Nicolò Carosio, chi era il padre della radiocronaca italiana

90 anni fa lo storico esame alla Radio di Stato che lasciò di stucco la commissione: dai Mondiali di calcio allo scandalo mediatico, la storia di un uomo che di fatto inventò i mestieri di radio e telecronista sportivo

Il modo di narrare il calcio non è sempre stato quello che conosciamo. Se oggi la pratica della cronaca in diretta è prassi lo dobbiamo anche ad un’intuizione geniale di un italiano, Nicolò Carosio, che ha lasciato un segno indelebile – poi diventato linea guida – nel modo di raccontare il calcio. Una storia che rappresenta un’autentica chicca del giornalismo sportivo italiano, finita nell’ombra per un equivoco del destino.

Radiocronaca e telecronaca: due modi diversi di narrare il calcio

Carosio è stato un autentico pioniere del giornalismo sportivo, inventando, di fatto, le professioni del radiocronista e del telecronista sportivo, con maggiore fama ottenuta con la prima. Per godersi appieno la sua storia, fatta sia di radio che televisione, bisogna inquadrare al meglio le analogie e le differenze (non sempre immediate) di questi due mestieri.

Differenti media implicano, per forza di cose, stili diversi nel raccontare un evento sportivo, in questo caso una partita di calcio. Nel caso della radiocronaca, il cronista deve sopperire alla mancanza di immagini, con una narrazione abbastanza articolata per fungere da occhio per l’ascoltatore, ricostruendo di fatto l’andamento del gioco e le zone di campo in cui si svolge un’azione.

La radio, inoltre, non ammette silenzi ed è compito del radiocronista parlare continuamente per evitare il più possibile momenti di mutismo.

radiocronacatelecronacaCarosiocalciogiornalistacronistaradio
Francesco Repice, radiocronista Rai, Fonte: pagina Facebook BARSPORT

Con l’avvento della televisione si risolve il problema della mancanza di immagini e la voce del telecronista è quindi meno presente e ridondante. Momenti di silenzio sono ammessi, e conta di più il tempismo con il quale il giornalista narra un’azione di gioco, andando di pari passo con le immagini.

C’è quindi più spazio per una spettacolarizzazione del racconto, con uno stile particolarmente enfatico all’annunciare un gol che varia e caratterizza ogni singolo giornalista: da chi pronuncia solennemente nome e cognome del marcatore, a chi grida “Rete!Rete!Rete!”, gli esempi sono tantissimi.

telecronacaradiocronacaCarosiocalciogiornalistacronistaradio
Fabio Caressa, telecronista Sky, Fonte: pagina Facebook di Fabio Caressa

Nicolò Carosio: un pioniere della radio/tele-cronaca calcistica

Carosio nasce nel 1907 a Palermo, ma sarà l’Inghilterra a segnare la sua vita e la sua carriera. Mentre si trova nel Regno Unito con il padre, ispettore di dogana in viaggio per lavoro, ha modo di ascoltare le radiocronache calcistiche della BBC. I giornalisti inglesi commentano la partita una volta conclusa.

È allora che nasce l’intuizione geniale di Carosio: raccontare la partita in diretta, nel corso del suo svolgimento. Il siciliano cerca di portare avanti questa idea in patria proponendosi all’EIAR, la Radio di Stato.

Fonte: profilo Facebook COME UN FILM. Lezioni di R. Longhi a Pier Paolo Pasolini e Giorgio Bassani

Ricorrono proprio quest’anno i 90 anni dal suo rivoluzionario esame di ammissione per collaborare con la Radio di Stato: nel 1932 Carosio commenta un immaginario derby Juventus-Torino, inventandoselo dal nulla; la fantasiosa narrazione del palermitano viene fermata sul 5-5 dai dirigenti, che gli offrono un contratto di collaborazione.

Comincia così la sua carriera da radiocronista lavorando come collaboratore esterno, nel 1933, a Bologna per l’amichevole Italia-Germania. Un anno dopo vara per la Radio di Stato la radiocronaca del Mondiale italiano del 1934, vinto proprio dal paese ospitante. Si ripeterà anche in quello francese del 1938, vinto sempre dagli azzurri.

Carosio inaugura anche la tradizione della telecronaca italiana con la Rai nel 1954, con la prima partita trasmessa in diretta della Nazionale Italiana: Italia-Egitto 5-1, per le qualificazioni ai Mondiali in Svizzera.

Carosio in azione, Fonte: pagina Facebook Voglia di Sport

Seguiranno poi vari altri incarichi tra Coppe dei Campioni e Mondiali, in cui spicca il ruolo di Carosio come uno dei primi storici radiocronisti della celeberrima trasmissione radio Tutto il calcio minuto per minuto, varata da Radio Rai nel 1960. Pensionato nel 1971, commenta le partite di calcio per emittenti private. Muore 13 anni dopo a Milano, per una crisi respiratoria.

Uno stile che ha fatto scuola e storia

Carosio cominciò la sua attività di radiocronista durante il regime fascista. L’italianizzazione non risparmiò nemmeno le radiocronache sportive, con il giornalista siciliano impossibilitato a importare i termini inglesi per narrare i match: così nacquero termini che ancora oggi sono utilizzati nel linguaggio giornalistico: rete per indicare un goal, calcio d’angolo per indicare un corner, traversone per il cross.

Il palermitano metteva calore ed enfasi nelle sue narrazioni, come se fosse lui stesso a partecipare al match: per indicare l’andamento noioso di una partita, eccolo incalzare con “Ma dove siamo? Questo è calcio da salotto”. Molto spontanea anche l’espressione “Poche storie, alzarsi e correre!” a rimproverare un giocatore caduto per un contrasto a suo parere non vistoso.

Lo stile linguistico di Carosio non passò inosservato nemmeno al suo primo intervento in televisione nel 1954, con l’iconico Quasi goal! a sottolineare una conclusione di poco fuori.

Francobollo commemorativo per il centenario della nascita di Carosio, Fonte: Pagina Facebook il Nobile Calcio

Il caso di razzismo ai Mondiali del 1970: la fine di una carriera

Un episodio oscuro e controverso infangò la carriera di Carosio. Avvenne ai Mondiali messicani del 1970, durante la telecronaca di Italia-Israele. Il match, finito 0-0, aveva visto l’annullamento per fuorigioco di un gol regolare per gli azzurri, decisione presa dal guardialinee etiope Sejum Tarekegn. Il telecronista si riferì a lui per 2 volte con “l’etiope”. Tanto bastò a scatenare l’indignazione dell’ambasciata etiope a Roma, che chiese provvedimenti nei confronti del palermitano.

Carosio venne sostituito dal vice Nando Martellini per il resto dei Mondiali. Fu definitivamente defenestrato dalla Rai. Ad infangare ancora di più la reputazione di Carosio è la leggenda metropolitana che si diffuse pochi giorni dopo, secondo la quale il palermitano avrebbe dato del negraccio, o negro al guardialinee.

Una sequenza di Italia Israele del 1970 , Fonte: internazionalcalcio

Le accuse di razzismo investirono il cronista e il caso rimase avvolto nel mistero fino a quando Massimo De Luca analizzò la vicenda vari anni dopo nella trasmissione La Domenica sportiva: mostrò le sequenze della telecronaca, dove, oltre a Etiope, non si sentono altre parole riferite al guardialinee. De Luca ipotizzò che Carosio avesse scelto di citare la nazionalità del giudice di linea per esprimere il suo risentimento nei confronti di una figura da lui ritenuta non abbastanza esperta (all’epoca il calcio africano aveva pochi o inesistenti contatti con quello Europeo e quello Sudamericano, più affermati e popolari).

In ogni caso, il razzismo è ben altra cosa. E del termine Negro o Negraccio, durante la telecronaca, non c’è neanche l’ombra, o meglio, in questo caso, il sussurro. Ironico come parole da lui mai pronunciate provocarono un clamore mediatico maggiore di quelle parole, storiche, che effettivamente disse nel corso della sua carriera e che diedero forma al linguaggio di una nuova professione.

di Michele Bonucchi

1 Commento su Nicolò Carosio, chi era il padre della radiocronaca italiana

  1. L’articolo risulta completo, chiaro, scorrevole e nello stesso tempo energico, carico di personalita’.

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*