Il diritto all’aborto è nuovamente in pericolo (anche in Italia)

Dal 15 Settembre, in Ungheria le donne che vorranno abortire saranno obbligate ad ascoltare il battito del feto. Secondo Alleanza Verdi-Sinistra questo starebbe già accadendo in Umbria e in altre regioni italiane. Mentre la società avanza, la politica regredisce sui diritti fondamentali

Foto di Luce!

La notizia che ha lasciato tutti a bocca aperta è arrivata la settimana scorsa, quando il ministro dell’Interno ungherese Sandor Pinter, ha firmato il decreto che imporrà ai medici che si occupano di interruzioni di gravidanza di mostrare alle donne che prendono questa decisione una prova delle funzioni vitali del feto, tra cui il battito cardiaco. Questa proposta era stata avanzata dal partito di estrema destra non al governo Mi Hazànk ed è stata poi sostenuta dal partito del leader Orbàn Viktor, al governo dal 2010.

Le ragioni che hanno portato a questa decisione sono in parte legate al calo delle nascite, fenomeno ormai evidente in tutti i paesi europei e strenuamente combattuto dal premier ungherese, ma in parte anche legato a una questione di valori cristiani. Da sempre Orbàn sottolinea il legame tra la religione cattolica e l’Ungheria, nata infatti sotto la guida di Re Santo Stefano nel 1000 dopo cristo. Basandosi su questo, cerca di combattere qualsiasi forma di diversità o progresso in ambito di diritti, giustificandosi con il rispetto dei valori cristiani fondanti del paese.

Intanto però l’opposizione esprime la sua delusione e il dissenso nei confronti di una legge barbara e umiliante. Timea Szabò, parlamentare dei verdi, attacca Orbàn su Facebook:” Abortire una gravidanza è una decisione terribilmente difficile e complessa per ogni donna, accompagnata, tra le altre, da ansia, disperazione e da un sentimento di solitudine. Una decisione del genere deriva solitamente da circostanze esterne – solitudine, malattia e, nel peggiore dei casi, violenza – che rendono impossibile avere figli. È un alto grado di insensibilità aggravare questo processo con ulteriori misure traumatizzanti“. Il portavoce di Amnesty International in Ungheria, Aron Demeter, ha inoltre affermato che questa decisione, presa evitando qualsiasi consultazione, renderà l’aborto più difficile e traumatizzerà le donne che si trovano già in situazioni difficili.

Intanto però emergono nuovi problemi per il governo Orbàn. Il 15 Settembre infatti, il parlamento europeo ha definito l’Ungheria un regime ibrido di autocrazia elettorale e non più una democrazia. Sono stati individuati infatti diverse violazioni dello stato di diritto: una magistratura non indipendente, corruzione, scarsa libertà di culto e associazione, conflitti d’interesse, mancanza di un pluralismo nei media, violazione dei diritti delle minoranze etniche, membri della comunità LGBTQ+ e richiedenti asilo e si potrebbe aggiungere la questione legata all’aborto. Sono stati ben 433 i voti favorevoli e 123 quelli contrari, tra cui figuravano i parlamentari di Lega e Fratelli d’Italia. Inoltre domenica, la Commissione europea ha votato la proposta di un taglio ai fondi destinati all’Ungheria, attivando il meccanismo che lega i finanziamenti al rispetto dello stato di diritto, introdotto nel 2020. Si tratterebbe di 22 miliardi di fondi strutturali del bilancio pluriennale e 7 miliardi di euro stanziati dal Recovery Fund, un colpo durissimo al governo di Orbàn.

La minaccia non è tanto lontana dall’Italia

Foto di Fanpage

Se la situazione in Ungheria continua a peggiorare ormai da anni, sembra che la minaccia ai diritti fondamentali non sia stata sventata nemmeno dall’Italia. É notizia di una settimana fa, che Elisabetta Piccolotti ed Eleonora Evi appartenenti all’alleanza Verdi-Sinistra, abbiano denunciato segnalazioni di donne che sono state costrette ad ascoltare il battito del feto prima di abortire, come in Ungheria. “In Umbria i consultori familiari sono quasi smantellati e abbiamo avuto segnalazioni di donne e di associazioni femministe che sta già accadendo quello che accade in Ungheria. Dal 15 settembre ci sono donne costrette, prima di interrompere la gravidanza, ad ascoltare il battito del feto, vengono addirittura fatte tornare in ospedale più volte, perché all’inizio non si riesce ad ascoltarlo”, ha affermato Elisabetta Piccolotti alla Camera.

“In nessuna Azienda sanitaria o ospedaliera della Regione Umbria, risulta che le donne che chiedono l’interruzione di gravidanza siano costrette ad ascoltare il battito del feto” ha risposto la Regione, aggiungendo che “trattandosi di una denuncia grave di un fatto che lede fortemente i diritti delle donne e tocca una tematica delicata come quella dell’interruzione della gravidanza, sarebbe opportuno che coloro che hanno portato all’attenzione questa gravi fatti, li  circostanziassero in modo da permettere alle autorità sanitarie di procedere con le opportune verifiche.
In caso contrario, ribadendo che anche dal riscontro chiesto tempestivamente oggi alle Aziende, non risultano in Umbria fatti del genere, la Regione si vedrà costretta a dover tutelare nelle sedi opportune tutti i professionisti e gli operatori che lavorano con professionalità e correttezza, nel sistema sanitario regionale“.

Il Ministro della Salute Roberto Speranza, ha spiegato invece di non essere a conoscenza di quanto denunciato, ma si è detto assolutamente disponibile ad avviare un’ispezione e difendere la legge 194 con tutte le energie disponibili.

Intanto fanno discutere le parole di Giorgia Meloni riguardanti il diritto all’aborto. La leader di Fratelli d’Italia, ha infatti dichiarato di non voler abolire la legge 194 sull’aborto, ma di volerla applicare anche nelle parti che tutelano il diritto alla maternità, parlando di “diritto a non abortire“. Secondo Meloni quindi, molto spesso non viene data un’alternativa alle donne che decidono di abortire trovandosi in una situazione economica o sociale difficile. Dunque, secondo la leader di FdI, una specie di obbligo all’aborto subito da queste donne: eppure i fatti dimostrano il contrario.

I dati sull’aborto

Secondo la Relazione annuale al Parlamento sull’Ivg, nel 2020 il tasso dei ricorsi all’interruzione volontaria di gravidanza sono diminuiti (-9,3% rispetto al 2019), dimostrandosi più alti nella fascia 25-34, mentre la percentuale di interruzioni effettuate da donne che avevano già avuto esperienze abortive è del 24%, grazie al più efficace ricorso ai metodi per la procreazione consapevole.

Alessandra Kustermann, ex primaria di ginecologia alla clinica Mangiagalli di Milano ha affermato: “Siamo arrivati a circa 67 mila donne che hanno abortito in un anno, con un calo del 71 per cento rispetto al 1983, quando furono praticate oltre 243 mila interruzioni. Questo significa che avere una legge in materia e applicarla, va esattamente nella direzione di tutelare la vita, quella delle donne in primo luogo“. Ha poi risposto alla polemica riguardante Giorgia Meloni:” Non ho niente contro i centri di aiuto alla vita che offrono sostegno alle donne in gravidanza, sperando così che rinuncino all’aborto. Questi “Cav” devono essere fuori da consultori, lontani dai reparti della 194, non devono assolutamente interferire con il percorso della donna, cercando di colpevolizzarla“. 

I dati inoltre dimostrano come le nuove generazioni, conoscono molto di più la contraccezioni rispetto a chi li ha preceduti, perciò non è più giusto parlare di aborto come rimedio al mancato uso dei contraccettivi. É sceso anche il numero degli obietto di coscienza, che si stima attorno al 64% (67% nel 2019). Ci sono però differenze tra le diverse regioni: la peggiore è la provincia autonoma di Bolzano, dove chi esercita il diritto all’obiezione è l’85%, seguita da Abruzzo e Molise (83-82%). Queste sono anche le zone in cui c’è un minor numero di strutture che offrono questo servizio e un maggior numero di spostamenti fuori regione al fine di effettuare l’Ivg.

Per concludere, se le notizie provenienti dell’Umbria si dimostrassero vere e se le forze di centro-destra dovessero tentare di modificare la legge 194, pur negandolo prima delle elezioni, questo dimostrerebbe ancora una volta come la politica stia regredendo su temi importantissimi come le difesa di diritti fondamentali, mentre la società sia ormai pronta ad andare avanti e parlare di nuovi temi. Questo potrebbe spiegare anche il sempre più alto calo dell’affluenza alle urne.

di Gabriele Scarcia

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*