Dopo il Jova Beach Party nasce il Coordinamento Nazionale per la Tutela degli ambienti naturali dai Grandi Eventi

Una rete di associazioni ambientaliste si sta muovendo per cercare di salvaguardare le zone vulnerabili e maggiormente a rischio del territorio nazionale da eventi e manifestazioni: non solo le spiagge, ma anche le montagne e altre aree delicate

Crediti immagine: MAM-e

Anche quest’estate ad accendere il dibattito e le proteste degli ambientalisti ci sono stati i concerti del Jova Beach Party, serie di concerti in tour del cantante Jovanotti nelle maggiori spiagge italiane. La popolarità del cantante ha inevitabilmente spinto centinaia di migliaia di persone a partecipare ai suoi eventi, la cui portata ha impattato non solo sugli ecosistemi naturali, ma ha anche generato ripercussioni negative da un punto di vista sociale, economico e culturale.

L’enorme spesa pubblica utilizzata per finanziare questi “mega” eventi privati, infatti, è stata presto ripagata da guadagni milionari per gli organizzatori, i quali hanno conseguentemente scelto di continuare a mantenere la linea predatrice verso il territorio. Gli ambienti naturali ed i territori sono stati quindi sfruttati alla stregua di decorativi fondali per attività di svago, e hanno portato a gravosi rischi per il patrimonio naturale presente. Al termine dell’estate, i Mega Concerti sono ormai finiti, ma i danni sono ancora evidenti: coloro che si occupano di conservazione e tutela dell’ambiente stanno continuando quindi a lavorare affinché eventi di questa portata non si ripetano più in luoghi fragili e già minacciati dal feroce turismo e intrattenimento, come appunto le spiagge o le grandi aree naturali.

Quasi 600mila spettatori nel corso di 21 date in tutta Italia, distribuite tra inizio luglio e, l’ultima, il 10 settembre. I concerti sono stati un successo di pubblico, al suo secondo anno di svolgimento dopo i 17 appuntamenti del 2019 e la pausa causata dalla pandemia. A fare discutere è stata però la promozione dell’artista, che ha voluto esaltare in numerose dichiarazioni l’ecosostenibilità dei suoi eventi, creando apposite campagne informative cercando di sensibilizzare gli spettatori sull’importanza della transizione ecologica. La società che ha organizzato i concerti ha inoltre predisposto un piano di pulizia speciale delle spiagge, al fine di rimuovere la plastica e tentando di coinvolgere alla sensibilizzazione gli spettatori. L’evento è stato però forte bersaglio di critiche da parte di ambientalisti e animalisti, che hanno lanciato nei confronti del cantante l’accusa di Greenwashing, ovvero di professare un falso ecologismo di facciata, principalmente per nascondere gli impatti negativi sull’ecosistema ottenendo profitti considerevoli. Tra queste, associazioni come Legambiente, Ente Nazionale Protezione Animali, Slow Food e molte altre hanno lanciato l’allarme, esponendosi ed alimentando dibattiti e polemiche soprattutto sui social.

La notizia che ha ottenuto maggiore risalto mediatico è stato il caso del concerto di Viareggio, che ha portato all’apertura di un’indagine della procura di Lucca. La tappa del 2 e 3 settembre è stata infatti accusata di danni ambientali, a partire da un esposto di un’associazione romana basata su una ricerca sulla vegetazione delle spiagge a cura del professor Bacaro. L’esperto infatti aveva segnalato una serie di specie naturali protette nelle zone incriminate, che a detta degli organizzatori degli eventi non erano invece presenti. La ricerca verteva su un campione di tre habitat considerati di interesse comunitario ai sensi delle regole europee (come una duna mobile ed una embrionale). In seguito, la compagnia di organizzazione dell’evento Trident è stata obbligata a modificare le proprie operazioni di preparazione del palcoscenico.

Vista la mole di accuse di stampo ambientalista, Jovanotti ha inoltre gettato benzina sul fuoco, accusando su Facebook i naturalisti di “Econazismo“, criticando duramente coloro che lui stesso ha definito “mitomani pericolosi che polarizzano violentemente la grande questione dell’ecologia dentro a piccoli brand personali non accreditati se non da loro stessi e dai like rimediati a vanvera”.

È da queste premesse che nasce quindi il Coordinamento Nazionale per la tutela degli ambienti naturali dai Grandi Eventi. Ad occuparsene un numeroso gruppo di enti che si occupano di tutela ambientale su tutto il territorio nazionale. Le associazioni Marevivo, Enpa, LAV e Sea Shepherd Italia hanno, in merito, promosso una petizione online (ancora attiva) che ha raccolto oltre 52 mila firme in poco meno di due settimane, sottolineando la necessità ora più che mai di lotte ecologiste a difesa della biodiversità e del paesaggio, ora minacciate da questi grandi eventi. Evitare che si ripetano è il primo passo per cercare di preservare i luoghi già gravemente a rischio da una asfissiante presenza turistica.

Quali danni hanno causato i concerti del Jova Beach Party?

Crediti immagine: ANSA / Giada Genzo

Secondo le associazioni ambientaliste, il Jova Beach Party ha provocato un notevole impatto su tutta la fauna e la flora ambientale delle spiagge italiane in cui si è svolto. Piante ed animali sono stati abusati scorrettamente e su larga scala, con danni in alcuni casi anche irreversibili: su tutti, lo “sbancamento delle dune” richiesto dagli organizzatori, o lo sradicamento di piante, alle volte addirittura tutelate dalle norme europee e nazionali, per liberare lo spazio destinato ai concerti. Il danneggiamento di habitat così delicati è, a tutti gli effetti, un crimine. Un crimine contro una natura già sofferente, morente per certi versi e in grave difficoltà. La sopravvivenza del nostro Pianeta dovrebbe riguardare ogni singolo individuo: danneggiare un ambiente così delicato ha un impatto a lungo termine che è complicato e dispendioso da riparare.

Eventi di tale portata possono però anche creare un grave precedente ed “aprire la strada ad altri eventi simili in contesti naturali delicati, con il rischio di perdere definitivamente il patrimonio naturale presente”, come sottolineato dalle stesse associazioni. È necessario perciò un controllo maggiore sulle costruzioni effettuate, dagli stadi alle piazze fino ai servizi, che ospitano ed ospiteranno concerti in zone a rischio. Coste e montagne non sono luoghi da sfruttare, ma da preservare: il consumo umano rischia di minacciare le specie che hanno reso la natura il loro habitat.

Di cosa si occupa quindi il Coordinamento?

L’obiettivo della rete di associazioni è quindi quello di moltiplicare gli sforzi di preservazione e vigilare sulla costruzione adeguata e sana dei grandi eventi, per diminuire (o provare ad arrestare) il grave impatto sugli ambienti naturali a rischio. Non solo le spiagge, anche le montagne non dovranno essere prese di mira per manifestazioni ed attività con finalità puramente antropiche e di lucro, a meno che non mantengano una linea adatta di mantenimento. Lo scopo del Coordinamento è perciò quello di attuare un vero e proprio percorso per combattere chi abusa della distruzione del territorio, che vadano ad interpellare gli organi di maggior rilievo nel contesto nazionale (dalla politica alle istituzioni, anche europee) utilizzando ogni strumento disponibile. “Porre un freno alla feroce invasione della Natura è un segno di civiltà”, sottolineando le associazioni, da cui non si può tirarsi indietro.

Inoltre il Ministero della Transizione Ecologica ha recentemente approvato i Criteri Ambientali Minimi (CAM) per il settore della cultura allo scopo di migliorare l’impronta ecologica di tutti gli eventi promossi e organizzati dall’autorità pubblica. Le associazioni colgono così l’occasione per ribadire la necessità che questi controlli vengano fatti anche per gli eventi privati. Nella petizione si fa inoltre riferimento alle “zone vulnerabili”, luoghi dove non sarà quindi più possibile svolgere gli eventi (boschi, spiagge, siti naturali), sottolineando la necessità di estendere queste misure preventive per tutte le manifestazioni.

di Roberto Ligorio

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