Agricoltura cellulare: una costosa rivoluzione

Sentiamo sempre più spesso parlare di carne sintetica, cresciuta in laboratorio, ma c’è molto di più di una semplice bistecca artificiale dietro gli ultimi sviluppo

La carne è uno degli alimenti preferiti da parte del genero umano: per migliaia di anni non abbiamo fatto altro che consumare carne, senza renderci conto effettivamente che essa ha dei costi e delle ripercussioni. Lo spreco di risorse, l’immissione di sostanze tossiche nell’ambiente, il mancato riutilizzo delle materie prime e il menefreghismo da parte di stati e multinazionali, sfociano nel problema principale che l’uomo sta (e deve) affrontare tutt’oggi: il riscaldamento globale.  Per non parlare della sovrappopolazione. Siamo in 8 miliardi e credere che ci saranno le risorse e lo spazio per continuare ad allevare carne come abbiamo sempre fatto è da sciocchi.

I problemi dell’allevamento intensivo

Secondo la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, le emissioni legate all’allevamento rappresentano circa il 15% delle emissioni annue di gas serra dovuti all’essere umano.. Tutto quello che mangiamo ha di per sé un impatto ambientale, secondo i dati del carbon footprint, circa 80% dell’inquinamento delle attività agricole deriva esclusivamente dagli allevamenti di bovini e suini. Un altro problema grave è la produzione incontrollata di metano (CH4): i ruminanti, per via dei processi digestivi e di defecazione, rilasciano in atmosfera grandi quantità di CH4. Potrebbe non sembrare un grande problema ma, se calcoliamo che il consumo medio di carne si attesta per persona a 34,5 kg (secondo il WWF), capiamo che tutto ciò non è sostenibile. Come possiamo allora risolvere il problema, senza rinunciare a questo alimento? Ci sono due alternative, o si opta tutti per una dieta vegana, oppure si incomincia ad investire per introdurre nell’alimentazione quotidiana la carne sintetica o in vitro. La carne “artificiale”, detta anche “coltivata”, è estremamente costosa da produrre. Tanto che non abbiamo per ora i mezzi per sostenere i costi necessari a sostituire sulle nostre tavole, definitivamente e quasi completamente, il consumo di quella proveniente dagli allevamenti intensivi.

Una valida alternativa

Un’alternativa valida, in realtà, già esiste.  Si chiama “beyond meat”.  Altro non è che un tessuto vegetale con caratteristiche sensoriali ed organolettiche estremamente simili a quelle della carne tradizionale, ma con tutti i lati positivi di un piatto a base vegetale: proteine, vitamine, sali minerali… Nata dall’idea di Ethan Brown in collaborazione con due dei fondatori di Twitter, questa startup è stata apprezzata da tantissimi cuochi, consumatori, critici in quanto è riuscita a distribuire sul mercato un prodotto vegano dal gusto simile, per non dire identico, a quello della carne tradizionale  proveniente da allevamento intensivi o liberi.  

Ma come si produce la carne sintetica?

A differenza di quella “normale”, il punto di partenza della carne sintetica, non è il tipico allevamento, bensì un laboratorio. Essendo la carne animale composta da fibre muscolari, quello che avviene è semplicemente il prelievo di un determinato numero di cellule staminali dagli animali per ricavare una quantità sufficiente di tessuto muscolare che possa essere unita, aromatizzata e venduta come carne. Il processo è laborioso e ancora troppo costoso per essere sviluppato su larga scala per poi approdare ai consumatori finali; tuttavia, almeno sulla carta , esso avrebbe il vantaggio di produrre meno emissioni di metano.  Il processo produttiva della carne “artificiale” si sviluppa in più fasi: uno dei problemi più difficili da risolvere è quello dell’unione tra loro di più pezzi di carne. I ricercatori stanno provando ad adottare tecniche di addensamento (o di ricomposizione) aggiungendo ai tanti pezzettini di carne ricostruiti, degli enzimi vegetali, oppure semplicemente dell’albumina albumina. Ciò permette una lavorazione maggiormente omogena e la creazione di quei tagli di carne che i consumatori privilegiano.

Vantaggi e svantaggi

Ovviamente, la carne ricostruita presenta vantaggi e svantaggi. Un notevole benefit che riguarda la produzione di carne artificiale, è la possibilità di aggiungere alla sua preparazione, acidi grassi omega 3. Tutto ciò diventerebbe un altro valido motivo per lanciarla sul mercato mondiale. D’altronde, siamo noi a gestire la produzione come più ci aggrada e, di conseguenza, aggiungere  grassi polinsaturi omega-3, sarebbe l’inizio per la creazione di un prodotto proteico, salutare ed a disposizione, in particolare, delle popolazioni che hanno scarsa disponibilità economico/sociale/ territoriale, di  consumare carne d’ allevamento. Ne risulterebbe, pertanto, una  diminuzione dei problemi legati alle carenze di principi nutritivi di tante popolazioni nel nostro pianeta.  Un altro aspetto da considerare, sono le incredibili caratteristiche organolettiche di questo prodotto. Esse restano presso che identiche con la differenza che, in questo caso, tutto lo spreco di risorse associati ai processi produttivi verrebbe azzerato, poiché quello che viene prodotto  viene interamente consumato,  a differenza degli allevamenti classici (intensivi) che hanno scarti molto alti.  È presente infatti, la possibilità da parte dei produttori di carne artificiale, di sfruttare al meglio gli scarti, che, in questo caso, sarebbe ancora commestibile. Un aspetto negativo della carne in vitro, può finora essere individuato nell’eccessivo costo di produzione di un singolo filetto. Oppure nei tempi ancora estremamente lunghi e laboriosi dei  processi produttivi

E la salute umana?

Il motivo per cui la carne in vitro ancora oggi non è stata messa sul mercato, pur avendo alle spalle dieci anni di studi e di sperimentazioni, è da ricercare nella necessità di approfondire ulteriormente gli effetti benefici o meno che essa potrebbe avere sulla salute umana, specie nel momento in cui il suo consumo diventasse quotidiano.

A che punto siamo?

Bisogna sottolineare che la voglia di progredire in questo campo c’è: molti analisti prevedono che il mercato della carne sintetica sostituirà completamente quello della carne tradizionale nel giro di qualche decennio. Molti laboratori quotidianamente sperimentano questa tipologia di riproduzione cellulare: un esempio è un team del laboratorio scientifico di Harvard che, dopo mesi di tentativi falliti, sono riusciti a creare un prodotto estremamente simile a quello originale. Ciò significa che la sperimentazione scientifica in campo alimentare continua a progredire non solo nei laboratori delle grande aziende, ma anche nelle attività dei ricercatori universitari. Per quanto riguarda la grande consumazione, bisogna attribuire del merito a Burger King per aver deciso di sostituire, almeno temporaneamente,  la carne d’allevamento con quella artificiale all’interno dei suoi menù. L’inserimento della “synthetic meat” al posto della carne tradizionale, non creò nessun sconcerto ai consumatori, neppure a quelli che abitualmente frequentano la famosa catena americana. Riflettiamo sul fatto che i fast food sono tra i più grandi produttori, utilizzatori e distributori  di carne “naturale” al mondo:  rimpiazzare almeno in parte, la carne “classica” con quella artificiale ridurrebbe di gran lunga lo spreco di risorse legato agli allevamenti.

Conclusioni

L’uomo progredisce e continua a cambiare ciò che lo circonda. L’alimentazione oggigiorno va di pari passo con le problematiche del riscaldamento globale. Il cibo, non è un qualcosa di statico, si evolve con l’essere umano e con i suoi relativi problemi. La modalità di consumo delle carni va riadattata, credo, che in un futuro non troppo lontano, avremo a disposizione la tecnologia per poter garantire la disponibilità e la reperibilità per la popolazione intera di carne in vitro. Come l’elettrico per quanto riguarda la mobilità urbana, la carne artificiale potrà costituirà un passo avanti nella soluzione dei problemi ambientali.

di Giorgio Lazzari

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*