Bones and All, una storia d’amore e sangue

Un road movie che parla di cannibalismo ma anche di amore, di accettazione e di sacrificio. Luca Guadagnino conquista ancora una volta il pubblico con una storia che colpisce per intensità e per protagonisti

Fonte: VanityFair.it

Bones and All non è solo una storia di cannibalismo, ma è anche una storia d’amore e, innanzitutto, un viaggio di crescita e di conoscenza personale e del mondo. La pellicola, già insignita del Leone D’Argento per la miglior regia, è finalmente approdata nelle sale cinematografiche italiane.

Maren (Taylor Russell), ragazza di 18 anni protagonista indiscussa della pellicola, viene abbandonata dal padre a causa del suo cannibalismo. Si ritrova, così, con una cassetta da ascoltare (in cui gli vengono raccontati i numerosi attacchi di cannibalismo passati), un po’ di soldi e il certificato di nascita dove è segnato il nome della madre (mai conosciuta). La ricerca di quest’ultima diventa, a partire da quel momento, il suo unico obiettivo, soprattutto per capire le origini della sua natura; pertanto inizia il suo viaggio, prima in solitaria per poi essere accompagnata da Lee (Timothée Chalamet), anche lui cannibale che la aiuta ad accettare la sua natura.

Un viaggio alla scoperta di sé

Pensando al cannibalismo, lo spettatore (prima di entrare in sala e vedere il film) si aspetta scene zuppe di sangue e di membra, ma a dispetto di ciò, in Bones and All di Luca Guadagnino questa componente è presente in minima parte, in una percentuale quasi irrilevante rispetto alla corposità della pellicola in sé (il film dura 130’). 

Il regista, infatti, non fa “vedere” il cannibalismo, ma, giocando sul sonoro, fa “sentire” i suoi cannibali: i suoni della masticazione, della deglutizione, dell’olfatto relativo alle proprie prede non sono solo parte della colonna sonora del film, ma ne rappresentano il vero protagonista della pellicola.

La fotografia e le riprese sono molto pulite (come ci si aspetterebbe da Guadagnino) e, in alcuni casi, le inquadrature delle stanze in cui vengono consumati i pasti, sono delle vere e proprie nature morte in cui, nonostante l’assenza dell’elemento umano, ci si rende conto di quanto quegli spazi siano pieni, riempiti non solo di sangue ma anche e soprattutto della tragica essenza dei personaggi della storia.

Fonte: imdb.com

Oltre a Maren e Lee, troviamo anche Sully (un brillante Mark Rylance), che rappresenta la perfetta incarnazione del lupo solitario che, dopo aver spartito il pasto con Maren, si mette sulle tracce di quest’ultima. Questo avviene dal momento che, la ragazza, spaventata dall’aspetto dell’anziano lupo, decide di fuggire dall’uomo. Tuttavia, i cannibali riescono a fiutarsi a vicenda e, il lupo solitario la attende dietro l’angolo. 

Ciò che viene presentato sullo schermo è una storia drammatica, triste che non ha nessun momento di pace o tranquillità e che procede al ritmo delle ruote del pick-up su cui i due protagonisti viaggiano alla ricerca della madre di Maren. Non c’è pace nell’animo dei due ragazzi che, uniti dalla natura, cercano un posto nel mondo; si sono incontrati per puro caso e, insieme lottano per resistere e sopravvivere. Vivono come reietti, ma è anche durante il proprio viaggio che scoprono di non essere soli, riuscendo ad incontrare altri simili: come lupi che si fiutano a vicenda e si spartiscono il territorio, i cannibali si trovano, scambiandosi anche informazioni sul loro vissuto

È una storia di crescita e formazione, i cui protagonisti si sostengono a vicenda nelle difficoltà e lottano contro un mondo che li condanna per la loro natura; allo stesso tempo, essi stessi cercano di sopravvivere anche ai loro simili, perché non c’è peggior nemico di un cannibale se non un cannibale stesso.

È una storia di amore e di sangue, carnivora e anche carnale… è un racconto di accettazione in un mondo in cui non esistono vincitori, ma solo vinti e fuggiaschi.

di Erika V. Lanthaler

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