‘Cambiare, per natura e per cultura’: scoprire i detenuti attraverso le loro storie

Il seminario, presentato all’evento “Notte europea delle ricercatrice e dei ricercatori”, nasce dall’incontro tra studenti e detenuti per riscoprire sé stessi attraverso testi e scritture

Photo by Hasan Almasi on Unsplash

Cinquanta minuti per mettersi nei panni dei detenuti con il seminario “Cambiare, per natura e per cultura”, svoltosi il 30 settembre presso il Dipartimento di Giurisprudenza, durante la Notte Europea delle ricercatrici e dei ricercatori. L’appuntamento ha visto presentare testi e scritture svolte in carcere dall’incontro tra studenti e detenuti che si interrogano sui cambiamenti della vita, con lo scopo di lavorare sul senso e recuperare se stessi come individui e membro della società in una situazione in cui tutto questo significa violazione dei diritti umani.

Un lungo percorso alla ricerca del piacere di sé stessi

La presentazione del gruppo di lavoro presenta dei materiali e riflessioni sulla tematica, vista come un’esperienza personale che può essere scritta a quattro o sei mani. L’obiettivo è quello di interrogarsi sul passato biografico del detenuto senza però soffermarsi troppo sul loro reato commesso, così da incentivarli con nuove storie come narrazione molto distanti fra loro.

Durante l’evento che si è svolto il 30 settembre presso l’Università di Parma, ha visto anche la presenza alla compagnia teatrale “Anelli deboli”, ed è stato presentato da Davide Giangaspare e Filippo Arganini, che partecipano alla vita del carcere di Parma occupandosi della parte del gioco. “Definire un gioco è qualcosa di serio – spiegano – perchè non si tratta del gioco come nascondino, ma è visto come un mezzo per dare una dinamica diversa, e creare delle relazioni senza dover rischiare”. 

cambiare, per natura e per cultura

Arte e gioco

Nel seminario si sono svolte tre diverse attività. La prima è un gioco dei nomi, quello di mettersi in cerchio e presentarsi dicendo il proprio nome poi ricordandosi i nomi delle altre persone. Segue poi l’attività di lettura dei manoscritti, scritti da alcuni detenuti. Tra le varie tematiche c’è quella dell'”Ordinario e Straordinario“, nato durante il periodo Covid interrogandosi su cosa rende la vita straordinaria od ordinaria. “Straordinario è accompagnare mia figlia a scuola, essere presenti ad ogni esigenza; straordinario è svegliarsi la mattina e avere accanto la persona che ami; straordinario è fare le cose più naturali, semplici e normali”.

Segue un’altra lettura sempre scritta da un detenuto che si immaginava un dialogo chiedendosi se c’era vita dopo il parto. Secondo l’autore non può esserci una vita dopo il parto perchè “il parto è la fine della vita e dopo c’è solo oscurità, silenzio e me”; poi l’ultima lettura sulla “realtà visibile e invisibile“, interrogandosi su cos’è la realtà e qual è il vero.

Poi si chiude con il gioco degli specchi, a coppia, dove due persone che non si conoscono si pongono uno di fronte all’altro e devono copiare le mosse dell’altro, come se si fosse davanti a uno specchio.  Quest’ultimo sembra un gioco all’apparenza semplice ma non lo è in quanto non sempre si sente a proprio agio. Non si è abituati a guardarsi negli occhi e molto spesso manca anche la fiducia nell’altro, soprattutto quando dall’altra parte si ha un detenuto, con un suo passato e un suo vissuto. 

di Giulia Mastrocicco

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