immergere e immedesimare con i protagonisti delle storie per sfuggire alla cattiva e noiosa esistenza quotidiana. Le gesta di Morfeo fecero di più. Ovvero spinsero i lettori ad osservare attentamente la loro realtà attraverso una nuova lente, di kantiana memoria, maturando una vista che si era altresì evoluta a seguito delle verità cosmiche assimilate e dipanate da Gaiman durante la lettura dell’opera.

Come gli antichi tentarono di descrivere l’universo, partendo dall’immaginare il mondo attraverso gli occhi degli eroi (Ulisse, Ercole, Enea, Dante nel medioevo cristiano), Gaiman partendo dalla crisi esistenzialista che sembrava affliggere l’umanità dall’inizio dell’epoca contemporanea fornì attraverso la produzione della sua produzione più famosa una serie di proposte filosofiche e “umanistiche” per risolvere il problema assilante della coscienza, attraverso la semplice forma delle storie che si fondano nel mito e suggerendo esempi pratici che potessero cambiare il nostro punto di vista nei confronti del creato e della nostra stessa esistenza.

A seguito di trent’anni di pubblicazioni, il ciclo di The sandman è divenuto così l’apice della produzione fummetistica mondiale, vincendo negli anni numerosissimi premi ed ispirando altri autori, anche di altri media, attraverso le sue pagine. Non tutti sanno infatti che Inception di Christopher Nolan o il manga di Death Note prendono spunto (anche) da Gaimann per imbastire la natura e le regole del loro universo.

A celebrare questo successo mediatico che trascende il fumetto, lo scorso agosto Netflix e Warner Bros hanno pubblicato la prima stagione della serie televisiva di The Sandman, che prende spunto quasi tavola per tavola dai primi due volumi del fumetto. Gaimann stesso è inserito dentro alla produzione della serie tv, e mentre tra i censori ci sono coloro che gridano – anche in questo caso – al “capolavoro”, rincresce notare come alcuni stiano criticando il prodotto, screditandolo di fronte al fumetto o paragonandolo ad altre serie tv.

L’inadeguatezza delle critiche miopi

Nei primi giorni di pubblicazione, mentre la stampa celebrava la sua uscita, molti utenti hanno cominciato a criticare la serie, affermando che avesse i tipici difetti di un’ opera cinematografica. Per esempio, sono stati in molti ad affermare che la serie è lenta, noiosa. Priva di una trama principale coerente che possa essere compresa dal pubblico. Ecco. Queste critiche sono proprio quelle che si temeva uscissero al momento in cui Netflix ha annunciato l’uscita della serie.

Il fatto è semplice e si può dipanare in due punti. Come il Decamerone e Le mille e una notte, il fumetto The Sandman non segue una traccia lineare. Segue una trama nebulosa, che è si fatta da decine di storie, ma anche molto forbita e colma di dettagli. Chi non apprezza questa struttura da “Storia delle Storie” tipica delle opere menzionate prima o – ancora peggio – chi non ha pazienza per stare attento ai dettagli e rimanere concentrato, difficilmente godrà dell’opera in questione. Questo perché già il fumetto originale era una opera complessa e stratificata, che è possibile paragonare alle più famose saghe mitologiche che l’uomo abbia mai prodotto.

Inoltre accusare The Sandman di essere una serie noiosa o un prodotto poco interessante è il frutto di una standardizzazione colpevole dell’uso di qualsiasi prodotto televisivo da parte dei più critici.

Bisogna godersi The Sandman consapevoli difatti della sua lentezza. I tempi dilatati infatti permettono al mito presente nella serie di stratificarsi, di oggettificare e materializzare una storia di sogni che altrimenti diverrebbe irreale.

Aspettarsi scazzottate o sesso in The Sandman sarebbe criminale, quanto aspettarsi dell’azione sfrenata in una serie dove la contemplazione e la riflessione metafisica dei personaggi e da parte del pubblico sono il mezzo con cui viene veicolato il messaggio che il viaggio di Morfeo vuole trasmettere. Il cambiamento.

Come nella saga fumettistica, lo spettatore medio è chiamato a domandarsi dove sta andando. Cosa comporta essere un mortale. Attraverso il tormento di Sogno degli Eterni, ma anche tramite la gentilezza di Morte e il sorriso lascivo di Desiderio, lo spettatore viene colto da verità universali molto importanti per la propria crescita personale. E non importa se si ha diciotto, trenta, quaranta… o 600 anni. Se si è esseri umani e non si è di fronte alla morte, si può ancora crescere e cambiare. Cambiare forma, assumere nuovi aspetti di sè stessi, come in un sogno lucido, che sia possibile controllare attraverso l’ascolto di nuove storie e l’apprendimento di ciò che è diverso da noi.

La serie Netflix riesce appieno in questo impegno e se possibile riesce a fare qualcos’altro di ancora più straordinario. Riportare su schermo le scene più visionarie di un fumetto adulto e pensato come opera d’arte. Un fumetto che rigetta lo stigma che molti hanno verso questo media e che ci supplica di comprendere come sia possibile leggere tanto altro, all’interno di un albo.

Non solo semplici storie di supereroi

Inoltre affermare che la serie resta noiosa poiché è spezzata in due parti afferma quanto e perché alcuni spettatori siano culturalmente impreparati ad affrontarne la visione. La serie cambia marcia nella sesta puntata perché la quinta rappresenta l’ultimo tassello della prima parte delle avventure di Sogno. In parole povere, si conclude il primo albo del fumetto. E per non rischiare di ricevere le critiche che al tempo colpirono la prima stagione di The Witcher, cronologicamente confusa e tratta anch’essa da una serie di racconti, Netflix e Gaiman hanno pensato di tenere la struttura a mosaico, magari lasciando un intreccio leggermente più sfilacciato… come in un sogno.

Se ancora non avete visto dunque la prima stagione di the Sandman e non volete recuperare il fumetto, Netflix vi attende.

di Aurelio Sanguinetti

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